Torino – 14 settembre 2011 – Di seguito, il comunicato stampa inviato oggi ai mezzi di informazione dall’ufficio Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Torino, relativo alla prima lettera pastorale di mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino “Sulla tua parola getterò le reti”.
LA PRIMA LETTERA PASTORALE DI MONS. CESARE NOSIGLIA
La prima Lettera pastorale di mons. Nosiglia come Arcivescovo di Torino si inserisce in una duplice prospettiva: offrire una sintesi organica delle indicazioni emerse dall’assemblea diocesana del 3 giugno scorso, e dalle precedenti consultazioni di base; entrare a pieno titolo nel cammino decennale della Chiesa italiana dedicato al tema dell’educazione (il riferimento di fondo è il documento Cei «Educare alla vita buona del Vangelo»).
Il filo conduttore della Lettera è la pastorale ordinaria, l’impegno quotidiano dei consacrati come dei laici: questa è la fonte prima dell’incontro con Cristo e all’autenticità della vita. E questo è il motivo profondo dello «sforzo educativo» che la diocesi è chiamata a compiere per contribuire a far crescere persone che siano «buoni cristiani e onesti cittadini». I «protagonisti» della Lettera, più che le singole persone, sono le due realtà della famiglia e della comunità: quelle cioè in cui ogni persona vive, cresce e matura. C’è, in questa prospettiva, una evidente e precisa scelta: non è attraverso l’individualismo e le sue culture che si possono costruire realtà autentiche e durevoli di vita – né nella storia delle persone né in quella della società. Scrive fra l’altro l’arcivescovo: «Nella nostra società è palese il tentativo di emarginare Dio dalla vita privata e pubblica, illudendosi di poter sostituire il suo Regno con quello di Mammona: il denaro ad ogni costo, il benessere di pochi e l’individualismo a scapito della responsabilità per il bene comune; il relativismo etico che depaupera la coscienza della forza liberante della verità. È una scelta che si sta pagando cara e di cui però ben pochi in ambito finanziario, politico ed economico, vogliono assumersi le conseguenze, per non perdere i propri privilegi di casta» (§ 15).
Nella premessa mons. Nosiglia presenta questi primi mesi della sua esperienza torinese rievocando la lunga serie di incontri con tutte le «componenti» della comunità diocesana, in particolare con i giovani (al centro della Lettera c’è una fotografia che ricorda una delle catechesi della Gmg di Madrid).
Alla scuola di Gesù
Il primo capitolo è dedicato a una meditazione biblica («La Parola di Dio è la ‘buona abitudine’ nella quale siamo chiamati a crescere insieme»), fondamento di ogni azione pastorale. Il brano scelto dall’arcivescovo è quello della pesca miracolosa (Luca 5, 1-11). Mons. Nosiglia sottolinea la «fiducia» di Pietro, la scelta libera di credere e obbedire alle parole di Gesù. Una scelta che non è fuori dalla realtà, che non si nasconde le difficoltà: «finora non abbiamo preso nulla». Anche oggi, scrive l’arcivescovo, non ci mancano difficoltà, delusioni, momenti in cui è difficile sperare: «Sperimentiamo quanto è difficile annunciare il Vangelo nell’indifferenza; dobbiamo constatare la crisi etica che investe giovani, adulti e famiglie e accentua il relativismo morale e l’individualismo. Conosciamo la fatica e il senso di sfiducia nell’azione educativa che tocca la Chiesa ma anche, e forse più, i genitori che, per l’educazione dei figli, hanno sovente l’impressione che il loro esempio non abbia più presa nella vita delle nuove generazioni» (§ 3).
Il realismo di Pietro consiste propriamente nell’accettare la «scommessa» della fede che Gesù propone («sulla tua Parola»). E la promessa del Signore è di diventare «pescatore di uomini»: testimone e annunciatore di una salvezza contagiosa, di un senso della vita che nella Parola di Dio trova la sua autentica ragion d’essere. La fede, ricorda l’arcivescovo, cresce donandola, non è una realtà da fruire solo nel chiuso della coscienza. Ecco dunque lo scenario della «relazione educativa»: un rapporto fra persone in cui tutti «imparano». Questa è anche la prospettiva di una pastorale «vocazionale», capace cioè di mettere ogni persona nella condizione di interrogarsi sul senso della propria esistenza come dono di sé, negli «stati di vita» laicali come consacrati.
Comunità educante
A partire dal cap. II («Una comunità educante») la Lettera ripercorre e riordina le indicazioni emerse dall’assemblea diocesana del 3 giugno. Al centro della riflessione c’è appunto la «comunità educante», soggetto della pastorale e della stessa vita cristiana. Mons. Nosiglia parte ricordando che l’orientamento principale è quello della formazione degli educatori: non semplice «istruzione» ma piuttosto esperienza comunitaria del «crescere insieme». «Guai a staccare la formazione dalla comunità pensandola come un esercizio intellettuale a se stante. E guai a programmarla come un percorso funzionale al fare – e non all’essere – cristiani» (§ 8). Ecco dunque i riferimenti alle caratteristiche della comunità cristiana originaria, quella di Gerusalemme (Atti 2). Riflettendo sulle caratteristiche della prima Chiesa mons. Nosiglia propone alcune sottolineature riguardanti la qualità degli interventi formativi, comprese le omelie e la cura della liturgia.
