Santena – 7 agosto 2011 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 7 al 13 agosto 2011 tratte dalla liturgia del giorno con omelia domenicale della Comunità di Sant’Egidio e notizie su santa Chiara.
Domenica 7 agosto 2011
Perché hai dubitato?
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Mt 14,22-33
Il dubbio e la paura prendono il sopravvento
Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù disse ai suoi discepoli di salire sulla barca e di precederlo all’altra riva, mentre lui avrebbe continuato a parlare con la folla. Potremmo definirla l’icona della misericordia: Gesù solo con la folla che lo attornia. Ma segue subito un’altra icona, o meglio l’altra faccia della stessa icona: Gesù, sul monte, solo davanti al Padre. Direi che è impossibile separare queste due immagini: esse fanno parte della stessa icona; l’una rende ragione dell’altra. Nell’immagine di Gesù solo davanti a Dio è come fissato quel singolarissimo, unico rapporto che lega Gesù al Padre. Dal rapporto con il Padre sgorga tutto quel che segue. I discepoli sono in mezzo alle acque, anche loro soli, senza Gesù e senza la folla: sono soli con loro stessi. Quanto sono diverse queste due solitudini; quella di Gesù, sul monte alla presenza di Dio e quella dei discepoli, sulle acque agitate. L’evangelista sembra quasi suggerire che è logico, quando si è soli con se stessi, che sorgano tempeste. I discepoli, del resto, avevano già sperimentato una situazione analoga (Mt 8,23-27) in mezzo al lago mentre Gesù dormiva; figuriamoci ora che è assente. Quando si è soli con se stessi non è possibile sottrarsi alla tempesta della vita. I discepoli passano così quella notte: nella paura e nella lotta contro le onde agitate e il vento contrario. Quasi all’alba, Gesù, camminando sulle acque, si avvicina verso quella barca che lotta tra gravi difficoltà. I discepoli, al vederlo, hanno paura: pensano sia un fantasma. Alla paura delle onde si aggiunge quella del fantasma. Non hanno ancora compreso chi è Gesù. Egli stesso deve intervenire per rassicurarli: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. È una voce rassicurante, sentita tante volte. Eppure la loro paura è più forte; e il dubbio persiste. Pietro, a nome di tutti, chiede una prova: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Essi sanno bene cosa significa questo segno. Non è, appunto, un semplice atto miracoloso, ma un “segno” che rinvia direttamente a Dio, come era scritto nel Salmo 77. Si apre la seconda scena. Gesù dice a Pietro: “Vieni!”. Pietro obbedisce a Gesù e inizia a camminare sulle onde. Ma il dubbio e la paura, ancora ben radicati nel suo cuore, prendono il sopravvento e Pietro sta per essere inghiottito dalle onde. A questo punto, davvero disperato, Pietro grida: “Signore, salvami!”. Due sole parole, gridate forse in modo scomposto, ma piene di speranza. E “Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (v. 31). È una scena che delinea bene la situazione del discepolo. Nella storia della Chiesa questo episodio ha sempre costituito l’immagine tipica del dubbio; esso, in effetti, non è per nulla insolito nella vita dei discepoli. Anzi, come il Vangelo stesso ci ricorda, ne scandisce spesso la vita. Come pure scandisce l’esperienza di ogni credente. Tutti possiamo sentirci vicini a Pietro, riconoscerci nei suoi dubbi, nelle sue incertezze e nelle sue paure. Ma c’è da comprendere bene in che senso si deve parlare di certezza nella fede. La certezza non la si deve cercare dalla parte dell’uomo; noi tutti infatti siamo deboli, fragili, dubbiosi ed anche traditori. La certezza va cercata dalla parte di Dio: egli non ci abbandonerà al nostro destino triste, non ci lascerà travolgere dal mare impetuoso del male, non permetterà che le onde impetuose della cattiveria ci inghiottano. Quel che conta – e in questo dobbiamo imitare Pietro – è gridare come lui: “Signore, salvami!”. In questa semplice preghiera è nascosto il mistero semplice e profondo della fede: Gesù è l’unico che può salvarci.
Comunità di Sant’Egidio
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Lunedì 8 agosto 2011
Il vostro maestro non paga la tassa?
In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì».Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei».
E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».
Mt 17,22-27
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Martedì 9 agosto 2011
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: Ecco lo sposo! Andategli incontro!. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Le sagge risposero: No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità io vi dico: non vi conosco.Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Mt 25,1-13
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Mercoledì 10 agosto 2011
Chi ama la propria vita, la perde
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Gv 12,24-26
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Giovedì 11 agosto 2011
Quante volte dovrò perdonargli?
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: Restituisci quello che devi!. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: Abbi pazienza con me e ti restituirò. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.
Mt 18,21-19,1
Chiara di Assisi (1193-1253), monaca
Nel 1253 muore ad Assisi Chiara, monaca nel monastero di San Damiano, ringraziando Dio di averla creata. Nata nel 1193 e cresciuta nella nobile famiglia assisana dei Favarone, Chiara si sentì chiamata a operare una radicale conversione grazie all’incontro con quell’Evangelo vivente che era Francesco di Assisi. La notte tra la domenica delle Palme e il lunedì santo del 1212, essa decise di abbandonare tutto e di recarsi alla Porziuncola per consegnarsi interamente al Signore davanti ai primi frati minori. Iniziava così per Chiara un itinerario di sequela, nella povertà e nell’abbassamento, di Colui che da ricco che era si è fatto povero per gli uomini. Raggiunta dalla sorella Caterina, Chiara si stabilì a San Damiano su consiglio di Francesco, ricevendo da lui «una forma di vita e l’ammonizione a perseverare nella santa povertà». Chiara dovette lottare a lungo, contro le autorità della chiesa e contro gli stessi frati minori, per rimanere fedele alla forma vitae ricevuta e per poter conservare la povertà radicale sia individuale che comunitaria a cui si era votata. Esempio di radicalismo evangelico, fautrice di una chiesa di poveri, Chiara servì fino alla fine le compagne come «minore tra le minori», favorendone la comunione e rispettando la coscienza di ognuna di esse; era infatti consapevole, anche quando fu imposta la clausura alla comunità di San Damiano, che il vero chiostro in cui bisogna dimorare è quello del cuore, dove può maturare l’obbedienza all’Evangelo nella libertà e per amore. La Regola di Chiara, la prima scritta da una donna per le proprie compagne, sarà approvata il 9 agosto 1253, due giorni prima della morte della monaca di Assisi.
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Venerdì 12 agosto 2011
È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie?
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio».Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».
Mt 19,3-12
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Sabato 13 agosto 2011
Non impedite che i bambini vengano a me
In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.
Mt 19,13-15
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