Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 27 maggio al 2 giugno 2012

Santena – 27 maggio 2012 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 27 maggio al 2 giugno 2012 tratte dalla liturgia del giorno con commento alle letture domenicali.

 

Domenica 27 maggio  2012

Un vento… riempì tutta la casa dove stavano

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

At 2,1-11

Fratelli, camminate secondo lo Spirito

Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

Gal 5,16-25

Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Gv 15,26-27  16,12-15

Frutto dello Spirito è l’uomo santo

La Pentecoste è la pienezza della Pasqua: essa celebra il dono dello Spirito, celebra ciò che Dio ha già operato in Gesù di Nazaret e invoca ciò che non ancora è, ovvero l’estensione universale e cosmica delle energie di vita e salvezza dispiegate da Dio nella resurrezione di Gesù. La Pentecoste è simultaneamente celebrazione e invocazione. La prima lettura mostra lo Spirito nel suo aspetto di dono dall’alto che rende i discepoli capaci di comunicare le grandi azioni di Dio nelle lingue degli uomini tutti: lo Spirito è capacità di comunicazione che abilita la chiesa a raggiungere l’altro nelle sue capacità di ascolto e di ricezione, nella sua cultura e nei suoi linguaggi. Non dunque l’imposizione del proprio linguaggio a cui l’altro si deve piegare, ma l’apertura ai linguaggi e alle capacità comunicative dell’altro: lo Spirito è così all’origine di una missione che sia al contempo di inculturazione (per raggiungere l’altro là dove egli è) e di corrispettiva deculturazione (per non annunciare come vangelo ciò che è semplicemente cultura). La seconda lettura presenta i frutti dello Spirito: l’invisibile Spirito è riconoscibile dai frutti che produce nell’uomo che se ne lascia abitare. Lo Spirito opera il passaggio dell’uomo dall’essere una individualità biologica chiusa e autoreferenziale (a questo allude la “carne” di cui parla Paolo) all’apertura alla relazione con gli altri e con Dio. Così lo Spirito plasma il volto del credente a immagine del volto di Cristo guidandolo sulla strada della santità: frutto dello Spirito è l’uomo santo. Il vangelo rivela lo Spirito quale ispiratore della testimonianza dei cristiani nel mondo e quale “memoria” di Cristo nella storia. Lo Spirito suscita la testimonianza cristiana in quanto memoria del Christus totus. Non solo delle sue parole, ma anche del suo non-detto: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per ora non siete in grado di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e annunzierà le cose future” (Gv 16,12-13). C’è un non-detto, un silenzio di Cristo di cui si fa interprete nella storia lo Spirito. Che dunque è “memoria” di Cristo non in senso psicologico, ma rivelativo: lo Spirito rende presente e attualizza Cristo, cioè la pienezza della rivelazione di Dio che è parola e silenzio. Lo Spirito poi rende la chiesa capace di tradurre il vangelo nella storia. La vera riforma della chiesa non può che essere frutto dell’azione dello Spirito. E lo Spirito è all’origine di una riforma che non è biblicismo e adesione alla lettera della Scrittura, né astorico ritorno a forme, regole e norme di vita cristiana (e vita religiosa) giudicate più “pure”, più “rigorose”, ma fedeltà creativa al vangelo. Lo Spirito, che articola e ordina nella chiesa comunità e persona, “tutti” e “ciascuno”, i doni e le funzioni che sorreggono e arricchiscono la chiesa stessa, ordina anche obbedienza e creatività, fedeltà e innovazione. E il principio della fedeltà non è nella ripetizione di forme del passato, ma nel futuro, nel Regno escatologico: “Egli vi guiderà alla verità tutta intera”. Lo Spirito è ermeneuta del Cristo che è venuto e che verrà, è anticipazione del Regno futuro.
In quanto Paraclito (“Consolatore” recita la traduzione italiana), lo Spirito è consolazione, assistenza nella lotta che il credente deve affrontare nel mondo, difesa nel processo che il mondo stesso (la mondanità idolatrica) intenta contro di lui. Ma è anche la forza che consente al credente di portare il peso della parola di Dio nella storia: quelle parole di cui i discepoli non possono “per ora” portare il peso (Gv 16,12), potranno essere portate, dunque vissute e testimoniate, grazie allo Spirito santo che le renderà giogo non schiacciante, ma soave e leggero. Principio di profezia, lo Spirito rende sopportabile il peso delle esigenze della Parola a cui il profeta e la chiesa (ministra e serva della Parola, dunque chiamata a essere profetica), sono sottomessi per primi.

