Santena – 1° dicembre 2013 – Alcune proposte di riflessione per i giorni dal 1 al 7 dicembre 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.
Domenica 1 dicembre 2013
Camminiamo nella luce del Signore
Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.
Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.
Is 2,1-5
La notte è avanzata, il giorno è vicino
Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.
Rm 13,11-14
Non si accorsero di nulla
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Mt 24,37-44
Perché cresca in noi l’uomo spirituale
Con questa prima domenica di Avvento inizia il nuovo anno liturgico. È un tempo nuovo che potremmo paragonare ad un pellegrinaggio spirituale verso quel “monte del tempio del Signore” di cui parla il profeta Isaia. È un itinerario in cui non cammineremo a tentoni, come coloro che non conoscono la mèta. La Parola di Dio guiderà i nostri passi. Le domeniche, di volta in volta, ci aiuteranno perché cresca in noi l’uomo spirituale con i tratti di Gesù. Potremmo dire perciò che la mèta del nostro pellegrinaggio è Gesù stesso e la via per raggiungerla è quella tracciata dal Vangelo. I primi passi li muoviamo in questa domenica che apre il tempo dell’Avvento, un tempo, come sappiamo, segnato dall’attesa del Signore. È vero che Gesù viene a noi in ogni tempo, anzi egli dimora con noi ogni giorno, come disse ai discepoli prima di salire al cielo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20b). Ma c’è una grazia particolare in questo tempo liturgico: è la grazia di avere più viva la coscienza di Gesù come “colui che viene” per abitare in mezzo a noi.
È lui, in effetti, che viene verso di noi, piuttosto che il contrario. E noi neppure ce ne accorgiamo, tanto siamo presi da noi stessi e dalle nostre personali preoccupazioni. Suona vero anche per noi l’avvertimento che Gesù diede ai discepoli di allora e che il Vangelo ci ha riproposto in questa domenica di Avvento: “Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo”. È un monito severo che si lega bene all’esortazione dell’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: “È ormai tempo di svegliarvi dal sonno”. E spiega cosa vuol dire, applicandolo anche a se stesso: “Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in litigi e gelosie” (13,13). È l’invito ad una vigilanza operosa per poter vivere con frutto il tempo nuovo che si apre davanti a noi. La Parola di Dio ci avverte che uno stile di vita egocentrico appesantisce il cuore e rende opaca la mente, rende insensibili e spinge a chiudere gli occhi e a rinchiudere i pensieri nel piccolo recinto degli interessi individuali e di parte. E purtroppo dobbiamo constatare che l’individualismo guadagna sempre più terreno sia in noi che nella società. Tutto sembra come travolto da una cultura che non fa sperare in un tempo nuovo, anzi che spinge a rassegnarsi ad un mondo ingrigito e triste.
Ecco il tempo dell’Avvento, un tempo opportuno per ascoltare la Parola di Dio e per riorientare il nostro sguardo su Gesù che viene a porre la sua tenda in mezzo a noi. Il Vangelo insiste, con il linguaggio tipico degli ultimi tempi e per noi questi sono i nostri ultimi tempi -, perché tutti assumiamo uno stile di vita meno autoreferenziale e più attento al Vangelo e alle sue esigenze. Gesù non ha paura di paragonarsi ad un ladro che arriva all’improvviso: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà … Se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa”. Questo strano testo è un richiamo alla vigilanza. E vigilare vuol dire pregare, ascoltare il Vangelo, essere attenti ai poveri, scorgere i segni della presenza di Dio nel mondo. Il Signore ci dice che egli sta venendo, ma dobbiamo avere gli occhi limpidi per cogliere i segni del suo passaggio. L’Avvento è perciò un tempo opportuno per “svegliarci dal sonno”; non bisogna quindi solo abbandonare le nostre abitudini di sempre ma “rivestirci del Signore Gesù”, come esorta l’apostolo Paolo, “sapendo bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte” (1Ts 5,2).
