Santena – 19 settembre 2010 – Proposte di riflessione per i giorni dal 19 al 25 settembre tratte dalla liturgia del giorno con commento tratto dall’omelia domenicale della comunità di Sant’Egidio. A seguire una riflessione di monsignor Livio Maritano in preparazione della beatificazione di Chiara Badano.
Domenica 19 settembre 2010
Non potete servire Dio e la ricchezza
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Lc 16, 10-13
Si è più beati nel dare che nel ricevere
Il Vangelo parla di un amministratore e dei suoi traffici più o meno leciti. È un brano che a prima vista appare molto strano. Sembra, infatti, che Gesù porti ad esempio per i discepoli un uomo che si mostra leggero e truffaldino nell’amministrazione dei beni altrui. Ma, per comprendere correttamente il testo evangelico, è necessario inserirlo nel contesto. L’evangelista Luca nel capitolo 16 pone l’insegnamento di Gesù sull’uso della ricchezza (vi è una certa consequenzialità con il capitolo precedente ove, con la vicenda del “figliol prodigo”, si mostrano i guasti che provoca il voler usare le ricchezze solo per sé). Il testo evangelico vuol dire, in sintesi, che il problema non sta nei beni in se stessi, ma nel cuore di chi li usa, come è scritto nel Vangelo di Matteo: “dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21). La questione centrale sta nel vedere dove abbiamo il nostro cuore, dove sono dirette le nostre vere preoccupazioni. In questo contesto Gesù parla dell’amministratore di una grande proprietà. Costui viene accusato presso il padrone di svolgere in modo illecito il suo ufficio. E le accuse debbono essere talmente evidenti che il padrone decide di licenziarlo immediatamente; gli concede solo il tempo di preparare e consegnare i registri. Ma la vicenda ha una svolta inattesa. L’amministratore vede davanti a sé un’alternativa impossibile: mettersi a fare il mendicante, oppure zappare la terra; due sbocchi per lui insopportabili. Per sfuggirvi escogita un’altra truffa ai danni del padrone. Fa un giro presso i debitori del padrone, riesce a corromperli e defalca le somme dei loro debiti. In compenso essi si impegnano ad accoglierlo e mantenerlo appena licenziato. Ne emerge un uomo con pochi scrupoli; e meraviglia leggere la conclusione dell’evangelista: “Il padrone (Dio) lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza” (v. 8). È ovvio che il padrone non approva il furto perpetrato ai suoi danni per ben due volte. Resta, invece, sorpreso dall’abilità dell’amministratore nel cavarsi dal guaio in cui si era cacciato con la sua condotta disonesta. Insomma, Gesù non loda l’inganno. E ancor meno raccomanda ai suoi discepoli di rubare con abilità per farsi così degli amici. Tant’è vero che quest’uomo viene messo non tra i “figli della luce”, ma tra i “figli di questo mondo”. Quel che viene portato ad esempio è l’abilità di quest’uomo nel cercare la sua salvezza. Tale abilità, che in tanti pongono nelle cose della vita ordinaria, Gesù vuole trasferirla sul piano della salvezza. In altri termini, Gesù sembra dire agli ascoltatori: “Quell’amministratore come conquista la salvezza? Come evita di zappare la terra o di mendicare? Come assicura il suo futuro?”. La risposta è: “Essendo generoso verso i debitori”. In effetti, il suo futuro e la sua stessa vita dipesero dalla sua generosità. Con essa legò a sé i debitori. E Gesù aggiunge: “fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne” (v. 9). Procurarsi amici. Ma si badi bene: l’amicizia non si compra, si costruisce con la generosità, con un cuore pronto e disponibile. Qui sta il centro della parabola odierna: la generosità verso i debitori (ossia verso i poveri e i deboli) salva la nostra vita e il nostro futuro. Siate amici dei poveri e sarete salvi. Questa è la scaltrezza che chiede oggi il Vangelo. Lo chiede a noi suoi discepoli. E lo chiede ai paesi ricchi perché comprendano che la loro salvezza, anche terrena, dipende da una rinnovata attenzione ai paesi poveri; dal non lasciarli soli in balia dei loro problemi. E, perché no, a condonare ad essi quel debito che mai riusciranno a pagare e che li spinge sempre di più verso l’abisso. Il commento più efficace a questa parabola è forse la frase di Gesù riportata da Paolo mentre sta dando il suo addio ai responsabili della comunità di Efeso: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!” (At 20,35). Paolo lasciava loro questa frase quasi a compendio della vita. È una indicazione semplice circa la via della felicità e della gioia. Perché siamo tristi? Perché le nostre giornate scorrono spesso senza gioia? Non abbiamo capito che la gioia non sta nel ricevere, ma nel dare. Noi, abituati come siamo a cercare per noi stessi, ad accumulare per noi, talora anche in modo forsennato, non riusciamo a gustare la bellezza della generosità e della gratuità, la gioia del dono della propria vita per gli altri. Non si parla qui di eroismo. A volte basta dare un’ora di tempo, ma con generosità e volentieri, a chi ha bisogno ed è solo. È sufficiente dare un filo di amicizia, un aiuto materiale, una visita in ospedale, una semplice parola di conforto. Ritornano le altre parole di Gesù: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25,35). È questa la via della gioia. L’altra, quella della difesa e del cercare anzitutto per sé, porta alla tristezza.