Comunità di Bose

Lo Spirito Santo dà inizio ad un tempo nuovo

“Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At 2,1). Erano passati cinquanta giorni dalla Pasqua e centoventi seguaci di Gesù (i Dodici con il gruppo dei discepoli assieme a Maria e alle altre donne) stavano radunati, come ormai abitualmente facevano, nel cenacolo. Dalla Pasqua in poi, infatti, non avevano smesso di ritrovarsi assieme per pregare, ascoltare le Scritture e vivere in fraternità. Questa tradizione apostolica non si è mai più interrotta, da allora ad oggi. Non solo a Gerusalemme ma in tante altre città del mondo i cristiani continuano a radunarsi “tutti assieme nello stesso luogo” per ascoltare la Parola di Dio, per nutrirsi del pane della vita e per continuare a vivere assieme nella memoria del Signore. Quel giorno di Pentecoste fu decisivo per i discepoli a motivo degli eventi che accaddero sia dentro il cenacolo che fuori. Narrano gli Atti degli Apostoli che, nel pomeriggio, “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatteva gagliardo” sulla casa dove si trovavano i discepoli. Fu una sorta di terremoto che si udì in tutta Gerusalemme, tanto da richiamare molta gente davanti a quella porta per vedere cosa stesse accadendo. Apparve subito che non si trattava di un normale terremoto. C’era stata una grande scossa, ma non era crollato nulla. Da fuori non si vedevano i “crolli” che stavano avvenendo dentro. All’interno del cenacolo, infatti, i discepoli sperimentarono un vero e proprio terremoto che, pur essendo fondamentalmente interiore, coinvolse visibilmente tutti loro e lo stesso ambiente. Videro delle “lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono sul capo di ciascuno di loro; ed essi furono pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue”. Fu per tutti – gli apostoli, i discepoli, le donne – un’esperienza che cambiò profondamente la loro vita. Forse ricordarono quello che Gesù aveva detto loro nel giorno dell’Ascensione: “Voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49) e le altre parole: “È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito” (Gv 16,7). Quella comunità aveva bisogno della Pentecoste, ossia di un evento che sconvolgesse profondamente il cuore di ciascuno, appunto come un terremoto. In effetti, una forte energia li avvolse e una specie di fuoco iniziò a divorarli nel profondo. La paura cedette il passo al coraggio, l’indifferenza lasciò il campo alla compassione, la chiusura fu sciolta dal calore, l’egoismo fu soppiantato dall’amore. Era la prima Pentecoste. La Chiesa iniziava il suo cammino nella storia degli uomini.
Il terremoto interiore che aveva cambiato il cuore e la vita dei discepoli non poteva non avere riflessi anche al di fuori del cenacolo. Quella porta tenuta sbarrata per cinquanta giorni “per paura dei giudei” finalmente venne spalancata e i discepoli, non più ripiegati su se stessi, non più concentrati sulla loro vita, iniziarono a parlare alla numerosa folla sopraggiunta. La lunga e dettagliata elencazione di popoli fatta dall’autore degli Atti sta a significare la presenza del mondo intero davanti a quella porta. Ebbene, mentre i discepoli di Gesù parlano, tutti costoro li intendono nella propria lingua: “Li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”, dicono stupiti. Si potrebbe dire che questo è il secondo miracolo della Pentecoste. Da quel giorno lo Spirito del Signore ha iniziato a superare limiti che sembravano invalicabili. Sono quei limiti che legano pesantemente ogni uomo e ogni donna al luogo, alla famiglia, al piccolo contesto in cui si è nati e vissuti. E soprattutto terminava il dominio incontrastato di Babele sulla vita degli uomini. Il racconto della Torre di Babele ci mostra gli uomini protesi a costruire un’unica città che con la sua torre dovrebbe giungere sino al cielo; è l’opera delle loro mani, è il vanto di ogni costruttore. Ma l’orgoglio, proprio mentre li univa, subito li travolse; non