SANTENA – 25 maggio 2009 – Di seguito le proposte di riflessione per i giorni dal 26 aprile al 2 maggio 2009.
Domenica 26 aprile 2009
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
1Gv 2,1-5
La parola della croce
Da sempre nel cristianesimo ciò che appare “scandalo e follia” è l’evento della croce e, di conseguenza, anche le metafore e i segni della croce. Al cristiano si ripresenta la tentazione di “svuotare la croce”, come denuncia Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (1,17), così come al non cristiano la croce e la sua logica appaiono disumane se non un falso tentativo di interpretazione della sofferenza. Questo da sempre. Ma oggi – in questi nostri tempi contrassegnati nel mondo occidentale dal benessere materiale, dall’abbondanza di ricchezze e di comodità, dalla ricerca di piacere a basso prezzo, dalla convinzione che tutto ciò che è tecnicamente possibile ed economicamente ottenibile è per ciò stesso lecito e auspicabile – dobbiamo constatare che la rimozione della croce è quotidianamente attestata in mille modi, a volte rozzi, a volte molto sottili, e il fondamento stesso del cristianesimo ha perso evidenza, risulta sbiadito, annebbiato. Si pensi al tentativo di presentare la vita cristiana soltanto sotto il segno della resurrezione, quasi fosse una festa continua; si pensi alle energie spese per presentare ai giovani un vangelo accattivante perché liberato dalle esigenze della “rinuncia” (elemento essenziale della stessa liturgia battesimale, oggi ridotto a termine impronunciabile), della disciplina, del rinnegamento di sé, del prendere su di sé la croce (espressioni evangeliche oggi considerate “sconvenienti” a pronunciarsi); si pensi alla scena, cui si assiste sempre più frequentemente nello spazio ecclesiale, di retori gnostici non cristiani che declinano a loro modo la fede cristiana, riproponendo ai credenti un cristianesimo svuotato dalla follia della croce e arricchito dal discorso intellettuale persuasivo. Ormai Celso non è più il filosofo del II secolo che denigrava i cristiani a causa del loro Signore – un crocifisso – e della composizione sociologica – estremamente povera – della chiesa: no, il nuovo Celso elogia e loda un Gesù che è maestro di filantropia e adula i cristiani così importanti e determinanti nella pólis, ma per fare questo annebbia, oscura, relega nell’oblio ciò che è l’evento fondatore e ispiratore della vita cristiana. E accanto al nuovo Celso c’è il nuovo imperatore, che come l’antico tratteggiato da Ilario di Poitiers, il grande padre della chiesa del IV secolo, “è insidioso e lusinga, non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; ci spinge non verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro” (Liber contra Constantium 5). Così, senza essere contestata visibilmente e direttamente, la croce è svuotata! Eppure, con quanta insistenza e con che forza Giovanni Paolo II ritorna a chiedere ai cristiani di “non svuotare la croce di Cristo”!
Almeno una volta all’anno, al venerdì santo, la croce è posta davanti ai fedeli in tutta la sua realtà e la sua verità: c’è Gesù di Nazaret, un uomo, un rabbi, un profeta che è appeso a un legno nella nudità assoluta, un uomo crocifisso che appare anatema, scomunicato, indegno del cielo e della terra, un uomo abbandonato dai suoi discepoli, un uomo che muore disprezzato da quanti sono testimoni del suo supplizio ignominioso. Quell’uomo è Gesù il giusto, che muore così a causa del mondo ingiusto in cui ha vissuto, quell’uomo è il credente fedele a Dio anche se muore come peccatore abbandonato da Dio, quell’uomo è il Figlio di Dio cui il Padre darà risposta nel passaggio dalla morte alla resurrezione. Eppure questo evento della croce, avvenuto a Gerusalemme il 7 aprile dell’anno 30 della nostra era, può essere svuotato anche attraverso le sue metafore o i suoi segni, e noi cristiani dobbiamo restare vigilanti per non finire come gli uomini “religiosi” di ogni tempo che sentono nella crocifissione uno scandalo, o come i “sapienti” di questo mondo che la giudicano follia. La croce è la “sapienza di Dio” e san Paolo, coniando l’espressione “la parola della croce”, dice che l’evento che essa crea è l’evangelo, la buona notizia.
Il cristiano non è invitato dalla croce né al dolorismo né alla rassegnazione, né tantomeno a leggere la vita di Gesù a partire da essa, ma deve riconoscere che la vita di Gesù e la forma della sua morte, la crocifissione, sono state narrazioni di Dio, del Dio vivente che ama gli uomini anche quando sono malvagi, del Dio che perdona quelli che gli sono nemici nel momento stesso in cui essi si manifestano come tali, del Dio che accetta di essere rifiutato e ucciso volendo che il peccatore si converta e viva. La croce è allora anche la denuncia del nostro essere malvagi, sedotti dal male, peccatori e ingiusti, sicché il Giusto deve patire, essere rifiutato condannato e crocifisso. Sì, la croce è diventata l’emblema del cristiano – emblema a volte esaltato trionfalisticamente, altre volte ridotto a monile ornamentale o svilito a gesto scaramantico, altre ancora banalizzato a metafora di semplici avversità quotidiane – ma o essa permane memoria dello “strumento della propria esecuzione” per mettere a morte l’ ”uomo vecchio” che è in noi, oppure è un segno non abitato dall’evento e diviene, quindi, una mistificazione. Lutero, meditando sulla croce e facendosi qui eco dei padri della chiesa, scriveva: “Non è sufficiente conoscere Dio nella sua gloria e maestà, ma è anche necessario conoscerlo nell’umiliazione e nell’infamia della croce… In Cristo, nel Crocifisso stanno la vera teologia e la vera conoscenza di Dio”.
ENZO BIANCHI, Le parole della spiritualità,
Rizzoli, 1999 pp. 101-104
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Lunedì 27 aprile 2009
Beato chi cammina nella legge del Signore.
Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi grazia della tua legge.
Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
Salmo 118
VEGLIA DELLA SOLIDARIETÀ
Presieduta dal Card. Severino Poletto – Arcivescovo di Torino
Lunedì 27 aprile 2009 Parrocchia Nostra Signora della Salute
(Via Vibò 24 – 10147 Torino ) ore 20,45
“Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia” Matteo 5,6
Vivere la fraternità in tempo di crisi
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Martedì 28 aprile 2009
In quel tempo, la folla disse a Gesù: “Quale segno tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo”.
Rispose loro Gesù: “In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”.
Allora gli dissero: “Signore, dacci sempre questo pane”. Gesù rispose: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. Gv 6,30-35
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Mercoledì 29 aprile 2009
Carissimi, questo è il messaggio che abbiamo udito da Gesù Cristo e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.
Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
1Gv 1,5- 2,2
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Giovedì 30 aprile 2009
In quel tempo, Gesù disse alle folle: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: ”E tutti saranno ammaestrati da Dio”. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Gv 6,44-51
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Venerdì 01 maggio 2009
San Giuseppe
Fratelli, al di sopra di tutto vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!
E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.
Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che, quale ricompensa, riceverete dal Signore l’eredità. Servite a Cristo Signore.
Col 3,14-15.17.23-24
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Sabato 02 maggio 2009
In quel tempo, molti tra i discepoli di Gesù, dissero: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?”.
Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono”.
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio”.
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Gv 6,60-69
Preghiera ecumenica mensile
Sabato 2 maggio 2009 Ore 21
Parrocchia Sant’Anna
via Brione 40
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