SANTENA – 13 marzo 2010 – Di seguito, l’intervento di Marco Ruscone, Rsu Laria, durante il presìdio organizzato venerdì scorso 12 marzo dalla Cgil a Santena, in occasione dello sciopero generale.
Dopo Carlo Cerutti e Gianni Bolognini, il microfono è passato a Marco Ruscone, Rsu Laria: «Buona giornata di lotta a tutti. Sono delegato della Laria, una azienda nata a Santena, da imprenditori locali, nel 1961. La Laria produce piastrelle di klinker ceramico e dagli inizi degli anni Ottanta ha uno stabilimento anche in provincia di Asti, a Castello di Annone. La crisi che oggi coinvolge la Laria arriva da lontano, da anni di contrazione del mercato di riferimento delle piastrelle per pavimenti e rivestimenti. Una crisi che matura per il modificarsi della richiesta, dovuta all’innovazione portata da aziende concorrenti quando sono nate nuove tipologie di prodotto come il gres porcellanato. Con costi inferiori forniscono comunque un prodotto valido, mentre i prodotti della Laria sono rimasti mediamente quelli di 40 anni fa che, pur essendo fatti per durare, hanno tempi di produzione e costi energetici oggi insostenibili».
Marco Ruscone, ha aggiunto: «Riconoscendo il problema, la Laria nel 2000 aveva già pronta l’area nello stabilimento di Castello, per costruire un nuovo moderno forno, ma i lavori non sono mai partiti. Intanto la crisi delle vendite è andata via via peggiorando, sino a quando – nel 2008 – è stata decisa la chiusura uno dei due forni di Santena e, su 120 dipendenti complessivi, sono stati messi in mobilità 13 a Santena e 11 a Castello di Annone. Questi sono i numeri, senza contare i lavoratori con contratti a termine, soprattutto giovani, che sono stati i primi a essere lasciati a casa, senza possibilità di tutele».
«A luglio 2008 è stato sottoscritto un accordo – ha proseguito Marco Ruscone – che prevedeva l’utilizzo di un anno di cassa integrazione straordinaria per i lavoratori. In cassa sono andati i lavoratori che potevano raggiungere i requisiti per la pensione e coloro che accettavano la mobilità su base volontaria. A fronte di questi tagli erano previsti interventi di rinnovamento della linea di confezionamento di Castello di Annone e lavori di manutenzione, in generale, da troppo tempo rimandati. Tale piano era finanziato dalle banche e – con i soldi in arrivo si dovevano coprire i debiti accumulati».
«Per ampliare la gamma dei prodotti offerti era prevista anche la vendita di piastrelle prodotte da una impresa tunisina – ha specificato Ruscone –. Un anno fa circa, viene fuori che proprio quello che doveva essere solo un accordo commerciale è invece una vera e propria nuova società dove la Laria ha investito milioni di euro. La Laria ci dice che, visto l’aggravarsi della crisi mondiale, si vede costretta a fermare tutta la produzione di Santena, dove i lavoratori sono in cassa dal settembre 2009. Purtroppo anche ad Asti si è andati progressivamente a dimezzare la produzione, con il ricorso alla cassa integrazione ordinaria. In questa situazione è paradossale che sia più conveniente andare a produrre piastrelle in Tunisia con un nuovo insediamento. La mancanza di una idea di investimenti anche ad Asti fa temere per il futuro anche dello stabilimento di Asti, dove la flessibilità delle produzioni è un problema; per come è stato costruito l’impianto di Asti, la produzione di metrature limitate di piastrelle è una cosa problematica. Invece per lo stabilimento di Santena, fino a che i forni erano accesi, questo non rappresentava affatto un problema. La fabbrica di Santena era dotata di maggior flessibilità, ma ora tutti e due i forni sono spenti».
Marco Ruscone ha ancora aggiunto: «Ora occorre affrontare anche la questione del terreno dove sorge lo stabilimento di Santena che da tempo temevamo potesse essere sacrificato per una speculazione commerciale che si è concretizzata con il progetto outlet che coinvolge anche i terreni confinanti della fornace Mosso. Agli amministratori del comune di Santena interessati a chiudere l’offerta outlet chiediamo di non aver fretta. Perché le prospettive di decine e decine di possibili nuovi posti di lavoro potrebbero essere sostenute solo da accordi appositi che dessero la precedenza a lavoratori del circondario. L’outlet non è un centro commerciale normale; sono costruiti come paesi finti, con fontane e piazze alberate, hanno finte mura medioevali. Si fanno i concerti nelle sere d’estate e in alcune piazze, a volte, si celebrano anche funzioni religiose. Va detto che gli outlet non danno nuova vita ai centri urbani vicini che li ospitano, anzi, li svuotano di quelle presente. Quindi si chiede agli amministratoli locali, ai politici, di preoccuparsi – anzi di occuparsi – del destino dei posti di lavoro presenti oggi sul proprio territorio. In specifico per la Laria chiediamo loro di impegnarsi fattivamente perché non venga cambiata la destinazione d’uso dei terreni fino alla soluzione positiva della vicenda dei lavoratori oggi presenti in tale area».
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