si compresero più l’uno con l’altro e si dispersero su tutta la terra (Gen 11,1-9). La dispersione iniziata dalla Torre di Babele è un racconto antico, ma in esso si descrive la vita ordinaria dei popoli sulla terra, spesso divisi tra loro e in lotta, tesi a sottolineare quel che divide piuttosto che quello che unisce. Ciascuno è rivolto solo ai propri interessi, senza badare al bene comune. La Pentecoste pone termine a questa Babele di uomini in lotta solo per se stessi. Lo Spirito Santo effuso nel cuore dei discepoli dà inizio ad un tempo nuovo, il tempo della comunione e della fraternità. È un tempo che non nasce dagli uomini, sebbene li coinvolga. Non sgorga neppure dai loro sforzi, pur se ne richiede. È un tempo che viene dall’alto, da Dio. Dal cielo – narrano gli Atti – scese una pioggia come di lingue di fuoco le quali si posarono sul capo di ciascuno dei presenti: era la fiamma dell’amore che brucia ogni asperità e lontananza; era la lingua del Vangelo che varcava i confini stabiliti dagli uomini e toccava i loro cuori perché si commuovessero. Il miracolo della comunione inizia proprio a Pentecoste, dentro il cenacolo e davanti alla sua porta. È qui – tra il cenacolo e la piazza del mondo – che inizia la Chiesa: i discepoli, pieni di Spirito Santo, vincono la paura e cominciano a predicare. Gesù aveva detto loro: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità” (Gv 16,13). Lo Spirito è venuto e da quel giorno continua a guidare i discepoli per le vie del mondo. La solitudine e la guerra, la confusione e l’incomprensione, l’orfananza e la lotta fratricida, non sono più ineluttabili nella vita degli uomini, perché lo Spirito è venuto a “rinnovare la faccia della terra” (Sal 103,30). L’apostolo Paolo, nell’epistola ai Galati, esorta i credenti a camminare secondo lo Spirito per non essere portati a compiere le opere della carne: “Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere” (Gal 5,19-21). E aggiunge: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). Di questi frutti ha bisogno il mondo intero. La Pentecoste è l’inizio della Chiesa, ma anche l’inizio di un nuovo mondo. Ebbene, anche in questo inizio di millennio il mondo sta alla porta in attesa di una nuova Pentecoste. Lo Spirito Santo, come quel giorno di Pentecoste, è effuso anche su di noi perché usciamo dalle nostre grettezze e dalle nostre chiusure e comunichiamo al mondo l’amore del Signore. Anche a noi sono dati in dono la “lingua” del Vangelo e il “fuoco” dello Spirito perché, mentre comunichiamo il Vangelo al mondo, scaldiamo il cuore dei popoli avvicinandolo al Signore.

Comunità di Sant’Egidio

 

**

Lunedì 28 maggio 2012

Va’, vendi quello che hai e vieni! Seguimi!

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fce scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».

Mc 10,17-27

**

Martedì 29 maggio  2012

Gli ultimi saranno i primi

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno i primi».

Mc 10,28-31

**

Mercoledì 30 maggio 2012

Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti

In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Mc 10,32-45

**

Giovedì 31 maggio 2012

Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore

In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Lc 1,39-56

**

Venerdì 1 giugno 2012

Se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate

[Dopo essere stato acclamato dalla folla, Gesù] entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània. La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: “La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le nazioni”? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città. La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».

Mc 11,11-25

**

Sabato 2 giugno 2012

Con quale autorità fai queste cose?

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?». Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Mc 11,27-33

**

blog www.rossosantena.it