La storia di Gaetano Cima, un Giusto di Santena

Santena – 5 dicembre 2013 – Francesco Cima, già sindaco della città, intervistato da Gino Anchisi, racconta la storia di suo padre, Gaetano Cima, un Giusto di Santena.

La storia di Gaetano Cima, un Giusto di Santena

Intervista a Francesco Cima a cura di Gino Anchisi

 

D. Hai voglia di raccontare la storia della ragazzina che visse in casa tua?
R. Siamo nel 1944. Si chiamava Pia. Stava sempre chiusa; ogni tanto, senza dare all’occhio, la facevano uscire in cortile. La delazione, contro una minoranza religiosa su cui pesava l’odio razziale, motivata dall’ignoranza o dall’acquisire meriti presso i gerarchi del fascismo ti costringeva a vivere come un’ombra.

Francesco Cima
Francesco Cima

D. Chi era questa ragazza?
R. E’ la mamma del professor Alberto Cavaglion, affermato studioso dell’ebraismo, il relatore invitato a Santena dal Comune e dal Circolo Europa per commemorare il Giorno della Memoria, venerdi 24 gennaio 2014.

D. Era una sfollata?
R. Non solo, soprattutto era ebrea. Nonostante fosse italiana doveva nascondersi perché perseguitata in conseguenza delle leggi razziali del 1938. Una colpa imperdonabile che grava su casa Savoia. Se l’avessero trovata sarebbe stata internata e poi spedita in Germania per lo sterminio perpetrato dal nazifascismo.

D. Perché venne a rifugiarsi a Santena?
R. Santena era più sicura. Torino era troppo pericolosa, c’erano anche i bombardamenti. Lo decise mio papà. Aveva capito che la caccia all’ebreo era irrefrenabile. Durante la seconda guerra mondiale l’odio e la persecuzione verso i Giudei si erano trasformati nella decisione della soluzione finale: tutti gli Ebrei dovevano essere eliminati.

D. Perché tuo padre prese una decisione così pericolosa che esponeva la famiglia al rischio della deportazione e della morte?
R. Non ho fatto in tempo a conoscerlo profondamente. Quando è morto avevo solo 10 anni. Da mia mamma, Orsola Negro, dai parenti e dai racconti dei Santenesi ho saputo che era considerato un uomo buono, giusto e leale, pronto ad aiutare chi aveva bisogno. Quando capì che la furia omicida stava crescendo si impegnò per salvare i parenti e gli amici ebrei. Già nel 1939 incontrando a Torino l’amico Elia Treves gli consigliò di rifugiarsi all’estero insieme al figlio. Elia non lo ascoltò, fu deportato e morì in un campo di concentramento. Il figlio, aiutato dalla famiglia di mio padre, si salvò raggiungendo l’Inghilterra. In questa casa dove da anni abito con la mia famiglia trovarono rifugio Giovanni Ferio, funzionario di banca, (si chiamava Segre e fu costretto a cambiare il cognome) sua moglie e due loro nipoti, Pia ed Enzo Amapane, futuro segretario particolare di Umberto Agnelli. Fecero amicizia con la famiglia di Lorenzo Griva che abitava qui vicino. Altri erano nascosti in centro città, vicino al ponte. La nonna Ida e lo zio Augusto invece si nascosero in zona ancor più sicura, nella casa di una famiglia di contadini: dal “Marchio”, dei Bosio di Tetti Giro.

D. Anche i contadini fecero la loro Resistenza. Quali rapporti aveva con gli ebrei la tua famiglia?
R. Mio nonno Francesco Cima, era cattolico. La nonna, Ida Ottolenghi, era ebrea, sua nonna era una De Benedetti. Ida si convertì al cattolicesimo in tempi non sospetti, nel 1954, l’anno in cui, suo figlio, mio padre, morì. I legami con l’ambiente ebraico erano solidi, mio papà faceva l’agente di borsa, professione che gli permise anche di curare gli interessi di amici e conoscenti che non potendo più esercitare la loro attività venivano spogliati dei loro averi.

D. Dunque il 24 gennaio incontrerai il figlio della “ragazza” aiutata da tuo padre?
R. Questa “ragazza” l’ho incontrata qualche anno fa. Suo figlio lo conoscerò la sera della conferenza. E’ uno stimato studioso, torinese, lavora all’Università di Firenze. Sono emozionato. Commemorando con i Santenesi il Giorno della Memoria, ricorderemo tutti coloro, anche i non ebrei, che furono perseguitati, che fecero Resistenza. Sarò presente anche la mattina di domenica 26 gennaio, quando verrà depositata, ai piedi del Monumento ai Caduti per la Patria, la targa che ricorda la Shoah.

Abbiamo finito, grazie a tuo padre Santena si colloca nella grande storia dell’umanità, quella fatta da chi ha condotto una vita normale, facendo semplicemente il suo dovere.

Santena, la città di Camillo Cavour, 5 dicembre 2013.

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