Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione dal 17 al 23 giugno 2012

Santena – 17 giugno 2012 – Alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 17 al 23 giugno 2012, tratte dalla liturgia del giorno con commento alle letture domenicali.

Domenica 17 giugno  2012

Sapranno tutti che io sono il Signore

Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà fruttie diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò».

Ez 17, 22-24

Ci sforziamo di essere a lui graditi

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

2 Cor 5,6-10

A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio?

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Mc 4, 26-34

Che linguaggio adottare per annunciare il vangelo?

Ezechiele parla dell’azione di Dio con linguaggio allegorico e Marco parla del Regno di Dio con linguaggio parabolico. L’azione di Dio può essere detta, o meglio, evocata, mediante un linguaggio che parla di inizi modesti, anzi, pressoché invisibili, ma destinati a uno sviluppo futuro rigoglioso e grandioso. “Come rassomiglieremo il Regno di Dio? O In quale parabola lo metteremo?”. Così, letteralmente, dice Mc 4,30. Ovvero, come parlare del Regno di Dio? Che linguaggio adottare per annunciare il vangelo? Gesù utilizza un linguaggio parabolico, sapienziale, concreto, non astratto, non dogmatico, né teologico. Un linguaggio narrativo aderente al reale. Gesù parla di Dio narrando storie di re e di pescatori, di seminatori e di contadini. Un linguaggio profondamente umano, semplice, comprensibile, che attua una comunicazione aperta, inglobante e non escludente. Come noi, oggi, parliamo delle “cose del Padre”? Come far diventare buona comunicazione la buona notizia del vangelo, se non lasciando alla parola di Dio la sua forza di evocazione del mistero e di coinvolgimento del destinatario? Il vangelo chiede di essere annunciato non come sapere chiuso che esprime la sapienza di chi lo predica o come dottrina che manifesta un Dio inaccessibile, ma come offerta di vita e di relazione per chi lo ascolta. Come benedizione. Altrimenti si rischia di soffocare la buona notizia con una cattiva comunicazione: annunciare il vangelo “contro”, piegarlo a precomprensioni parziali, edulcorarne le esigenze, dimenticarne la dimensione di perdono e di misericordia. Alla luce della parabola del seminatore (cf. Mc 4,1-20) in cui si afferma che “il seminatore semina la parola” (Mc 4,14), si comprende che Gesù qui sta parlando dell’efficacia della parola di Dio. Il seme seminato germoglia e completa la sua crescita senza intervento del seminatore (Mc 4,27-28). Ma di quale efficacia si tratta? Ora, l’efficacia della parola, così spesso affermata nelle Scritture (cf. Is 55,10-11; Eb 4,12), non va intesa in senso mondano e pensata come misurabile in termini quantitativi: la parola di Dio è sempre “la parola della croce” (1Cor 1,18) e la sua efficacia è dello stesso ordine dell’efficacia salvifica della croce: potenza di vita celata nell’impotenza di un crocifisso. Esattamente come il Regno di Dio che è simile a un seme gettato e che deve essere sepolto nella terra per germinare. Del resto, il seme, simbolo della parola di Dio e del Regno di Dio, non è anche segno di Cristo stesso e della sua Pasqua, della sua morte e della sua resurrezione? “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Caduta nel cuore di un uomo, la parola di Dio deve rimanervi, essere interiorizzata, ascoltata sempre di nuovo con perseveranza, deve essere fatta regnare sulle tante altre parole che distraggono dall’essenziale, fino a divenire principio di discernimento e di azione, dunque di carità, di misericordia, di perdono, di giustizia, di verità. E l’uomo che avrà coltivato così nel proprio cuore la parola di Dio sarà da essa rigenerato e ne mostrerà l’efficacia nel suo stesso vivere, senza esibizionismi, “come, egli stesso non lo sa”. Spesso le parabole che Gesù narra sono seguite dall’incomprensione degli uditori e dalle spiegazioni che Gesù fornisce ai suoi discepoli (cf. Mc 4,34). In effetti, il linguaggio semplice delle parabole rivela mentre cela, e richiede un’intelligenza umile e non arrogante, una sapienza, una capacità di cogliere in unità la terra di cui narrano le parabole e il cielo a cui alludono. L’intelligenza del mistero non va confusa con la conoscenza e ancor meno con l’informazione, ma si situa sul piano della sapienza. E la sapienza, etimologicamente, abbraccia in sé tanto il sapere, quanto il sapore, tanto la mente quanto il palato, tanto lo spirito quanto il corpo. Un’intelligenza capace di gratitudine e aperta al dono perché il mistero del Regno non è conquista degli intellettuali, ma dono accolto dai semplici e dai piccoli (cf. Mt 11,25).

