Santena, don Mauro Grosso, il bilancio di un anno in parrocchia

Santena – 7 gennaio  2012 – Rispondendo a poche domande don Mauro Grosso – viceparroco in città e segretario del vescovo mons. Cesare Nosiglia – traccia un bilancio del 2011.

Don Mauro Grosso, guardando al 2011 appena concluso, ci sono aspetti da segnalare?

«Ho individuato tre aspetti su cui soffermarsi – risponde don Mauro Grosso –. Innanzitutto, per quanto riguarda i giovani vedo che nella fascia dei pre-adolescenti e degli adolescenti, nelle medie inferiori e superiori, sono un po’ dispersi nelle mode dei luoghi e delle tendenze. Vanno qua e là, ma senza un centro unificatore. Sono un po’ delle banderuole al vento che vanno dietro alle mode. Un secondo aspetto che tocca tutti è quello della crisi. Al di là del vento di crisi credo non sia solo il fattore economico quello da segnalare. Certamente molti hanno perso o stanno perdendo il lavoro e sono in situazioni di oggettiva difficoltà. Quello che vorrei dire è che credo pure che ci sia anche una crisi di altro genere che vedo evidenziata nella perdita di senso civico. I segnali non mancano anche nella nostra città: schiamazzi e rumori di notte per alcune vie; maleducazione al volante; il parcheggio selvaggio; in molti campi sta prendendo piede la tendenza alla violenza per risolvere le questioni di ogni genere e questo credo che non vada bene per nulla. E allora, se pur senza volere sminuire gli effetti della crisi economico e lavorativa, mi sembra che si possa dire che si vive una crisi anche culturale, a tutti i livelli. La zuffa è diventata un po’ il metodo per affrontare e risolvere le questioni. Io dico, in modo deciso, che questo non va proprio.  Una terza cosa, questa volta in positivo, riferita al 2011 è l’esperienza delle famiglie che si formano, con bambini che crescono. Mi sembra questo un segno positivo per la comunità santenese; tra funerali e battesimi c’è quasi un pareggio. Ciò mi sembra positivo, si tratta di una inversione di tendenza. E occorre anche tenere conto dei tanti che, per le ragioni più diverse, decidono di non far battezzare i nuovi nati. Mi pare che nella realtà santenese questo segnale vada interpretato come positivo».

Cosa chiedono i ragazzi; quali richieste arrivano da loro?

«Naturalmente io mi confronto con i ragazzi che frequentano i gruppi; sono ragazzi che vivono con i loro coetanei e hanno presente le istanze di tutti. Dietro a tante loro richieste c’è sempre latente la ricerca di un senso e il mio non vuole essere un discorso da prete. I ragazzi cercano una identità che spesso faticano a trovare. Una identità che noi adulti non siamo in grado di passargli anche perché troppo spesso ormai abbiamo smarrito la nostra. Questo non significa che dobbiamo plagiare i giovani; tutt’altro, siamo chiamati a fornire loro dei criteri.  Io so chi sono, ho costruito la mia identità e dico ai ragazzi che devono percorrere un certo cammino per costruirsi e strutturare la loro identità».

Nella lettera che l’arcivescovo ha presentato alla città di Torino invita la comunità cristiana a portare gli oratori là dove i giovani vivono. Che indicazioni derivano per le parrocchie?

«Questo invito è un obiettivo sul quale cerco di lavorare, prima di tutto su me stesso e poi anche con gli altri. Da quando sono in città è un po’ uno degli obiettivi della pastorale giovanile che ha ricadute su tutta la pastorale parrocchiale. L’intento è cercare di far diventare sempre di più i nostri ambienti aperti a tutti, ma consapevoli che l’identità che ci muove è la nostra. La nostra radice, cristiana, sta nell’annuncio e nel servizio alla carità. È chiaro che è molto difficile andare là dove sono i giovani in massa. La nostra proposta è sempre quella di dare uno spazio, una possibilità di accesso a tutti, in quell’ambiente che è l’oratorio: luogo che è centrale e che ha risorse da offrire. E su questo la comunità cristiana deve crescere di più. Si tratta di un appello che innanzitutto devono raccogliere i giovani oggi più impegnati in comunità: devono far diventare di più l’oratorio il luogo dove vivere la loro esperienza anche di amicizia, di fraternità e di testimonianza nei confronti degli altri. L’intera comunità cristiana, in senso più ampio, deve appropriarsi dell’oratorio; adulti e famiglie non sentono sempre come loro questo ambiente. Noi abbiamo un servizio preziosissimo, che è quello del gestore del circolo Villa Tana che è Matteo De Martino che, oltre a garantire l’apertura dell’oratorio con un orario significativo, offre anche una presenza educativa. L’oratorio appare oggi un luogo di rilievo per la proposta educativa della parrocchia rivolta ai giovani come a tutta la comunità. Dobbiamo continuare a dire che all’oratorio ai minorenni non vengono serviti alcolici; la  struttura oratoriale è pienamente in regola sotto gli aspetti legali e igienici; per noi continua a contare il fatto che i frequentatori sono persone da accogliere e non clienti da accontentare».

Da mesi sei a fianco del vescovo di Torino, quali sono gli aspetti positivi connessi allo svolgimento del servizio di segretario?

«Come mi era stato annunciato dai miei predecessori, don Alberto Beltramea e don Luciano Morello, il servizio di segretario del vescovo sprovincializza un po’: ti consente di percepire una apertura diocesana più ampia sulle questioni e sui problemi. Questo lo sto riscontrando e ha ricadute positive, innanzitutto su di me e poi anche sul servizio in parrocchia. Ti fa vedere più lontano e non soltanto dentro i confini del campanile quali sono i problemi. Si impara a inserire e misurare le cose dentro a una realtà più ampia. Grazie a questa esperienza, sono sempre più convinto della necessità di lavorare insieme sul territorio come comunità cristiana: per noi oggi significa unità pastorale. Si tratta di un cammino che stiamo sperimentando. E poi, stare lì con il vescovo, anche solo chiacchierare con lui, consente di poter attingere a risorse spirituali, culturali e pastorali. Ciò consente di cogliere spunti e altro ancora cui assolutamente uno non aveva pensato; si tratta di opportunità che possono essere sfruttate e utilizzate anche nella pastorale parrocchiale».

Per il 2012, sempre nell’ambito della parrocchia, c’è qualche progetto che va segnalato?

«In questi ultimi mesi si è un po’ rilanciato il cammino del gruppo missionario. C’è un piccolo gruppo di giovani che sta lavorando in tale direzione, con entusiasmo. Io auspico che arrivino altre adesioni e, soprattutto, che questi giovani, desiderosi di formarsi, diventino sempre più un gruppo missionario autenticamente tale. Quindi non soltanto un gruppetto di santenesi che sostiene e collabora con alcuni progetti avviati in altri continenti, ma che diventi un gruppo missionario in senso proprio, cioè impegnato nell’annuncio cristiano anche qui dove noi viviamo tutti i giorni».

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