SANTENA – 12 giugno 2009 – Di seguito il saluto di Nerio Nesi, presidente dell’Associazione Amici di Camillo Cavour e l’intervento del sindaco Benny Nicotra alle celebrazioni del 148esimo della scomparsa di Camillo Benso di Cavour, organizzate in città il 6 giugno scorso.
Nerio Nesi, presidente dell’Associazione Amici della Fondazione Cavour, ha detto: «Siamo riuniti qui, questa sera, per ricordare Camillo Benso conte di Cavour, nel 148esimo anniversario della sua morte. Anche a nome dei vice presidenti, Gino Anchisi e Marco Fasano, ringrazio tutti i presenti e rivolgo un particolare ringraziamento al prof Gianni Oliva, assessore alla Cultura della Regione Piemonte, al generale Giuseppe Maggi, comandante della Scuola di Applicazione dell’esercito che, come sapete, ha sede a Torino. Rivolgo un saluto ai sindaci dei Comuni della zona, con naturalmente, particolarissimo riguardo al sindaco di Santena, on. Benedetto Nicotra. Saluto le associazioni dei carabinieri, dei bersaglieri e degli alpini, che collaborano con noi, come sempre. Saluti ai membri del Comitato direttivo dell’Associazione Amici della della Fondazione Cavour presenti. Ma un particolare ringraziamento desidero rivolgere ai soci dell’associazione Amici che dimostrano, ogni giorno, in modo assolutamente disinteressato il loro attaccamento a quegli ideali a e quei valori ai quali Camillo Cavour dedicò tutta la sua vita».
Dopo questa introduzione Nerio Nesi ha passato la parola al sindaco di Santena Benny Nicotra. Di seguito l’intervento del sindaco: «Signori e signori, autorità civili e militari. Innanzitutto volevo scusarmi per il mio ritardo, non dovuto alla mia persona, ma abbiamo avuto dei problemi nei seggi. E’ mia abitudine essere presente presso le sezioni, per un’attenzione maggiore per la responsabilità che, ovviamente, ne deriva nella mia persona. Ringrazio la Fondazione Cavour, gli Amici della Fondazione, tutti coloro che ovviamente ogni anno contribuiscono a dare un grande risalto a questo giorno e che noi tutti gli anni siamo presenti per poterlo festeggiare. Ringrazio i colleghi sindaci presenti. Ringrazio il comandante dei carabinieri, generale Maggi. E ringrazio soprattutto la presenza dell’assessore regionale Gianni Oliva».
Dopo questa introduzione Nicotra ha letto questo intervento: «Mancano ormai meno di tre anni alla gloriosa data del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, processo che vide come artefice il grande – e direi, il nostro più grande concittadino. Tutti ricordiamo che il momento cruciale nel processo di unificazione del nostro Paese si realizzò proprio nel biennio tra il 1859 e il 1860. Fu quello il periodo in cui si scatenò quella serie travolgente e inarrestabile di eventi; in parte vittorie militari, in parte spontanee sollevazioni popolari, che fecero della Italietta, della prima parte dell’ottocento, il Paese unitario nel quale viviamo oggi. La prima tappa fu nella primavera-estate del 1859 – da aprile a luglio – quando si svolse la seconda guerra di indipendenza, grazie alla quale il regno del Piemonte acquisì la ricca e sviluppata Lombardia e, successivamente, i ducati dell’Italia centrale: Parma, Modena, l’Emilia, la Romagna e la Toscana. E’ in queste circostanze che Cavour giocò le sue carte migliori, dimostrando creatività, intuizione e un grande talento di politico e, soprattutto, di diplomatico».
Il sindaco ha continuato così: «Le conquiste territoriali, soprattutto quelle del centro Italia, non sarebbero infatti durate molto senza una azione diplomatica adeguata e il grande nostro tessitore, uomo pratico e realista, lo sapeva benissimo. Il conte aveva capito che, in buona sostanza, il piccolo regno di Sardegna, vaso di coccio tra le grandi potenze dell’epoca, doveva farsi perdonare le acquisizioni e, in primo luogo, doveva far digerire la cosa alla Francia e al suo re, l’alleato decisivo con cui Cavour aveva firmato l’accordo di Plombières, ponendo – in parte senza sapere di che portata sarebbero state le conseguenze – le premesse per l’unificazione dell’Italia. Il fatto è che gli eventi, come sarebbe poi capitato in forma ancora più evidente nella campagna dei mille – avevano preso una piega del tutto imprevista. A Plombières infatti si era pattuito che al Piemonte andasse il regno dell’alta Italia e non gli Stati centrali. Il Piemonte pertanto, in caso di vittoria totale sugli austriaci, aveva diritto anche a Veneto ed Emilia Romagna. Quindi con battaglie e insurrezioni del 1859 aveva sì guadagnato territori non previsti, ma ci aveva rimesso nella parte settentrionale. E in questo contesto così imprevisto, c’era spazio per trattare. Ed è proprio nelle circostanze impreviste che si vede il genio di questa persona. Visto che non vi era stata annessione del Veneto e dell’Emilia Romagna, ai sensi dell’accordo di Plombières non vi era obbligo per il Piemonte di dare alla Francia nulla in cambio, ma fu qui che Cavour ebbe il colpo di genio. Capì che Napoleone, prima aveva necessità di giustificare ai suoi sudditi le spese e i sacrifici della guerra con un qualche grande risultato e, a marzo nel 1860, nella sede del trattato di Torino, gli cedette Nizza e la Savoia. Questo indennizzo rafforzò l’alleanza con la Francia, essenziale nel contesto europeo in cui il regno di Sardegna e le sue grandi ambizioni non erano ovviamente ben viste, e permise al Piemonte di tenersi territori al di là del Nord Italia. Questo imprevisto allargamento delle prospettive di espansione, in qualche modo, creò un precedente che stimolò entusiasmo di tutti i patrioti e aprì la strada alla vicenda dei Mille e quindi al quasi totale completamento della conquista delle penisola, poi conclusasi con la terza guerra d’indipendenza del 1866».
benny Nicotra ha continuato: «Ho fatto questa citazione storica per evidenziare una qualità del conte che è particolarmente apprezzabile. Egli era senz’altro un uomo di grande ambizione, ma anche ben consapevole dei limiti pratici entro i quali poteva operare. Aveva orizzonti molti ampi, ma sapeva raggiungere i suoi obiettivi gradualmente, con pazienza e calcolando bene le proprie mosse. Fu questa rara combinazione di grinta e razionalità che gli permise di raggiungere i risultati che tutti conosciamo. Risultati peraltro assolutamente straordinari, che nessun politico e diplomatico dell’epoca avrebbe mai previsto anche soltanto pochi anni prima. E mi accingo alla conclusione. Naturalmente anche la storia lo ha aiutato, nel senso che i tempi erano maturi per una coscienza nazionale che si era diffusa. E la causa dell’unificazione ha ricevuto sicuramente una grande spinta oltre che dalla volontà popolare anche dagli altri grandi protagonisti del Risorgimento, come il re e Garibaldi. Uomini eccezionali, ma certo fu decisivo il lavoro di copertura diplomatica fatta da lui per evitare di coalizzare contro il piccolo regno di Sardegna, in certi momenti strategici, un fronte di nemici troppo forte».