Santena – 9 marzo 2011 – La notizia di oggi, arriva dal quotidiano torinese La Stampa. La riportiamo a edicole appena chiuse. La pagina 64 del quotidiano della città della Mole apre con un titolo a quattro colonne: “Sotto sequestro i beni dell’usuraio di Santena”, Il sommario precisa: Il Tribunale blocca immobili, camion e conti bancari di D’Alcalà. Di seguito, il testo dell’articolo.
La Stampa
Mercoledì 9 marzo 2011 – Pagina 64
Sotto sequestro i beni dell’usuraio di Santena
Il Tribunale blocca immobili, camion e conti bancari di D’Alcalà
ALBERTO GAINO – SANTENA
Immobili, fra cui il 50 per cento della villa dove abita, 49 mezzi fra camion, rimorchi e trattori, società e conti bancari sono stati sequestrati a Vincenzo D’Alcalà. Autotrasportatore e usuraio, da vent’anni spadroneggia fra Santena e Villastellone, conta sull’amicizia del suo sindaco, Benny Nicotra (Pdl), e in passato si è pure avvalso come collaboratore nello strozzinaggio del maresciallo che comandava la stazione dei carabinieri di Santena.
Il provvedimento è della sezione misure di prevenzione del tribunale, su richiesta del pm Giuseppe Riccaboni. È stato deciso in funzione dell’eventuale confisca dei beni: l’istruttoria sulla pericolosità sociale e sulle reali fonti di arricchimento di D’Alcalà è stata completata: nell’arco di una decina di giorni è attesa l’ordinanza del collegio dei giudici presieduto da Gian Paolo Peyron.
Ma già il decreto di sequestro dei beni è piuttosto interessante: riassume gli ultimi 35 dei 54 anni di vita di questo calabrese distintosi per l’aggressività con cui ha condotto la sua lucrosa attività di usuraio. Uno che presta al tasso di interesse del 10-15 per cento mensile e che se non riscuote, picchia con una mazza da baseball, o fa pestare le sue vittime, minaccia con la pistola in pugno, viene ripetutamente condannato nell’arco degli ultimi vent’anni e ancora colleziona nuove denunce. Il giudice Pier Giorgio Balestretti ricorda una delle ultime prodezze dell’uomo nel decreto di sequestro: «Nella notte fra il 25 e il 26 maggio 2007, al termine della campagna elettorale, D’Alcalà viene coinvolto con altri nei disordini per “convincere” candidati della lista opposta a quella del futuro sindaco Nicotra a staccare dai tabelloni i propri manifesti elettorali. Il giorno dopo presidia i seggi». La storia era già stata resa nota dai giornali. Ora è registrata in un atto giudiziario.
Risale invece al 1988 il raid nei dintorni di Acqui Terme, in provincia di Alessandria, per punire un commerciante di bovini che aveva venduto una cella frigorifera parzialmente difettosa: lo sequestrano in quattro, fra cui D’Alcalà, lo pestano a sangue, lo minacciano con fucili a canne mozze e lo costringono a riacquistare la cella frigo a un prezzo cinque volte superiore. Il capo della gang si chiama Piero Molino, cui D’Alcalà ricorrerà più volte, in seguito, per far picchiare da lui le vittime della sua usura. Della spedizione di Acqui fa parte anche Roberto Ruisi, che diverrà collaboratore di giustizia e accuserà pure D’Alcalà. Di aver acquistato e spacciato droga.
Dieci anni dopo, malgrado un po’ di galera, ha al suo fianco il maresciallo dei carabinieri Giovanni Pasquariello, che dissuade più di un usurato dallo sporgere denuncia. Carmine Mannarino era uno di questi. Artigiano di Santena, si fa prestare 30 milioni di lire nel 1992 e accumula un «debito» di 300 con D’Alcalà. Il calabrese lo pesta a sangue e lo spoglia di ogni avere. Il pover’uomo finirà per morirne.
Mannarino attenderà il 2000 per sporgere la sua denuncia, alla Guardia di Finanza di Torino. L’inchiesta, coordinata dal pm Roberto Furlan, «farà emergere – ricorda il giudice Balestretti – connivenze con noti personaggi pubblici della zona in cui le illecite operazioni finanziarie venivano svolte». Le indagini chiariscono che l’usuraio si era fatto intestare immobili e attività commerciali da alcune delle sue vittime.
Nel frattempo Vincenzo D’Alcalà e famiglia hanno creato la Galuro Autotrasporti, con sede a Villastellone, la moglie acquisisce un ramo d’azienda della Alba Coop di Ravenna e una quota della Con.Tir di Cesena. Gli autotrasporti si estendono verso Spagna e Slovenia, Inghilterra e Sicilia. Le stesse rotte dei traffici di droga e armi, sospetta la Questura e il giudice registra.
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Fonte: articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa, mercoledì 9 marzo 2011, a pagina 64.
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