Santena – 8 novembre 2012 – La città ha celebrato il 4 novembre, festa dell’Unità nazionale, anniversario della vittoria e giornata delle forze armate. Dopo l’alzabandiera, svolta nel cortile della scuola media Camillo Cavour, il corteo ha percorso piazza Martiri della Libertà per arrivare davanti alla lapide dei caduti, sita davanti al municipio. Dopo la posa della corona di alloro e il discorso del sindaco Ugo Baldi, autorità, associazioni e cittadini hanno partecipato alla messa. Di seguito, l’intervento del primo cittadino, Ugo Baldi.
Autorità, associazioni, cittadini e banda musicale si sono ritrovati nel cortile delle elementari per l’alzabandiera. Da segnalare il bell’effetto della grande bandiera tricolore, portata dai volontari appartenenti a diverse associazioni. Praticamente al completo la pattuglia di amministratori della maggioranza, qualche defezione tra le file dell’opposizione. Nel cortile delle elementari si sono schierati in gruppo i vigili del fuoco, i bersaglieri, gli alpini e l’associazione carabinieri. Davanti alla scuola i gonfaloni di quasi tutte le associazioni cittadine. A lato la banda musicale Canonico Serra. Al centro il grande tricolore, il gonfalone della città, gli amministratori comunali guidati dal sindaco, affiancati dal comandante della municipale Gianfranco Alutto e dal brigadiere capo Vito Midolo. E, naturalmente un po’ di cittadini.
Dopo l’alzabandiera, il corteo, con in testa la banda musicale diretta dal M° Anna Maria Merlino, ha sfilato per la piazza centrale, raggiungendo il municipio. A seguire la posa della corona di alloro davanti alla lapide che ricorda i santenesi caduti nelle ultime guerre. Dopo la benedizione, impartita dal viceparroco don Mauro Grosso, il sindaco Ugo Baldi ha tenuto il discorso ufficiale.
«Cari concittadini, associazioni santenesi tutte, autorità civili, religiose e militari – ha detto il sindaco – ci ritroviamo ai piedi di questa lapide, riuniti con una solennità che in poche altre occasioni si ripete uguale, per onorare i nostri Caduti in guerra, per ricordare l’Unità nazionale, per onorare l’anniversario della Vittoria nella grande guerra del 1918 e per festeggiare le Forze Armate. Questa è la giornata in cui riflettiamo sul significato della Patria e sulla responsabilità che ha ciascuno di noi nel servirla. Guardando tutti voi presenti questa mattina e soprattutto pensando ai giovani, spero che il sentimento e l’amore per la nostra Patria siano ancora vivi e vitali, non per senso di nazionalismo egoistico, ma come evidenza di fratellanza e di identità comune. Indipendenza, unità e libertà conquistate a caro prezzo, anche con la vita di chi ha combattuto, sono conquiste che non vanno mai date per scontate, sono beni straordinari che vanno difesi ogni giorno , ma che devono essere coltivate attraverso la comunità di intenti, la capacità di operare per il bene comune e con il desiderio, anche individuale, di provare gioia nel fare qualcosa di utile per il bene comune».
Il sindaco ha proseguito: «I giovani sono la speranza nel futuro, sono il futuro della nostra Comunità, ne rappresentate la certezza. Tuttavia, sarebbe grave se il futuro si costruisse senza la memoria del passato, sarebbe grave se i ragazzi di oggi, dimenticassero ad esempio i ragazzi del 1899, chiamati a soli 16 anni al fronte, e che servirono l’Italia poco più che bambini. Erano come i ragazzi di oggi, con le stesse speranze. E proprio perché idealmente questi ragazzi di allora sono gli stessi ragazzi di oggi, non bisogna tradire i valori che accompagnarono questi ragazzi del ’99. Vi invito ora a riflettere insieme sul significato del servizio alla patria. In particolare sul senso della parola “servizio”: per molti anni ha rappresentato l’obbligo di leva, l’assolvimento di un debito del giovane verso il proprio Paese: debito assolto con il servizio militare, che serviva anche ad aprire il giovane alla conoscenza di altre realtà e aree sociali diverse, nonché a rafforzare il senso di comunità attraverso il cameratismo e a rafforzare il comune sentire. Poi dopo la protesta giovanile del ‘68 e la stagione della contestazione al servizio militare, il debito verso la patria poteva anche essere saldato facendosi carico di una gamma di bisogni della nostra comunità non solo più strettamente militari ma anche sociali. Quello che per molti anni è stato definito il servizio civile. Infine la ridefinizione dei compiti delle Forze Armate ha comportato un ulteriore cambiamento con la sospensione della leva obbligatoria e la trasformazione in un “esercito di professionisti”. In questa evoluzione il termine “servizio” ha perso il suo significato di “debito” sostituendolo con la “disponibilità a prestare la propria opera per scopi sociali, civili, umanitari e culturali”. Quindi, ora mi domando se per le nuove generazioni, il termine “servizio” significa ancora qualche cosa? E’ se sia un termine ancora presente nel loro vocabolario?».
