SANTENA 6 marzo 2010 – Sul tema della mozione di sfiducia contro Santino Cascella, Roberto Ansaldi, capogruppo Udc, replica alle dichiarazioni di Pino Falcocchio. Di seguito, le sue riflessioni.
![robertoansaldi3 Roberto Ansaldi, capogruppo udc](http://rossosantena.it/wp-content/media/robertoansaldi3-300x300.jpg)
Roberto Ansaldi, il commento lo intitola «Un passo alla volta, nel paese della fantasia» e comincia così: «Secondo Pino Falcocchio la mozione di sfiducia al presidente del Consiglio comunale non ha alcuna attinenza con il conseguente posto che andrebbe a liberarsi in giunta e che l’ex assessore vuole a ogni costo. Crediamo sia ancora consentito, in questo strano paese, biasimare un gioco dell’oca dei posti che mette a nudo – ancora una volta – le debolezze di una maggioranza che è in crisi larvata da sei mesi abbondanti. Fermo restando che, a ben guardare, sono affari – di bassa lega, ma sempre affari – soltanto loro: 11 voti potenziali li hanno e se vogliono dare l’ennesimo esempio del personalismo che prevarica l’interesse collettivo, facciano pure».
«Ciò che non può andare assolutamente bene – prosegue Roberto Ansaldi – è che si additino le opposizioni come visionarie e particolarmente propense a vedere ciò che non c’è, a immaginare scenari inesistenti e che pescano nel torbido quando l’acqua è limpida e trasparente. Per favore! Una gentilezza: non prendeteci almeno per i fondelli. Perché la verità la sanno pure i sassi e a raccontarla nella sua interezza sono alcuni assessori e consiglieri di questa rabberciata maggioranza. Visionari pure loro? Suvvia, prossimo assessore, non offenda la nostra seppur non eccelsa intelligenza… un minimo di pragmatismo lo abbiamo ancora conservato e sappiamo bene che la sua teoria del “passo alla volta” ha una direzione precisa».
Roberto Ansaldi, conclude: «Sbagliamo? C’è un modo molto semplice per dimostrare che i nostri pensieri sono stati dei grossolani errori: dichiari pubblicamente che non ha alcun interesse assessorile e noi non avremo alcuna remora ad ammettere che ci eravamo sbagliati».
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