Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 17 al 23 ottobre 2010

Santena – 17 ottobre 2010 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 17 al 23 ottobre 2010, tratte dalla liturgia del giorno con commento dall’omelia domenicale della comunità di Sant’Egidio.

Domenica 17 ottobre 2010

Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti?

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Lc 18,1-8

La “forza debole” della preghiera

Ci avviamo verso la conclusione dell’anno liturgico. È stato un tempo nel quale, di domenica in domenica, siamo stati portati alla contemplazione del mistero di Gesù. Le nostre settimane, i nostri giorni sono stati come lievitati dal fermento della Parola di Dio. Anche in questa domenica, riceviamo questo dono che si innerva nella vita dei nostri giorni. È la breve parabola della vedova insistente: una situazione tipica, non solo negli usi giuridici dell’Antico Testamento. Anche oggi, non di rado, accade che un prepotente si avvalga di cavilli giuridici per strappare a poveri indifesi quel poco che hanno. Il giudice – riprendendo la parabola evangelica – dovrebbe, con imparzialità e tempestività, difendere quella povera donna. Ma il magistrato si comporta esattamente al rovescio: non teme né Dio né gli uomini: “In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno” (Lc 18,2). In un certo modo viene rappresentata l’arroganza del potere, che spesso troviamo nella storia degli uomini. Già il profeta Isaia l’aveva denunciata: “Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai miseri e per frodare del diritto i poveri del mio popolo, per fare delle vedove la loro preda e per defraudare gli orfani” (Is 10,1-2). A questo punto inizia la storia raccontata dalla parabola: cosa farà la povera vedova in questa situazione di palese ingiustizia? Oltre tutto, nel mondo ebraico, donne come lei erano il simbolo della debolezza, oltre che le più esposte al sopruso. Dio stesso si fa loro difensore; viene infatti invocato con il titolo di “difensore delle vedove”, ormai prive della tutela del marito (Sal 67,6). Questa donna, comunque, non si rassegnò all’ingiustizia, come in genere solevano fare tutte. Era certamente una vittima, ma tutt’altro che rassegnata. Con insistenza, infatti, si recava dal giudice pretendendo la giusta soddisfazione. Non lo fece solo una volta, ma più volte; con tenacia non si stancava di pretendere il giusto, finché quel giudice non si decise a prendere in esame il suo caso: “disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”” (vv. 4-5). Così termina la parabola. Importanti sono le brevi conclusioni poste da Gesù. Inizialmente sembrano alquanto sconcertanti, perché pongono in parallelo il giudice della parabola con Dio stesso. Si tratta di un paradosso, usato altre volte nei vangeli, per togliere dalla nostra mente ogni dubbio: “Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente” (vv. 78). Sì, Dio non ci farà aspettare a lungo, farà giustizia prontamente (qualcuno traduce “all’improvviso”, “quando meno te lo aspetti”), se con insistenza rivolgiamo a lui la nostra preghiera. In effetti, i credenti hanno una forza incredibile nella preghiera, un’energia che riesce a cambiare il mondo. Siamo tutti, forse, come quella povera vedova, deboli, senza particolari poteri; eppure questa debolezza, nella preghiera insistente, diviene una forza poderosa; appunto, come per quella vedova che riuscì a intaccare la durezza del giudice. Purtroppo è facile per noi cadere nella sfiducia e nell’incredulità, lasciarsi travolgere dalle cose di questo mondo, dalle nostre ansie, dalle nostre sicurezze, e dimenticare la preghiera. La prima lettura della liturgia, tratta dal libro dell’Esodo, è un esempio incredibile della “forza debole” della preghiera. La Scrittura ci presenta la figura di Mosè con le mani alzate verso il cielo, mentre Israele affronta in battaglia Amalèk, nella piana di Refidìm. Mosè impersona tutto il popolo in preghiera. Quando lui prega, il popolo di Israele vince, non appena abbassa le mani, subito prevale il nemico. Aronne e Cur intervengono, uno da una parte e l’altro dall’altra, per sorreggergli le mani, fino al momento della vittoria finale. Nella preghiera costante noi credenti possiamo trovare il fondamento per costruire la nostra vita e per edificare la stessa città degli uomini, certi di quanto afferma il salmo 126: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (v. l).
Comunità di Sant’Egidio

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Lunedì 18 ottobre 2010

Pregate il signore della messe

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.  Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Lc 10,1-9

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Martedì 19 ottobre 2010

Siate pronti

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».
Lc 12,35-38

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Mercoledì 20 ottobre 2010

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Lc 12,39-48

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Giovedì 21 ottobre 2010

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Lc 12,49-53

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Venerdi 22 ottobre 2010

Come mai questo tempo non sapete valutarlo?

In quel tempo, Gesù diceva alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».
Lc 12,54-59

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Sabato 23 ottobre 2010

Vedremo se porterà frutti

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Lc 13,1-9

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