Onesti cittadini
«Buoni cristiani, onesti cittadini» è lo slogan dello stile educativo di don Bosco (di cui nel 2015 a Torino si ricorderanno i 200 anni dalla nascita); ed è anche l’obiettivo di una pastorale che punta a formare «persone complete», adulte e libere, capaci di assumersi responsabilità nella Chiesa ma anche al servizio della società intera. I paragrafi 14 e 15 della Lettera sono dedicati ad una riflessione «laica» sulla città, i suoi problemi e le sue speranza. Ricordando i 25 anni dalla morte del card. Pellegrino mons. Nosiglia torna sull’invito a «camminare insieme»: «Ci troviamo oggi come 40 anni fa (quando uscì la «Camminare insieme», ndr) su un crinale della storia locale, nazionale e mondiale di cui sentiamo forte il peso per scelte e orientamenti politici ed economici, che delineano scenari preoccupanti e di cui tante famiglie, imprenditori e lavoratori, giovani e anziani e soprattutto una schiera crescente di persone che allarga ogni giorno di più la fascia della povertà, subiscono le conseguenze sul piano del vissuto quotidiano. Eppure siamo convinti, come credenti anzitutto e come cittadini, che abbiamo le potenzialità spirituali, culturali e sociali per far fronte a questa situazione. Ma ciò sarà possibile solo se opereremo insieme educandoci tutti a stili di vita più sobri, onesti, giusti e solidali» (§ 14).
Adulti nella fede
Il III capitolo entra nello specifico del progetto pastorale della Chiesa torinese per il prossimo anno (e, in realtà, per il prossimo decennio, all’interno del cammino della Chiesa italiana). Vengono individuati gli «interlocutori» principali del progetto: cioè i cristiani «ordinari», coloro che cercano di vivere la fede nell’esistenza di tutti i giorni. La prospettiva missionaria è quindi rivolta prima di tutto ai momenti che, nella settimana e nell’anno, offrono occasioni di contatto e di annuncio: la Messa domenicale in primis, ma anche le celebrazioni (matrimoni, battesimi, funerali) che richiamano in chiesa persone altrimenti lontane o meno attente. L’iniziativa educativa, suggerisce l’arcivescovo, potrebbe consistere in Esercizi spirituali realizzati con metodo di catechesi – per esempio partendo dalle parole del «Credo» (§ 17).
Mons. Nosiglia descrive poi la nuova «Scuola diocesana di formazione» per gli operatori pastorali e quella parallela di formazione socio-politica rivolta particolarmente ai giovani. Un’attenzione particolare andrà riservata ai «ricomincianti» e alle iniziative pastorali e culturali di catechesi degli adulti. Torna anche qui uno dei riferimenti principali della Lettera: la proposta educativa agli adulti è quella decisiva per coinvolgere anche giovani, bambini e ragazzi anziani e famiglie.
Sposi e genitori
Alla famiglia, cominciando dal nucleo «originale» della coppia uomo-donna, è dedicato il IV capitolo. L’arcivescovo chiede uno sforzo particolare di attenzione e accoglienza per le coppie e per la specificità della vocazione coniugale: «C’è bisogno di raggiungere i coniugi in quanto tali, andando oltre le necessità funzionali dell’educazione dei figli» (§ 20). Pur rivolgendosi alla famiglia «naturale» così com’è descritta anche nella Costituzione italiana mons. Nosiglia suggerisce un’attenzione particolare anche ai conviventi: «Avvicinare con amicizia e serenità di dialogo queste coppie e offrire la possibilità di confrontarsi sulla Parola di Dio e sulle loro scelte di vita e problemi (…) è un segnale di attenzione e di disponibilità da parte della comunità cristiana, molto apprezzato e che spesso sfocia nella scelta di sposarsi in Cristo e nella Chiesa» (§ 21). Analogo metodo va seguito per quanto riguarda il Battesimo dei figli (§ 22 e 26).
L’annuncio del Vangelo e la catechesi vanno svolti sempre in una dimensione di accoglienza, ascolto, attenzione delle persone cui ci si rivolge. In questa parte della Lettera l’arcivescovo offre una serie di indicazioni e suggerimenti anche pratici per le comunità parrocchiali e i gruppi incaricati della catechesi. Lo stile dei rapporti personali qualifica anche (§ 25) il modo in cui la Chiesa stessa vuole presentarsi alla gente: e può essere solo quello di una «madre» che non dimentica nessuno ed è capace di accogliere sempre tutti (§ 27).
Nelle Unità pastorali
L’ultimo capito riprende elementi emersi dall’assemblea diocesana offrendo anche indicazioni normative specifiche. La logica che ispira questi provvedimenti è quella della comunione: si tratta di offrire un’«immagine» di Chiesa che non sia contradditoria fra una parrocchia e l’altra, una comunità e l’altra; e, nello stesso tempo, di sperimentare una comunione fraterna reale ed efficace nell’attività pastorale, a livello di parrocchie come di Unità pastorali.
L’arcivescovo annuncia qui l’inizio della Visita pastorale con il prossimo Avvento, e presenta le tappe del cammino della Chiesa torinese per i prossimi anni.
La Lettera si conclude con due pagine intitolate «Io credo» in cui mons. Nosiglia riassume e presenta la propria personale esperienza di fede nel Cristo Salvatore e di amore e servizio alla Chiesa. Scrive fra l’altro: «La Chiesa non mi ha mai deluso. Anche se a volte non riuscivo a comprendere scelte o impegni che mi erano chiesti, mi sono sempre fidato; ho accettato di credere e di amarla comunque senza riserve. Penso sia la via dell’obbedienza, che ha reso forte nell’amore Cristo e che può rendere forti anche noi nel compiere la volontà di Dio, che si fa presente a ciascuno nell’insegnamento e nella guida della Chiesa».
Sintesi di Marco Bonatti
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