«Analogo discorso – ha aggiunto Ugo Baldi – si può fare con la parola “patria”. L’impressione è che oggi i giovani abbiano quasi vergogna a pronunciare questa parola o se lo fanno, lo fanno con il tono che si riserva ad una parola d’altri tempi. Ad un valore di un tempo che non c’è più! Riflettiamo allora su quanto stiamo facendo questa mattina: alzabandiera, sfilata, la banda che suona, la S. Messa, questo discorso. Cosa sono questi atti che insieme stiamo compiendo? Sono simboli! Che cos’è un simbolo? In parole semplici, è qualcosa che significa e vale più di se stessa. In altre parole è una cosa che è molto più importante di ciò che è al momento visibile. La patria è quindi un simbolo. E’ un’idea che va al di là dei semplici confini geografici. E’ l’insieme dei vari livelli di comunità che la compongono, a partire dalla famiglia – pilastro che sostiene tutte le altre istituzioni, dal Comune allo Stato –, con i suoi valori più profondi, con i sentimenti delle persone che la compongono, con le loro gioie e con le loro sofferenze. Ma la famiglia non è soltanto rappresentata dalle persone che la compongono, ma è anche la lingua che si parla, gli spazi nei quali si vive e si intrecciano i rapporti sociali, le tradizioni che vengono trasmesse di padre in figlio. Insomma la famiglia è la base della “comunità” e la comunità si esprime nella sua concezione più nobile ed importante nella “nazione”. La patria è quindi un simbolo cui dobbiamo guardare e che dobbiamo trasmettere alle generazioni più nuove, la coscienza di compiti di pace portati fino all’estremo sacrificio della propria vita (come fanno i nostri militari impegnati nelle missioni di pace in diverse parti del mondo), anche attraverso la memoria di chi non c’è più».
Ugo Baldi ha continuato così: «Ma più delle mie parole, analogamente a quanto ho già fatto nel corso della recente ricorrenza del 2 giugno, possono aiutarci a riflettere le parole di un grande Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, pronunciate il 4 novembre 1978: “Voi sapete che lungo e travagliato è stato il cammino del nostro paese in questi anni di storia, segnati da due guerre mondiali, da una lotta ventennale contro la dittatura fascista, e dalla rinascita di un regime di libera democrazia nel quale si è sviluppata, con prodigiosa vitalità, la nostra società. Siamo andati avanti, abbiamo progredito, ma non per questo dobbiamo guardare al nostro presente con soddisfatto compiacimento: urgenti e gravissimi sono i problemi che ancora ci assillano, che assorbono con continuo impegno le nostre forze. Gravi sono i pericoli che minacciano la nostra giovane democrazia. Dalla celebrazione odierna della vittoria del 4 novembre, che fu frutto di sacrificio, di dedizione, di unità di tutto il popolo italiano, dai contadini al fronte agli operai nelle fabbriche, dobbiamo trarre nuovo impulso e convinzione per mettere da parte tutto ciò che ci divide, perché un nuovo spirito unitario sostenga lo sforzo di rinascita democratica del nostro paese. La stessa unità che ispirò la resistenza e la lotta di liberazione deve sostenerci nel cimento di questi tempi, nei quali siamo impegnati a preparare per voi, giovani, un avvenire degno delle speranze e dei sacrifici di coloro che hanno versato il loro sangue per una patria libera”. Sono parole pronunciate 34 anni fa, ma ancora attualissime».
Il sindaco ha chiuso così il suo intervento: «Dobbiamo quindi alzare lo sguardo nella direzione in cui la parola “patria” può diventare significativa per le vecchie e per le nuove generazioni. Un simbolo vivo che vale e significa molto più di se stesso. Onore quindi ai nostri caduti, viva la pace tra i popoli che le Forze Armate ci aiutano a garantire. Viva l’Italia». Da segnalare che, per la prima volta in città, il sindaco ha fatto distribuire a gran parte dei presenti alcuni testi completi dell’inno d’Italia e della canzone del Piave. Fogli alla mano, la cerimonia è continuata con la banda musicale che ha proposto l’inno del Piave e, a seguire, l’inno di Mameli. La celebrazione è continuata con la partecipazione alla messa.
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Il file audio completo: 2012nov4 celebrazione
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