SANTENA – 28 febbraio 2010 – Alcune proposte di riflessione per i giorni dal 28 febbraio al 6 marzo 2010.
Domenica 28 febbraio 2010
La trasfigurazione è la rottura del limite
La quaresima non è un tempo qualsiasi. È un periodo durante il quale, pur continuando la nostra vita ordinaria, siamo chiamati a riconsiderare il nostro rapporto con Dio. Per questo ci è chiesto di digiunare dalle solite cose, di nutrirci di più del Vangelo, di rafforzare la nostra preghiera, di intensificare la nostra carità verso i deboli e di convertire il cuore al Signore. Questi giorni che ci separano dalla Pasqua possono essere giorni di un vero e proprio cammino interiore. Potremmo paragonarli al cammino che Gesù compie dalla Galilea sino a Gerusalemme. Stare con lui, accompagnarlo nelle prossime domeniche, lasciandosi guidare dalle sue parole e dal suo esempio, è il modo migliore per far crescere in noi gli stessi sentimenti di Gesù. Il Vangelo di oggi, continuando l’itinerario verso la Pasqua, ci presenta Gesù che sale sul monte assieme ai tre discepoli a lui più legati: Pietro, Giacomo e Giovanni. Potremmo dire che anche noi oggi siamo stati condotti in un luogo alto, più alto di quello ove ci tengono legati le nostre abitudini egoistiche e meschine. La liturgia della domenica non è un precetto e neppure l’adempimento di un rito, è l’essere strappati dal proprio egocentrismo ed essere portati più in alto. Il Vangelo scrive: “Li prese con sé”. È a dire che li strappò da se stessi per associarli alla sua vita, alla sua vocazione, alla sua missione, al suo cammino. Gesù non ama camminare da solo, non concepisce se stesso come un eroe solitario, condannato ad essere superiore a tutti. Egli si lega a quel gruppetto di uomini, impasta la sua vita con la loro, pur sapendo che sono deboli, fragili, limitati e limitanti, ma forse proprio per questo li prende e non li lascia indietro, anche se non sempre capiscono. Gesù è il vero pastore: non si stanca di stare con i suoi, li porta sempre con sé. Quel giorno li condusse in alto, sul monte, per pregare. Non ci è dato conoscere la profondità e la forza dei sentimenti di Gesù in questi momenti. Ma la descrizione della trasfigurazione ci fa “vedere” , o almeno intuire, cosa Gesù provasse. Scrive l’evangelista che “mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante” (Lc 9,29). Era tale il mutamento del volto che ebbe riflesso anche nelle vesti. Gli evangeli ci parlano una sola volta della trasfigurazione; ma non è azzardato pensare che Gesù, ogni volta che si poneva in preghiera, si trasfigurasse, cambiasse d’aspetto. Quel giorno la preghiera divenne anche colloquio con Mosè ed Elia sul “suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme”. Forse Gesù, in una veloce sintesi, ha visto tutta la sua vicenda storica, intuendo anche la tragica fine. I discepoli stavano lì accanto, oppressi dal sonno. Fecero di tutto per non lasciarsi dominare dal sonno: restarono svegli e videro la gloria di Dio, compresero chi era Gesù e quale rapporto aveva con il Padre. Davvero valeva la pena continuare a fissare quel volto così diverso dalle facce degli uomini. Dalla bocca di Pietro uscì un’espressione di gratitudine e di stupore: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne: una per te, una per Mosè e una per Elia”. Forse sragionava, ma era colpito da quella visione. Una nube avvolse i tre discepoli ed ebbero paura. Subito si udì una voce dal cielo: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”. Nella nube e nei momenti di paura si fa chiara una voce: il Vangelo che indica colui sul quale riporre la nostra speranza. Subito i tre, aprendo gli occhi, non videro altri che Gesù solo. Sì, solo Gesù è maestro della vita; solo lui può salvarci. Fu, senza dubbio, un’esperienza incredibile per quei tre poveri discepoli; ma può essere anche la nostra esperienza, se ci lasciamo condurre da Gesù che ci stacca dal nostro egoismo per attrarci alla sua stessa vita. Parteciperemo a realtà e a sentimenti più grandi, e gusteremo un modo diverso di vivere. La nostra vita e il nostro cuore si trasfigureranno, diventeremo più simili a Gesù. L’apostolo Paolo, con le lacrime agli occhi, lo ricorda ai Filippesi: il Signore Gesù “trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20). La trasfigurazione è la rottura del limite; è contemplare quanto è buono il Signore, quanto sono ampi i suoi orizzonti, quanto sono profonde le esigenze del Vangelo. Questa santa liturgia ci ha fatto vedere e ascoltare Gesù. Restiamogli uniti, scendiamo dal monte ed entriamo con lui nella settimana che viene. Non saremo soli a camminare, Gesù sarà con noi, luce, forza, consolazione, sostegno, per continuare il nostro cammino verso la Pasqua.
Comunità di Sant’Egidio
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Lunedì 01 marzo 2010
Siate misericordiosi come il Padre vostro
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Lc 6,36-38
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Martedì 02 marzo 2010
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Mt 23,1-12
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Mercoledì 03 marzo 2010
Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Mt 20,17-28
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Giovedì 04 marzo 2010
Non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Lc 16,19-31
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Venerdì 05 marzo 2010
Il regno di Dio sarà dato a un popolo che ne produca i frutti
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Mt 21,33-43.45
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Sabato 06 marzo 2010
Facciamo festa perché questo figlio era perduto ed è stato ritrovato
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Lc 15,1-3.11-32
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