Santena, Commemorazione di Camillo Cavour, l’intervento di Domenico Quirico

Santena – 6 giugno 2015 – L’intervento di Domenico Quirico, giornalista e inviato de La Stampa è stato il momento clou della commemorazione ufficiale di Camillo Cavour.

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L’iniziativa, organizzata nel 154esimo anniversario della scomparsa di Camillo Cavour si è svolta oggi, nel complesso cavouriano di Santena. Ogni anno l’Associazione Amici della Fondazione Camillo Cavour di Santena organizza la cerimonia, unica a livello nazionale, per ricordare la figura e l’opera del principale protagonista del processo che culminò nell’Unità d’Italia.

Il 6 giugno è occasione per i Cavouriani del Piemonte, d’Italia e d’Europa di incontrarsi in questo primario luogo della memoria patria in cui è sepolto lo Statista che collocò stabilmente la Penisola tra le potenze occidentali. Dopo la deposizione della corona d’alloro sulla tomba di Camillo Benso di Cavour si è svolta la conferenza ufficiale con l’intervento di Domenico Quirico.

«Non mi addentro in ricostruzioni o analisi storiche che non mi competono – ha esordito Domenico Quirico –. Parto da una constatazione singolare, arrivata per propormi la partecipazione a questa cerimonia. Il capolavoro politico di Cavour, uomo di Stato e diplomatico è nato nei luoghi del grande califfato: la questione dell’Oriente. La Straordinaria intuizione cavouriana di inserire il piccolo Piemonte, il Regno di Sardegna, all’interno del grande conflitto geopolitico dell’epoca, che riguardava appunto la questione dell’oriente, l’impero Ottomano è all’origine della storia di oggi. Impero Ottomano era anche il califfato dei potenti e lo era da secoli perché aveva ereditato la carica di capo militare e politico di coloro che praticano l’Islam. La questione dell’oriente era legata alla progressiva marcescenza dell’impero Ottomano che apriva spazi giganteschi nella geopolitica dell’epoca. L’impero ottomano si estendeva dai Balcani al Nord Africa, dal vicino oriente a quella che si chiamava via della seta. Tutta questa singolare comunanza o assonanza mi porta a riflettere sul terribile vuoto che la scomparsa del mondo diplomatico e del modo di fare diplomatica di Cavour ha prodotto nella storia mondo».

Domenico Quirico ha aggiunto: «Oggi noi in fondo viviamo una crisi del mondo cavouriano. Ci sono due cose che sono conficcate nella storia politica: la diplomazia e la guerra. Allora oggi è ancora possibile la “diplomazia Creativa”? La diplomazia cavouriana è l’assenza della possibilità di questa diplomazia non è il cuore stesso dei problemi della politica internazionale di oggi? La diplomazia cavouriano che dura come metodo sino al 1914, sino alla prima guerra mondiale, era fondata su tre elementi: la fiducia, l’acquisizione di credibilità, la possibilità che all’interno del gioco diplomatico potesse avere un ruolo la guerra. La guerra era presente come possibilità limitata e contenuta, ma che non poteva esser esclusa. Oggi una diplomazia – basata su fiducia e acquisizione di credibilità e credibilità – non è più possibile. Quealla di Cavour era una diplomazia in cui i contraenti potevano avere e dovevano avere una reciproca fiducia. Nasceva da un contrasto di interesse e non da un contrasto di valori assoluti. Questo principio ha funzionato anche all’interno del grande periodo storico che è stato quello della guerra fredda. Dove, apparentemente, uno dei due contraenti aveva come scopo l’eliminazione dell’altro, ma in realtà tutti e due sapevano che il gioco politico poteva muoversi all’interno della propria indispensabilità e della fiducia reciproca. E questo ha impedito la terza guerra mondiale. Allora, la moneta di questo mondo diplomatico e politico non ha più corso. E’ scaduta. Non può più essere venduta. Non c’è più. Perché oggi non è possibile. In questa nuova fase storica in cui il progetto totalitario islamico è la parte fondamentale, questa non accetta più la possibilità della fiducia reciproca e della reciproca acquisizione di credito. Nega l’altro. Oggi non è possibile una diplomazia perché uno dei due contraenti non vuole trattare, ma vuole cancellare l’altro. L’altro è impuro. Nella diplomazia cavouriana questo non è possibile: l’altro è parte di sè che devi contenere, e in qualche caso sconfiggere, ma che non puoi negare. Rispetto al terzo elemento, la guerra, Cavour utilizza la guerra in Crimea e ha fatto al guerra all’impero Austroungarico, cercando di porsi in posizioni di eguaglianza, se non di forza militare, nei confronti dell’avversario. Ma le guerre dell’epoca della diplomazia, della fiducia reciproca e dell’equilibrio erano appunto basate sul principio che l’avversario non si poteva cancellare. La guerra di indipendenza Cavouriana non avevo lo scopo di annientare l’impero austroungarico, ma semplicemente di contenerlo e ridistribuirlo territorialmente nello spazio dell’Europa. Ed è sulla base di questo principio che l’Europa, dai grandi sconvolgimenti dell’epoca rivoluzionaria e napoleonica, è vissuta con poche guerre o con guerre che non hanno portato a sconvolgere lo spazio territoriale. La prima guerra mondale ha fatto cadere il metodo cavouriano, con le conseguenze tremende che vediamo nei telegiornali di ogni giorno. E’ nato un concetto di guerra totale. Ma non nel senso che ogni parte delle società partecipano ed è impegnata nel conflitto. Ad esempio, tutta la società francese, dagli intellettuali, ai poveri, ai ricchi, alla borghesia, tutti i mezzi, industriali commerciali, economici, entrano in guerra. La nascita di un nuovo concetto di guerra totale, che risale alla prima guerra mondiale, arriva anche la disgregazione di un equilibrio europeo di cui Cavour è stato un presidio e uno dei protagonisti. Per cui la totalità della guerra avviene nei suoi fini, non nei sui mezzi. Lo scopo della guerra è l’eliminazione fisica dell’avversario. La sua cancellazione politica. La riscrittura della carta geografica alla fine del conflitto. Una guerra dove non ci possono essere vinti e vincitori e poi un congresso che ridistribuisca le carte. E l’esempio fu Vienna e lo stesso congresso di Parigi che portò alla redistribuzione degli equilibri e la riscrittura delle carte geografiche. La prima guerra mondiale è stato esempio classico di una guerra totale, condotta in senso totale. Questo ha portato alla sparizione di alcuni di quei protagonisti politici dell’Europa ottocentesca cui Cavour era stato parte, come impero tedesco e l’impero austroungarico, con tutto quello che ne è seguito».

