Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 25 al 31 luglio 2010

Santena – 25 luglio 2010 – Di seguito alcune proposte di riflessione per i giorni dal 25 al 31 luglio 2010.

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Domenica 25 luglio 2010

Il Padre vostro darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli; e se quello dall’interno gli risponde: Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Lc 11,1-13

Gesù ci insegna confidenza e immediatezza del rapporto con Dio

Spesso nei Vangeli si narra di Gesù che si ritira in luoghi solitari per pregare. Talvolta è lui stesso a comunicarlo ai discepoli, come quella sera drammatica nell’orto degli Ulivi: “Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare”, disse ai tre più intimi (Mt 26,36). Non c’è dubbio che gli apostoli rimanevano toccati dal suo modo di pregare. Un giorno – riferisce Luca – al termine della preghiera uno dei discepoli si avvicinò e gli chiese: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli” (Lc 11,1). Forse si potrebbe specificare la domanda in questo modo: “Signore, insegnaci a pregare come preghi tu”. Infatti, ogni profeta (compreso Giovanni) insegnava ai propri seguaci un metodo di preghiera. I discepoli di Gesù, colpiti dal modo di pregare del loro Maestro, dal suo ritirarsi in un luogo solitario e soprattutto da come si rivolgeva a Dio, insistettero perché insegnasse loro a pregare allo stesso modo. C’era un senso di confidenza e di fiducia nella preghiera del loro Maestro che li stupiva. Non avevano visto mai nessuno pregare in quel modo, con tale confidenza e tale fiducia. Oggi, assieme ai discepoli. anche noi diciamo: “Signore, insegnaci a pregare!”. Non è la richiesta di un generico insegnamento sulla preghiera. È la stessa domanda dei discepoli di allora, ossia di partecipare al suo modo di parlare con Dio, di stare alla sua presenza, di colloquiare con lui in modo così confidente tanto da chiamarlo “padre”. Gesù risponde subito anche a noi: “Quando pregate, dite Padre”, abbà, papà. Sappiamo lo sconcerto che tale parola provocava in un ambiente ove neppure si osava chiamare Dio con il suo nome. Gesù spinge a chiamare “papà” il Signore che ha creato il cielo e la terra. Ogni distanza viene così abbattuta; Dio non è più lontano, è padre di tutti e ognuno può rivolgersi direttamente a lui senza bisogno di mediatori. Era una vera e propria rivoluzione della religiosità. Nella parola “padre, papà”, Gesù ci svela il mistero stesso del Dio di Gesù, del nostro Dio: da una parte la fiducia e la confidenza del figlio verso il Padre; dall’altra la tenerezza protettrice del Padre verso ognuno di noi. Ritorna, in certo modo, l’amicizia delle origini, quando Dio passeggiava nel giardino con Adamo ed Eva. Nella preghiera, in effetti, conta la confidenza e l’immediatezza del rapporto con Dio. Il problema non è né il luogo, né le parole, ma il cuore, l’interiorità, l’amicizia con Dio.
Fu così anche per Abramo, nostro padre nella fede. Esemplare e suggestivo è il dialogo che egli instaura con Dio quando intercede per salvare Sòdoma, caduta nella dissoluzione e nel disordine. Dio dice a se stesso: “Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare?” (Gen 18,17). In altri termini: “Non posso nascondere a un amico le mie intenzioni”. L’amicizia di Dio è trasparente, sincera. Si avvicina per primo ad Abramo e gli confida: “Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave” (v. 20). Ma Abramo si mise davanti a Dio, “gli si avvicinò”, dice la Scrittura. C’è bisogno di avvicinarci a Dio e presentargli i drammi, i problemi, le speranze di tanti. E Abramo iniziò la lunga intercessione: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città” (v. 23). Il Signore risponde: “Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo”. E Abramo: “forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?”. Dio risponde: “Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque”. E Abramo: “Forse là se ne troveranno quaranta”. E così sino a dieci. Di fronte a questa drammatica preghiera vengono in mente le tante città e i tanti paesi sconvolti dalla guerra e dall’ingiustizia, dalla fame e dalla violenza: tutti hanno bisogno di un Abramo che interceda per loro. C’è bisogno di tanti amici di Dio, che con insistenza preghino perché le nostre città si salvino, perché il Vangelo tocchi il cuore degli uomini. Le voci di tali amici giungono sino all’orecchio di Dio, che è amico degli uomini. Egli non sembra fare altro che essere attento alla voce degli amici.

Gesù lo sottolinea con due esempi limite, tratti dalla vita quotidiana. L’amico che arriva a mezzanotte, e il padre che non darà mai una serpe al figlio che gli chiede un pesce. E conclude: “Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” (Lc 11,13). È un modo per dire la disponibilità senza limiti di Dio nel venire incontro alla nostra preghiera. Non sono determinanti le parole; contano il cuore, la fiducia e quindi l’insistenza e la perseveranza nella preghiera. L’inefficacia della preghiera non dipende da Dio, ma dalla nostra poca fiducia in lui. Chiediamo e ci sarà dato, cerchiamo e troveremo, bussiamo al cuore di Dio, come fece Abramo, e il Signore volgerà il suo sguardo verso di noi.
Comunità di Sant’Egidio

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Lunedì 26 luglio 2010

Proclamerò cose nascoste

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Mt 13,31-35

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Martedì 27 luglio 2010

Chi ha orecchi, ascolti

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».

Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Mt 13,36-43

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Mercoledì 28 luglio 2010

Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».
Mt 13,44-46

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Giovedì 29 luglio 2010

Chi crede in me, anche se muore, vivrà

In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Gv 11,19-27

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Venerdì 30 luglio 2010

A causa della loro incredulità, non fece molti prodigi

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
Mt 13,54-58

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Sabato 31 luglio 2010

Giunse notizia della fama di Gesù

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!». Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.
Mt 14,1-12

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La misura della Divina Provvidenza a nostro riguardo è la fiducia che riponiamo in essa.
San Francesco di Sales

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