Comunità di Sant’Egidio
Nell’Antico Testamento: un segno di speranza
Nella narrazione del libro della Genesi, e nel contesto del Pentateuco, la figura di Noè è principalmente segno di fiducia e di speranza. In una terra corrotta e violenta, destinata alla distruzione del diluvio, un uomo trova grazia presso Dio e fidandosi della sua parola assicura la sopravvivenza della propria famiglia e di tutta l’umanità. Con Noè Dio stabilisce un’alleanza fondamentale, per la quale il mondo può continuare a sussistere, nonostante la violenza e il peccato introdotti dai discendenti di Caino. Questa alleanza ha anche un carattere universale, non limitato al solo Israele, ed è la base di una possibile convivenza e tensione al dialogo con tutta l’umanità.
Verso la pace
La prima lettura della domenica si riallaccia proprio al progetto globale di Dio per la salvezza e la pacificazione di tutta l’umanità. I popoli sono chiamati a radunarsi sul santo monte di Dio, abbandonando la violenza e la guerra: le spade divengono aratri, le lance diventano falci. La stessa purificazione operata dal diluvio si compie in maniera incruenta, non attraverso la distruzione dei peccatori, ma con l’invito al banchetto di tutti i popoli, sul santo monte di Dio. Il progetto del Regno di Dio, che il profeta intravede ed espone in forma poetica, trova una realizzazione imprevedibile in Gesù, che dà compimento alla figura di Noè.
Colui che si lascia educare da Dio
Nel contesto del discorso escatologico, la figura di Noè è citata come esempio, con intento chiaramente educativo. Noè è colui che sa discernere i tempi, che si lascia educare da Dio nella concretezza del momento storico. Gesù invita gli interlocutori a non pensare in maniera ideologica, ma a identificare la peculiarità di quel preciso segmento di storia, caratterizzato dall’irruzione del Regno di Dio. La liturgia introducendo la figura di Noè nella prima domenica di Avvento lo pone chiaramente come tipo di coloro che sanno attendere il Regno, in contrapposizione a coloro che “non si accorsero di nulla”. Esaminando più attentamente il brano evangelico, notiamo che il nome di Noè è citato due volte; la prima volta abbiamo un’allusione molto generale, un confronto tra i “giorni di Noè” e la “venuta del Figlio dell’Uomo”. La ripresa sviluppa un confronto più particolareggiato e puntuale tra il comportamento dell’umanità ai tempi di Noè e la situazione contemporanea a Gesù (invitando così il lettore a interrogarsi sul suo tempo). Il termine di riferimento non è lo scarno racconto biblico, ma la tradizione interpretativa giudaica, che già al tempo di Gesù tendeva ad attualizzare il racconto della Genesi. Sorprendente però il fatto che sembra che si parli della nostra situazione, della nostra attualità: anche noi oggi vediamo una generazione intenta a mangiare, bere, soddisfare i suoi appetiti sessuali, senza minimamente preoccuparsi dei segnali allarmanti che si stanno moltiplicando.
Mentre i suoi contemporanei “non si accorgono di nulla”, Noè vive pienamente il suo tempo. E diventa così figura di Cristo, di Paolo, del profeta Isaia che sa vedere un futuro inimmaginabile per gli uomini della sua epoca.
I giorni di Noè: perché non si accetta l’educazione di Dio?
Dei giorni di Noè Gesù non ricorda la violenza, il peccato, la spaventosa escalation di male che conduce alla catastrofe. Si dice unicamente: “non si accorsero di nulla”. Non si presenta il vertice del male, ma la sua diffusione e banalizzazione: si tratta di un problema educativo globale, non di condannare picchi di straordinaria malvagità. Papa Francesco ha parlato al proposito di “globalizzazione dell’indifferenza”. Ciò che è più insidioso non è il vertice del peccato, ma il suo instillarsi, quasi insensibilmente, in sempre più larghi strati di umanità, a cui vengono a mancare la consapevolezza, il discernimento, l’ascolto dei segnali che vengono da Dio, le forme elementari del commuoversi, del cercare il bene, del porre segnali di umanità e rispetto. Al posto del discernimento, subentra l’istinto: mangiare, bere, soddisfare gli appetiti sessuali, limitarsi a progetti ad orizzonte limitato.