Domenico Quirico ha aggiunto: «Oggi ci troviamo, in termini ancora più assoluti, nel quadro di una guerra totale. Nel senso che la nascita e lo sviluppo repentino e rapidissimo del totalitarismo islamico ci mette di fronte a un progetto, a una realizzazione di una guerra in cui non c’è semplicemente la ridistribuzione delle carte in una certa parte del mondo, ma l’eliminazione dalle carte di una serie di Stati e la creazione di un nuovo superstato, legato non più a un concetto di politica, di potenza maggiore o minore, ma un concetto di unicità collegato a elementi che sono la purezza e l’impurità. Sono parole che erano completamente fuori da dizionario politico di Cavour e dell’epoca cavouriana. L’austriaco diventa nemico ereditario non all’epoca di Cavour, ma nel 1914 e 1915, in cui viene demonizzato l’avversario per poterlo eliminare. Oggi siamo all’interno di questo discorso in cui il nemico – il miscredente, l’americano, l’occidentale, il musulmano non waabita – è impuro. Siamo all’intreno di una logica che è della biologia non della politica. Questo è il problema di oggi. E’ il disgregarsi del mondo cavouriano in cui abbiamo vissuto come europei, ma anche non soltanto come europei, fino all’altro ieri. La nascita di un discorso totalitario che esclude la diplomazia, anzi che la vieta. Il califfato non vuole trattare con nessuno. Non ci sarà nessun congresso, summit o vertice o incontro, più o meno segreto, con i capi del califfato. Capi che assolutamente non toccheranno mai la mano al miscredente, all’impuro. Per loro non è possibile trattare perché siamo all’interno di una visione biologica della contaminazione».

«Il mondo di oggi è un mondo anticavouriano, terribilmente anticavouriano – ha concluso Domenico Quirico –. Dalla ricostruzione di un orizzonte diplomatico e militare la guerra deve ritornare, necessariamentre, a essere un elemento dell’azione diplomatica. Noi consideriamo, per uno sviluppo che è soltanto nostro, la diplomazia come esclusione di guerra: si discute per non combattere. Non è così. La Diplomazia se non è appoggiata dalla possibilità della forza è una diplomazia impotente. I nostri problemi nei confronti della sfida totalitaria dell’Islam radicale, nascono dalla nostra volontà di escludere la possibilità della guerra fino all’ultimo, al di la della stessa logica. Cosa che ai tempi di Cavour non era neanche immaginabile, perché ti poneva automaticamente in una posizione di debolezza. Il recupero di una società in cui la diplomazia nasca dai concetti della fiducia e dell’acquisizione di credito nei confronti dell’altro e, nello stesso tempo, il recupero di una società occidentale che creda che tutte le guerre sono ingiuste e sbagliate, ma alcune sono necessarie per la sua sopravvivenza, è la condizione stessa perché questa nuova sfida totalitaria venga vinta».

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Di seguito l’audio integrale dell’intervento di Domenico Quirico, presentato da Gianni Oliva, dirigente scolastico dell’Istituto di istruzione superiore Majorana, di Moncalieri:

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