Santena – 19 gennaio 2013 – Di seguito, alcune riflessioni di Gino Anchisi sulla seconda lezione del corso di teologia di base dell’Unità pastorale 57 sulla Gaudium et spes, tenuta dal prof. Roberto Carelli.
I contenuti della Gaudium et spes (GS) confermano che senza il contributo dei laici non solo non può svolgersi un vero dialogo tra la Chiesa e il mondo, ma che senza di essi la Chiesa non può agire nel campo sociale ed etico. La gerarchia dovrà farsene una ragione. La Chiesa deve darsi una nuova forma.
Due lezioni non sono bastate. Il relatore si è fermato a toccare questioni più interne alla Chiesa e al clero privilegiando temi teologici e dottrinari. La concretezza e le complessità contenute nelle parti più tipiche della pastorale e più vicine agli interessi materiali dei laici, che trattano di lavoro, di industrializzazione, di produzione, di agricoltura, di politica, di sindacato, di diritti della persona, di comunità delle nazioni (Cap. III, IV e V) sono state sacrificate.
Le otto pagine distribuite puntano l’attenzione su sacrosante dispute. Mons. Piacenza è stato criticato per la sua lettura paraconciliare, tipica dei progressisti. Anche le posizioni anticonciliari dei conservatori sono state disapprovate, ma senza fare nomi. E’ stata indicata la linea, ci mancava altro, che si riferisce al Papa, improntata all’affermazione di una continuità che, negando rotture col passato, propone una lettura all’insegna della capacità progressiva della Chiesa di riformarsi. Linea che riconosce il valore della GS e che contrasta col Cardinale Angelo Scola, che parlando di delusione, non riconosce l’effettiva portata pastorale della Gaudium et spes. In definitiva si è girato intorno al nodo senza provare a scioglierlo.
L’eguaglianza tra le persone, l’equità nella distribuzione delle risorse, la solidarietà nella condivisione, la responsabilità individuale verso gli altri, la fratellanza dell’essere figli dello stesso padre, la libertà che deriva dal fare ciò che si vorrebbe ricevere dagli altri, la giustizia nella distribuzione delle risorse, la dignità che discende dal lavoro sono argomenti scabrosi da tradurre in pratica. Con il Concilio Vaticano II il sociale è entrato sulla scena di tutte le comunità, da allora in poi impegno e responsabilità individuale caratterizzano l’essere laici.
La Gaudium et spes ha il pregio di porre le questioni della globalizzazione, inesorabilmente legate all’universalismo del cattolicesimo, in termini diretti, non trattabili e inderogabili. Portando l’attenzione sui rapporti tra Paesi ricchi e Paesi poveri essa ha anticipato di cinquant’anni i tempi moderni, in cui adesso queste relazioni nel riequilibrarsi pongono in discussione lo stile di vita e le relazioni tra i popoli. Il cristianesimo cattolico ha per le mani una costituzione pastorale che è base reale per il dialogo (92) con le altre religioni, le altre culture e tutti gli uomini. C’è da augurarsi che la Chiesa sappia valorizzare questo dono ricevuto dal Concilio.
Gino Anchisi, da Santena, la Città di Camillo Cavour, 16 gennaio 2013.
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