La catastrofe incombente
Il diluvio “travolse tutti”: richiamandosi a quella antica situazione, Gesù allude ad una grande responsabilità, che si lega alla venuta del Figlio dell’Uomo. Abbiamo così due affermazioni contrastanti: nella prima lettura, la profezia di Isaia annuncia un futuro felice, di pace; ugualmente Paolo sembra delineare una “salvezza vicina”. La parola di Gesù sembra invece lasciare meno spazio alla speranza: “uno verrà portato via, e l’altro lasciato”: però non è come il diluvio, in cui “tutti” vennero travolti: si prospetta invece una alternativa alla pari, un bivio. È evidente un richiamo alla responsabilità personale, nell’ottica dell’antica immagine delle “due vie”. La parola forte di Gesù non annuncia una pura e semplice catastrofe, perché è ancora possibile prendere una decisione, mettersi dalla parte di coloro che attendono la sua venuta.
Anche le parole di Gesù sono dunque parole di speranza: non però quel genere di ottimismo che sottrae la persona alla sua responsabilità e all’urgenza di risvegliarsi dal torpore paralizzante.
Per gli educatori: la fatica di risvegliare le coscienze
Il sonno della coscienza
La situazione in cui si trova Gesù, è la peggiore per qualunque educatore: trovarsi di fronte a una coscienza addormentata e indifferente. La generazione di Noè diventa il paradigma di chi sta sull’orlo del baratro, ma è sordo ad ogni richiamo che lo avverte del pericolo. L’evangelista riconosce la validità delle parole di Gesù, avendo probabilmente di fronte la catastrofe della distruzione di Gerusalemme. Anche noi oggi abbiamo ugualmente un forte invito alla riflessione, pensando a varie situazioni mondiali e alle vicende del nostro Paese.
La paziente responsabilità
Noè costruisce l’arca, dando un esempio di preveggenza e responsabilità. Occorre credere con forza alla possibilità di educare, anche in contesti che sembrano del tutto sfavorevoli. Lo stile di Dio non prevede eclatanti azioni di massa, ma un lavoro di paziente coscientizzazione, a partire da se stessi. Così Gesù aiuta le persone a recuperare consapevolezza, sia attraverso la memoria storica contenuta nella Scrittura, sia con la parabola del ladro, tratta dall’esperienza quotidiana, sia con la credibilità del suo stile di vita, che accetta di privarsi di ogni sicurezza, perfino di un luogo “dove posare il capo”, per indicare che davvero il Regno sta arrivando. Anche la prima lettura, tratta dal libro di Isaia, ci mostra la capacità di accendere speranze che appaiono incredibili; allo stesso modo Paolo tiene desta la vita nello Spirito in coloro che hanno creduto alla risurrezione di Cristo.
Solitudine e comunicazione
Noè, Gesù, Paolo, il profeta Isaia: tutti si trovano pressoché soli di fronte ad una generazione incredula. Tutti hanno il coraggio di accogliere la loro solitudine, portando un annuncio scomodo a chi sembra non avere intenzione di ascoltare. Non è un isolamento, che sarebbe una fuga dalla comunicazione, ma un mettersi di fronte alla comunità dispersa, perché torni ad ascoltare. L’esigenza di entrare in relazione impone di usare tutte le risorse, dal linguaggio verbale al linguaggio simbolico: Noè costruisce l’arca, il profeta compone un poema ricco di immagini suggestive, Gesù e Paolo fanno ampio ricorso a metafore e parabole. Nessuno si limita alla critica feroce e al catastrofismo sterile, e vengono utilizzate tutte le risorse della fantasia e della bellezza per provocare il risveglio dall’ottusità della coscienza.
Dal sussidio della Cei per il tempo di Avvento Natale 2013 “è ormai tempo di svegliarvi dal sonno”
Leggi anche “Entrare nell’Avvento” www.monasterodibose.it
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Lunedì 2 dicembre 2013
Non ho trovato nessuno con una fede così grande!
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».
Mt 8,5-11
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Martedì 3 dicembre 2013
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Lc 10,21-24
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Mercoledì 4 dicembre 2013
Sento compassione per la folla
In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.
Mt 15,29-37
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Giovedì 5 dicembre 2013
Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
Mt 7,21. 24-27
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Venerdì 6 dicembre 2013
Avvenga per voi secondo la vostra fede
In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.
Mt 9,27-31
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Sabato 7 dicembre 2013
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date
In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Mt 9,35-38 – 10,1.6-8
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