Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 16 al 22 dicembre 2012

Santena – 16 dicembre 2012 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 16 al 22 dicembre 2012, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 16 dicembre 2012

Rallègrati, figlia di Sion, grida di gioia, esulta e acclama

Rallègrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».

Sof 3,14-17

 

Siate sempre lieti nel Signore

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

Fil 4,4-7

 

Che cosa dobbiamo fare?

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Lc 3,10-18

 

Perché gioire?

“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi” (Fil 4,4). Con queste parole dell’apostolo Paolo si apre la liturgia di questa domenica, chiamata “Domenica gaudente”, domenica della gioia. L’apostolo dettava queste parole mentre era in carcere a Roma vicino a Trastevere dice la tradizione e forse aveva già di fronte la prospettiva della sentenza capitale. Eppure esorta se stesso e i cristiani di Filippi a gioire perché, aggiunge, “il Signore è vicino”. Il motivo della gioia sta proprio nella prossima venuta del Signore. Anche il profeta Sofonia esorta Gerusalemme a rallegrarsi: “Gioisci Israele e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!”. Perché gioire? Sofonia spiega: “Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico… Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente… Ti rinnoverà con il suo amore” (Sof 3,14-18). Il profeta parla della liberazione di Gerusalemme: scompare la condanna, viene tolto l’assedio alla città, il nemico è disperso e la città può finalmente tornare a respirare e a vivere. Il Signore l’ha salvata. La Parola di Dio spinge a non lasciarsi prendere dalla tristezza, a non lasciarsi sopraffare dall’angoscia. Ne avremmo tutti i motivi guardando questo nostro mondo, vedendo le numerose guerre, le innumerevoli ingiustizie e la drammatica crisi che stiamo attraversando. Come non essere tristi e angosciati di fronte a tutto questo? Eppure la liturgia ci esorta a gioire. Non perché come talora si sente superficialmente ripetere il cristiano è per natura ottimista. No, è l’avvicinarsi del Natale il motivo della nostra gioia. Con il Natale non siamo più soli, il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. La liturgia interrompe la stessa severità del tempo di Avvento: lascia le vesti violacee della penitenza e indossa quelle della gioia, orna l’altare con i fiori e fa festa. Il Signore, infatti, sta per arrivare. È ormai vicino. Tutto nella liturgia si fa invito affinché ciascuno si disponga ad accogliere il Signore che viene. Siamo esortati ad alzarci dal sonno dell’egoismo e dall’ubriacatura dell’orgoglio per andare incontro a Gesù. Restano pochi giorni al Natale e il nostro cuore è ancora distratto e per nulla pronto. L’evangelista Luca nota che tutto il popolo era nell’attesa del Messia. Egli avrebbe cambiato il mondo, liberato gli uomini e le donne da ogni schiavitù, soccorso i poveri e guarito i malati. Per questo molti, da ogni parte della Galilea e della Giudea una folla, nota l’evangelista lasciavano le loro città e i luoghi ove abitualmente vivevano per recarsi nel deserto ed incontrare il Battista. Anche noi abbiamo lasciato le nostre case e soprattutto le nostre faccende abituali e i nostri pensieri di ogni giorno, per venire ad ascoltare Giovanni Battista in questa Santa Liturgia. Oggi, Giovanni è qui che parla, in mezzo a noi. La sua predicazione ha lo stesso vigore, la stessa forza di cambiamento che aveva allora nel deserto, accanto al fiume Giordano. Assieme a quella folla di uomini e di donne, assieme a quei soldati e a quei pubblicani che si erano accalcati attorno a lui, ci siamo anche noi e, con loro, chiediamo: “Che cosa dobbiamo fare?”. È la nostra domanda di oggi: che cosa dobbiamo fare per accogliere il Signore che viene? Giovanni risponde con semplicità e chiarezza: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. La carità è la prima risposta al “che fare?”. L’amore gratuito, il servizio ai più poveri, la disponibilità ad amare tutti, dispongono i cuori ad accogliere il Signore che l’evangelista Matteo pone sotto le sembianze dei poveri e dei deboli. Giovanni, rivolto poi ai pubblicani e ai soldati, li esorta a non esigere nulla di più di quanto è stato fissato e a non maltrattare e a non estorcere niente a nessuno. Chiede, insomma, di essere giusti, di essere rispettosi gli uni degli altri. Il predicatore del deserto ricorda che l’attesa del Messia si compie tra carità e giustizia, tra misericordia e rispetto, tra tenerezza e compassione. Non dice forse Paolo ai Filippesi: “La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini”? Il Signore verrà e scenderà nel cuore di ognuno per battezzarci in Spirito Santo e fuoco. Nessuno resterà con quello che possiede, nessuno rimarrà così com’è. Lo Spirito Santo allargherà le pareti dei nostri cuori e il fuoco del suo amore ci guiderà.