Comunità di Sant’Egidio
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Lunedì 20 settembre 2010
Chi entra veda la luce
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.
Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».
Lc 8,16-18
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Martedì 21 settembre 2010
Non sono i sani che hanno bisogno del medico
In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Mt 9,9-13
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Mercoledì 22 settembre 2010
Non prendete nulla per il viaggio
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
Lc 9,1-6
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Giovedì 23 settembre 2010
Chi è dunque costui?
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Lc 9,7-9
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Venerdi 24 settembre 2010
Ma voi, chi dite che io sia?
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Lc 9,18-22
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Sabato 25 settembre 2010
Non capivano queste parole
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
Lc 9,43b-45
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Il 25 settembre 2010 a Roma sarà beatificata Chiara Badano (1971-1990)
In preparazione all’avvenimento del 25 settembre ci chiediamo perché la Chiesa conferisce una particolare solennità al rito di beatificazione. Essa mira a renderci consapevoli del dovere di manifestare a Dio la nostra ammirazione per l’efficacia della grazia che ha animato Chiara e l’ha attirata a compiere con generosità e perseveranza il cammino della santità. A imitazione di Gesù che in tutto è stato obbediente al Padre, e per effetto dei meriti da lui acquisiti, Chiara ha trovato la forza per compiere sempre, anche nelle decisioni più difficili, ciò che è gradito a Dio: «A me interessa solo la volontà di Dio, fare bene quella, nell’attimo presente: stare al gioco di Dio». Nell’ammirare questo capolavoro è giusto che riconosciamo “come sono grandi le tue opere, Signore”(Sal 92, 6).
E in pari tempo ripercorriamo le fasi della vita di Chiara, sorpresi nel constatare la continuità della sua testimonianza e le virtù da lei praticare in una instancabile progressione: dapprima nelle ordinarie condizioni di vita; poi nell’ardua e prolungata prova della malattia: sempre serena nell’offerta di sé e fiduciosa nell’abbandonarsi all’amore di Gesù crocifisso e risorto. L’ammirazione ci guida alla riconoscenza. è il motivo della S. Messa di ringraziamento secondo la consuetudine della Chiesa. Sono tanti i benefici che Dio ci concede attraverso l’esaltazione della vita di Chiara. Proviamo a confrontarci con la sua ferma convinzione di essere immensamente amata da Dio, con l’incrollabile fiducia in Lui, col generoso distacco dai progetti della sua adolescenza, con la dimenticanza di sé unita alla premurosa attenzione agli altri. Chiara ci invita a condividere la sua tenacia nel puntare decisamente alla santità. Per di più, vuole e può aiutarci con la sua intercessione. Nelle opere di Sant’Agostino troviamo una preghiera che ci fa riflettere: “Donaci quello che ci occorre per obbedirti, poi comanda ciò che desideri”. Abbiamo infatti bisogno della forza dello Spirito Santo che eleva le nostre risorse naturali di mente, cuore e volontà, se vogliamo obbedire al volere di Dio nel realizzare la vocazione di tutti i battezzati a convertirci e a conformarci sempre più fedelmente all’esempio di Cristo. Imploriamo pertanto questa grazia attraverso l’intensità della preghiera, la riflessione sulla Parola rivelata, l’unione abituale con Cristo, la partecipazione fervorosa all’Eucaristia e al Sacramento del perdono. Dobbiamo perciò ringraziare Chiara per la sua stupenda testimonianza. Ma non dimentichiamo che il ringraziamento a lei più gradito sta nella decisione costante di imitare il suo esempio.
+Livio Maritano