Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dall’11 al 17 maggio 2014

Santena – 11 maggio 2014 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dall’11 al 17 maggio 2014 tratte dalla liturgia del giorno con commento alle letture domenicali.

Domenica 11 maggio 2014

Che cosa dobbiamo fare?

Pentecoste[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
At 2,14.36-41

Facendo il bene, sopportate con pazienza la sofferenza

Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.
1Pt 2,20b-25

Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Gv 10,1-10

È la voce dell’amico che toglie ogni recinzione

“Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!” (At 2,14). Queste parole risuonano decise anche oggi, alle nostre orecchie. Pietro non scarica le accuse su qualcuno o su qualche gruppo in particolare; non accusa solo i giudei (talora queste parole sono state usate in modo distorto a sostegno dell’avversione verso gli ebrei); l’apostolo accusa tutti, cominciando da sé, e poi gli altri, anche i romani e coloro che erano presenti a Gerusalemme. Nessuno si è opposto all’ingiustizia che si stava perpetrando contro quel giusto. Tutti sono stati corresponsabili, chi per paura, chi per indifferenza, chi per tradimento, chi per distrazione. E, alla fine, per lo stesso motivo: salvare se stessi e restare nella propria tranquillità. L’unico che non ha salvato se stesso è stato Gesù, per questo Dio è intervenuto e lo ha strappato dalla morte. La resurrezione è tutta di Dio. Nostra è invece la responsabilità per la morte di quel giusto; nostra è anche la responsabilità per la morte di tanti giusti ancora nei nostri giorni. Ecco perché, notano gli Atti, gli ascoltatori di Pietro al sentire il Vangelo della resurrezione “si sentirono trafiggere il cuore”. Anche ai loro occhi apparve infatti l’enorme distanza tra l’indifferenza del loro comportamento e l’intervento appassionato di Dio che libera dalla morte Gesù. Prima di quegli ascoltatori, Pietro stesso si era sentito trafiggere il cuore nel petto quando udì il canto del gallo che gli ricordò il tradimento. Ugualmente i due tristi discepoli di Emmaus si sentirono “ardere il cuore nel petto” mentre quello straniero, aggiuntosi nel cammino, spiegava loro le Scritture. Il Vangelo tocca il cuore e lo “riscalda”, ma non quando ci sentiamo buoni, sensibili, religiosi, bensì quando avvertiamo la nostra distanza da Dio, l’unico buono, quando sentiamo il bisogno di aiuto per non soccombere nella nostra debolezza.
In un mondo in cui si è fatto più raro il senso della grandezza di Dio e più frequente invece il senso della buona considerazione di se stessi, l’ascolto del Vangelo ci fa scoprire il nostro vero volto. Ed è proprio la coscienza della debolezza e della cattiveria che ci spinge a chiedere: “Cosa dobbiamo fare?”. Non è una domanda formale; è la disponibilità a cambiare il cuore. Quegli ascoltatori non dicono: “Cosa debbono fare gli altri”, bensì cosa ciascuno di loro deve fare. La risposta è nel Vangelo: seguire Gesù, il pastore buono. Il Vangelo parla di un recinto per le pecore. C’è chi vi entra per vie traverse: costui si insinua come un ladro e un brigante nella notte della paura e della debolezza, per portarsi via il cuore dei discepoli, per fiaccare la loro vita. Può trattarsi di un discorso, di una persona, di un’abitudine o di una qualsiasi altra cosa che però rapina il cuore dei discepoli. C’è invece chi entra nel recinto per la porta: è il pastore delle pecore, il “guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce”.
Nelle prime apparizioni Gesù ha trovato le porte del cuore dei discepoli chiuse per la paura e l’incredulità. Ora la porta si apre, il pastore entra e chiama le sue pecore una per una: è la parola del Risorto che chiama per nome Maria mentre sta piangendo davanti al sepolcro; è la parola che chiama Tommaso perché non sia più incredulo ma credente; è la parola che chiede a Pietro, “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”, per tre volte. È una voce diretta che chiede una risposta altrettanto diretta. Non è una voce estranea. È la voce dell’amico. Essa non conduce in un altro recinto, magari più bello e confortevole; toglie invece ogni recinzione, ogni barriera per porre davanti ai nostri occhi l’orizzonte illimitato dell’amore. Dice Paolo: voi siete liberi da tutto per essere schiavi di una cosa sola, dell’amore. Verso tale amore Gesù ci conduce. Egli cammina innanzi a noi e ci porta verso questo pascolo verde: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Chi lo segue sarà salvo, troverà pascolo e “non soffrirà mai la fame… non soffrirà mai la sete” (Gv 6,35).
Comunità di Sant’Egidio

Leggi anche i commenti nel sito  www.monasterodibose.it

Gesù innalzato, pastore delle pecore

Gesù innalzato e glorificato può essere pastore del popolo di Dio. L’immagine del gregge e dei pastori è ricorrente nei libri profetici per indicare il rapporto tra Dio e il popolo nel tempo messianico del rinnovamento. Il punto di partenza è l’amara esperienza della storia: nella monarchia, nell’esilio, dopo l’esilio, l’antico popolo di Israele sperimenta continuamente la corruzione e l’appropriazione da parte di coloro che dovrebbero esserne i responsabili per conto di Dio. Il brano parla di “ladri, briganti, estranei”: coloro che si rivolgono al gregge per un loro guadagno personale. La situazione cambia dopo la risurrezione: non più condizionato dalla presenza fisica, Gesù può davvero essere buon pastore per tutti coloro che credono in lui. Ogni credente può sperimentare la sua presenza liberante.
Continua la lettura nel sussidio per il periodo della Quaresima e della Pasqua della Cei “Svuotò se stesso” in www.chiesacattolica.it

**

Lunedì 12 maggio 2014

Il buon pastore dà la propria vita per le pecore

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Gv 10,11-18

**

Martedì 13 maggio 2014

Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Gv 10,22-30

**

Mercoledì 14 maggio 2014

Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”.
Gv 15,9-17

**

Giovedì 15 maggio 2014

Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
Gv 13,16-20

**

Venerdì 16 maggio 2014

Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».
Gv 14,1-6

**

Sabato 17 maggio 2014

Io sono nel Padre e il Padre è in me

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
Gv 14,7-14

**