Santena, La Stampa – Furchì, la difesa non si arrende: “Piena assoluzione”

Santena – 15 gennaio 2015 – Furchì, la difesa non si arrende. “Piena assoluzione”: questo il titolo dell’articolo pubblicato oggi dal quotidiano La Stampa a pagina 40 nella cronaca di Torino. Di seguito il pezzo.

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Articolo de: La Stampa – 15 gennaio 2015 – pagina 40 – Cronaca di Torino

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Omicidio Musy

Furchì, la difesa

non si arrende:

“Piena assoluzione”

Nuovo arresto per il boss D’Alcalà legato all’imputato dal caso Arenaways

Domani riprende il processo contro Francesco Furchì, accusato di essere l’assassino dell’avvocato Alberto Musy. Toccherà ai difensori, Giancarlo Pittelli, Maria Rosa Ferrara e Gaetano Pecorella tentare di smontare la requisitoria del pm Roberto Furlan che ha chiesto l’ergastolo. Pittelli sostiene che contro l’imputato non ci sono prove né indizi sufficienti non solo a condannarlo ma nemmeno a trattenerlo oltre in carcere. «E’ il capro espiatorio di un’indagine a senso unico, che doveva produrre a tutti i costi un colpevole. Ma Furchì è innocente, non è lui l’uomo con il casco che ha sparato a Musy. Abbiamo più volte invitato la polizia ad allargare il raggio delle indagini, senza esito. Chiederemo l’assoluzione, una piena assoluzione. Nessuno degli aspetti messi in luce dal pm porta al vero assassino. Daremo battaglia in aula».

La sentenza potrebbe arrivare a fine febbraio. Intanto, la sezione anti-racket della squadra mobile ha notificato ieri in carcere un nuovo ordine di custodia cautelare per Vincenzo D’Alcalà, già definito il boss di Santena, arrestato a luglio nell’operazione contro la ‘ndrangheta «Scacco al re». Tra gli indagati del primo filone d’inchiesta c’era anche Furchì. Al centro della vicenda, episodi di estorsione e usura ai danni di commercianti della zona di Santena. Durante le indagini la polizia ha scoperto presunti nuovi casi. Il ruolo di Furchì era legato alle vicende della fallita società ferroviaria privata Arenaways. Nel processo era emerso che Furchì rivendicava un credito di 400 mila euro nei confronti di un broker torinese che aveva ottenuto finanziamenti per acquisire quote della società. Furchì era convinto che quei denari gli spettassero, poiché si era a lungo adoperato per ottenerli. Di fronte ai dinieghi del manager torinese entrarono in scena boss e gregari delle cosche che minacciarono pesantemente il broker per quella somma. Preceduta da un’intercettazione tra due arrestati: «Abbiamo noi la roba di Furchì…». E da quell’ambiente criminale potrebbe essere uscito il revolver 38 special, mai ritrovato, che ha ucciso Alberto Musy.

Massimo Numa

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Fonte: articolo integrale La Stampa – 15 gennaio 2015 – pagina 40 – Cronaca di Torino.

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