Comunità di Sant’Egidio

Che cosa dobbiamo fare?
Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11,28)

 

Troppo spesso l’interpretazione di questo passo rischia di sbilanciarsi verso l’impossibile: certamente, in questo momento io ho da mangiare, e milioni di persone no. Io ho da bere, e milioni di persone no. Si tratta di una situazione scandalosa, di uno squilibrio e di un disordine inaccettabile. Perché nessuno interviene? Perché nessuno pone rimedio? Perché Dio non interviene?

Proviamo però a pensare a che cosa sarebbe necessario per colmare direttamente tutti gli squilibri e le ingiustizie che rileviamo nel mondo. Per vederle e intervenire istantaneamente sarebbe necessario assumere la posizione del dominatore: occorrerebbe avere un potere illimitato di conoscenza e di supervisione su tutta la terra, e un potere illimitato di intervento. Occorrerebbe essere qualcuno che con la sua vista, la sua intelligenza, il suo potere esecutivo, abbraccia tutto il mondo. In una parola, occorrerebbe essere il dittatore – o i dittatori – del mondo. Oppure che Dio agisse come il gigantesco dittatore del mondo. Ma una simile prospettiva non è possibile per noi, e non è neppure stata scelta da Dio: nel Natale faremo memoria di Dio che si fa piccolo per salvare il mondo…

Ascoltiamo dunque ciò che propone il Battista: si tratta di uno sguardo umile, concreto, accessibile nello spazio e nel tempo. Chi ha due tuniche, dia: non all’irraggiungibile, ma al visibile, a chi sta vicino. Non lo sguardo del dominatore, che pretende di risolvere le ingiustizie del mondo, o di mettersi al posto di Dio, ma lo sguardo del fratello, che si accontenta di accorgersi del fratello che ha vicino, e comincia con semplicità a mettere ordine nella sua vita, condividendo il di più con i fratelli. «Accontentatevi» aggiunge il Battista «Non esigete»: ai soldati e agli esattori non è chiesto di rinunciare alla loro posizione, ma di esercitarla con misura, in spirito di onestà.

La domanda delle folle trova una corrispondenza interessante negli Atti degli Apostoli: è la richiesta che perviene a Pietro dopo la Pentecoste. Si tratta della richiesta che precede il Battesimo. Si tratta forse della domanda che ciascuno di noi è invitato a farsi, se vuole riscoprire tutte le potenzialità del Battesimo e del dono ricevuto. La risposta non è in nessun caso un elenco di cose da fare: ma un invito alla conversione, ad una trasformazione della vita, che non deriva solo dalle nostre forze, ma anche dall’azione dello Spirito in noi. Non avremo mai finito di donare a chi ha meno di noi; non avremo mai finito di esplorare i confini dell’onestà e della correttezza; la conversione non si esaurisce in un gesto, ma deriva dall’incontro con la novità di Dio, che tende a trasformare tutta l’esistenza.

Dobbiamo dunque rinunciare a uno sguardo più ampio? Dobbiamo dare per persa la battaglia contro le ingiustizie a livello mondiale? Certamente no: siamo chiamati invece a rinunciare ad essere dominatori e dittatori utopici, che nascondono l’inazione dietro all’enormità dei problemi, e a cominciare ad essere umili fratelli, concittadini, persone che compiono briciole di giustizia; sapendo che il dominatore della storia è un altro, invocando colui che è “più forte”, e che pure ha scelto di farsi debole, di farsi piccolo, di mettere la sua tenda tra noi.

Ufficio liturgico nazionale

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Lunedì 17 dicembre 2012

Genealogia di Gesù Cristo

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

Mt 1,1-17

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Martedì 18 dicembre 2012

A lui sarà dato il nome di Emmanuele «Dio con noi»

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa «Dio con noi». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Mt 1,18-24

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Mercoledì 19 dicembre 2012

Sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre

 

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccarìa disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».

Lc 1,5-25

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Giovedì 20 dicembre 2012

Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te

Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Lc 1,26-38

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Venerdì 21 dicembre 2012

Il bambino ha sussultato di gioia

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Lc 1,39-45

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Sabato 22 dicembre 2012

Il mio spirito esulta in Dio

In quel tempo, Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Lc 1,46-55

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