Comunità di Bose

Il Regno sceglie la via della debolezza

Leggendo i Vangeli, ci si rende conto immediatamente di quanto sia centrale nella predicazione di Gesù il tema del “regno di Dio”. Marco caratterizza in questo senso la predicazione di Gesù fin dall’inizio: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (1,15), annuncia il giovane profeta di Nazareth a coloro che incontra per le strade e sulle piazze della Galilea. Non proclama semplicemente l’esistenza del Regno – verità ben nota ai suoi ascoltatori – ma che quel regno si è avvicinato agli uomini. Non c’è quindi più tempo da perdere: è necessario e urgente decidersi. Chi non si lascia coinvolgere mette in pericolo la sua stessa salvezza. Il Regno non è, come qualcuno potrebbe pensare, di là da venire, un evento futuro che non riguarda personalmente gli ascoltatori. Al contrario, è ormai vicino, anzi in mezzo a noi. È come dire che la salvezza c’è già da oggi. Per questo il male e il suo potere sono sconfitti alla radice. Il tempo del loro trionfo è finito e ne è iniziata la rovina definitiva. Questa è la buona notizia – il “Vangelo” – che Gesù è venuto a portare agli uomini e per il quale chiede di convertirsi. La decisività di tale annuncio spinge Gesù ad usare ogni mezzo, compreso il genere letterario delle parabole, perché gli ascoltatori comprendano l’arrivo del Regno e la sua opera nella vita degli uomini. Del resto Gesù sa bene che ne va della stessa salvezza dei suoi ascoltatori. Non è una tra le tante verità da apprendere, ma è il cuore stesso del suo messaggio. Le parabole, perciò, non vogliono nascondere il mistero del regno. Al contrario cercano di coinvolgere più efficacemente gli uditori nella realtà che significano attraverso immagini evidenti. La stessa concretezza delle immagini spinge a toccare con mano il mistero che nascondono. Il brano evangelico di questa domenica riporta due parabole del Regno. La prima racconta un fatto ben noto agli ascoltatori: “Così è il regno di Dio – comincia a dire Gesù – come un uomo che getta il seme sul terreno”; terminata la seminagione, il contadino attende pazientemente e senza troppe preoccupazioni il tempo del raccolto. La terra spontaneamente (“automaticamente”, dice il testo greco) porta i suoi frutti. Verrà quindi il tempo della mietitura e allora il contadino potrà ammassare il raccolto dei suoi campi. Gesù richiama l’attenzione degli ascoltatori al “lavoro” che il seme compie, per sua energia interna, dal periodo della semina sino al raccolto. Non c’è dubbio che voglia portare conforto agli ascoltatori. Dobbiamo forse pensare alla comunità cristiana cui si rivolgeva Marco, la quale viveva momenti molto difficili di persecuzione. E senza dubbio i credenti si chiedevano dove fosse la forza del Vangelo, e perché il male e le difficoltà sembravano vincere su tutto. Gesù era forse morto e risorto invano? Talora anche noi, sebbene in condizioni diverse da quelle della comunità di Marco, pensiamo cose analoghe. Quante volte, ad esempio, sentiamo ripetere frasi come queste: “Dopo tanti anni di predicazione evangelica, come mai il mondo è ancora così pieno di cattiveria?”, oppure: “Dov’è il regno di Dio e la sua forza?”