Santena – 19 giugno 2011 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 19 al 25 giugno 2011 tratte dalla liturgia del giorno, con omelia domenicale della Comunità di Sant’Egidio.
Domenica 19 giugno 2011
Chiunque crede in lui non vada perduto
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Gv 3,16-18
La Trinità non è altro che mistero sovrabbondante d’amore
La festa della Trinità, che il calendario liturgico latino celebra dopo la domenica della Pentecoste, inizia l’ultimo e lungo periodo che completa l’anno liturgico. È un tempo chiamato “ordinario”, perché non ha nessuna memoria particolare della vita di Gesù, che abbiamo “visto” ascendere al cielo. Tuttavia non è un tempo meno significativo del precedente. Potremmo anzi dire che la festa della Ss.ma Trinità proietta la sua luce su tutti i giorni che verranno, sino all’inizio dell’Avvento; quasi a dilatare nel tempo l’abitudine che abbiamo di iniziare ogni nostra azione – e ogni nostra giornata – nel “nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Se guardiamo un poco le nostre abitudini mentali, dobbiamo dire che il mistero della Trinità in genere è ritenuto poco significativo per la nostra vita, per il nostro comportamento. Poco importa, nella dottrina della fede come nell’etica, che Dio sia Uno e Trino. E per lo più è ritenuto un “mistero” che non riusciamo a comprendere.
La Santa Liturgia, riproponendo questo grande e santo mistero alla nostra attenzione, viene incontro alla nostra pochezza e alla nostra inveterata distrazione. Ho detto “ri-propone”, perché questo mistero, in realtà, è presente e accompagna tutta la vita di Gesù, fin dal Natale. Anzi accompagna tutta la storia dell’umanità, dalla creazione stessa, quando “Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,2-3), come scrive Giovanni nel prologo al suo Vangelo. L’evangelista ci svela che già il momento della creazione è radicalmente segnato dalla comunione tra il Padre e il Figlio. Così da poter dire che ogni realtà umana è fatta di comunione e per la comunione. Perché, dopo aver creato l’uomo, Dio dice: “Non è bene che l’uomo sia solo”? La risposta è semplice. Perché lo aveva creato “a sua immagine e somiglianza”. E Dio, il Dio cristiano (ma dobbiamo domandarci se tanti cristiani credono nel “Dio di Gesù”!), non è un essere solitudinario, che sta in alto, potente e maestoso. Il Dio di Gesù è una “famiglia” di tre persone, le quali si vogliono così bene, potremmo dire, da essere una cosa sola. Ma non basta: non hanno trattenuto per se stessi la loro gioia. L’hanno riversata sugli uomini e le donne del mondo. Scrive Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). L’invio del Figlio non nasce da alcun obbligo, discende semmai da una sovrabbondanza d’amore. La Trinità non è altro che questo mistero sovrabbondante d’amore, che dal cielo si è riversato sulla terra superando ogni frontiera, ogni confine, anche ogni fede. Ed è come un’energia irrefrenabile per chi l’accoglie. Lo Spirito Santo spinge, trascina verso Dio, verso la vita di Dio, che è pienezza di amore. La Trinità, questa incredibile “famiglia”, ha scelto di entrare nella storia degli uomini per chiamare tutti a far parte di essa. Questo è l’orizzonte finale che il mistero della Trinità oggi ci dischiude. E tale orizzonte è senza dubbio la sfida più bruciante lanciata oggi alla Chiesa, anzi a tutte le Chiese cristiane; vorrei aggiungere, a tutte le religioni, a tutti gli uomini. È la sfida a vivere nell’amore, proprio mentre sembrano prevalere le spinte verso l’individualismo, l’etnia, il clan, la nazione, il gruppo. La Trinità supera i confini, e in ogni caso li relativizza sino a distruggerli. È la sfida a vivere nell’amore.
Comunità di Sant’Egidio
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Lunedì 20 giugno 2011
Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Mt 7,1-5
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Martedì 21 giugno 2011
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».
Mt 7,6.12-14
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Mercoledì 22giugno 2011
Ogni albero buono produce frutti buoni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».
Mt 7,15-20
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Giovedì 23 giugno 2011
Entrerà nel regno dei cieli colui che fa la volontà del Padre mio
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?. Ma allora io dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità! Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.
Mt 7,21-29
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Venerdì 24 giugno 2011
La mano del Signore era con lui
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Lc 1,57-66.80
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Sabato 25 giugno 2011
Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: Va’!, ed egli va; e a un altro: Vieni!, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo!, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie.
Mt 8,5-17
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