. Ebbene – risponde Gesù – come il seme, una volta gettato a terra, spunta e produce frutto, così è per il Regno di Dio. I credenti debbono sapere che il Signore stesso è all’opera nella nostra vita e nella storia degli uomini e in lui dobbiamo riporre tutta la nostra fiducia. Il Regno è vicino perché il Signore ci è vicino, il Regno opera perché il Signore è all’opera. Ovviamente Gesù non vuole sminuire il nostro impegno, né invitare a dormire e ad adagiarsi nella convinzione che il Regno cresca e si sviluppi comunque. Il testo evangelico sottolinea unicamente che la sovranità di Dio sul male è ormai definitiva. La parabola seguente continua a paragonare il Regno di Dio ad un piccolo seme, anzi al più piccolo di tutti: il seme di senape. Ovviamente non è casuale l’insistenza sulla piccolezza del seme. Non si fanno cose grandi perché si è potenti o perché si è grandi. Nel Regno di Dio avviene esattamente il contrario di quanto accade tra gli uomini. “Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”, dice Gesù ai discepoli. Colui che si fa piccolo e umile produce molto frutto. Il piccolo seme di senape quando cresce diviene un arbusto alto anche tre metri e gli uccelli riescono a posarsi e talora anche nidificare su di esso. Gesù dice che il Regno di Dio ripercorre la stessa vicenda di questo piccolo seme. Il Regno perciò non si impone per la sua potenza esteriore e per la sua grandiosità. Al contrario segue una logica diversa da quella del mondo: sceglie la via della debolezza per affermare l’energia dirompente dell’amore e privilegia i piccoli, i deboli, i malati e gli esclusi per manifestare la forza straordinaria della misericordia. Dove il Regno arriva, gli affamati vengono saziati, gli afflitti consolati, i poveri accolti, i malati guariti, i soli confortati, i carcerati visitati, i nemici amati. Il Regno è là dov’è l’amore. Questo cambia molte cose. Si potrebbe dire che non si va in Paradiso con le opere di carità; piuttosto si sta già in Paradiso quando si vive la carità. L’aspetto nuovo di questa predicazione evangelica consiste nello stretto rapporto che Gesù pone tra sé, la sua opera e il Regno. Gesù è il Regno, si identifica in esso. Egli è il seme gettato nella terra degli uomini, un seme piccolo, debole, maltrattato, ingiuriato, scartato, anzi cacciato fuori. Eppure questo seme gettato a terra, una volta morto, è risorto e attraverso i discepoli, suo corpo mistico, ha esteso i suoi rami sino ai confini della terra. Già il profeta Ezechiele, mentre si trovava esule in Babilonia, aveva preannunciato che un fragile ramo, come è la punta del cedro, sarebbe divenuto un albero robusto e ristoratore. “Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico” (Ez 17,22-23). I discepoli, nella misura in cui si lasciano coinvolgere, anzi travolgere dal piccolo libro dei Vangeli, possono entrare a far parte del Regno di Dio e divenirne gli umili servitori.

Comunità di Sant’Egidio

 

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Lunedì  18 giugno  2012

Da’ a chi ti chiede

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pòrgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».

Mt 5, 38-42

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Martedì 19 giugno  2012

Amate i vostri nemici

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Mt 5, 43-48

 

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Mercoledì 20 giugno  2012

Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente, In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Mt 6,1-6. 16-18

 

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Giovedì 21 giugno  2012

Pregando, non sprecate parole

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Mt 6, 7-15

 

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Venerdì 22 giugno  2012

Accumulate per voi tesori in cielo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».

Mt 6, 19-23

 

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Sabato 23 giugno  2012

Non potete servire Dio e la ricchezza

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre.
Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

Mt 6, 24-34

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