Santena e il revisionismo regionalistico, puntata 82

SANTENA – 12 agosto 2017 – Come sarà Santena tra 10-20 anni? Accanto alla funzione logistica, alle produzioni agroalimentari, al raccordo tra Città Metropolitana e Langhe-Monferrato-Roero, al turismo culturale, paesaggistico e rurale, c’è la funzione di custodia e di studio della storia degli Italiani. Dalla città di Camillo Cavour uno sguardo al Sud e al Nord, e ai due diversi modi di affrontare i cambiamenti del camminare insieme. Poi, chi vivrà vedrà!

 1) Dimensioni Santenesi. Santena nella sua dimensione lenta-slow è uno dei luoghi del Piemonte da praticare per le sue produzioni orticole, alimentari, ambientali, storiche e culturali. In quella veloce-fast per la collocazione centrale nella logistica del Piemonte dell’Italia e dell’Europa. Amichevole-friendly per la tradizione di accoglienza frutto della sua posizione geografica. Intelligente-smart perché è una comunità da sempre orientata all’innovazione e alla produttività del lavoro. Piacevole-lovely perché natura, paesaggio, storia e ruralità la legano indissolubilmente con la Città metropolitana, le Langhe-Monferrato-Roero, il Piemonte, il Nord-Ovest, l’Italia e l’Europa.

Michele Emiliano, governatore Puglia

2) Nuove dal Sud. Dopo Lenola, Castrovillari e Napoli, la Puglia, e forse domani l’Abruzzo, il Molise, la Campania si apprestano a rilanciare il revisionismo sul Risorgimento, coinvolgendo le loro comunità. Se fino a ieri la questione riguardava persone che valutavano diversamente la lettura del processo culminato nell’Unità d’Italia, adesso si deve prendere atto che alcune istituzioni rappresentative ed elettive hanno deciso di scendere in campo passando dal dibattito culturale all’azione politica: i Comuni, per cambiare il nome alle piazze dedicate a Camillo Cavour; la Puglia, per chiedere allo Stato di istituire il 13 febbraio “la giornata della memoria per ricordare le vittime meridionali dell’Unità d’Italia”.  Poi si vedrà.

Roberto Maroni governatore Lombardia –
ANSA/MATTEO BAZZI

3)Nuove dal Nord. Il referendum consultivo per l’autonomia della Lombardia e del Veneto, due regioni a trazione Leghista, si tiene domenica 22 ottobre.  Per Zaia, presidente del Veneto, la data è significativa: “si va al voto 151 anni dopo il plebiscito con cui il Veneto fu annesso al Regno d’Italia”. La frase così è troppo furbacchiona. Più precisamente, si tratta dell’anniversario del 1866, terza Guerra d’Indipendenza dall’Austria, in cui gli elettori del Veneto votarono l’annessione al Regno d’Italia. Dopo la legge Bassanini e la modifica del titolo V della Costituzione l’autonomia regionale, ma non il decentramento amministrativo, torna dunque di attualità coinvolgendo sinistra e destra. Sia chiaro, il referendum non chiede la secessione ma di allargare a tutte le Regioni il modello delle Regioni a statuto speciale: Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli, Sicilia e Sardegna. Al Nord restano fuori dal “plebiscito” il Piemonte, l’Emilia-Romagna e le tre Regioni a Statuto Speciale. Poi si vedrà.

Luca Zaia, governatore Veneto

4) Puglia, Veneto, Lombardia. Davvero i nostri trisavoli, bisnonni, nonni hanno sbagliato a voler costruire lo stato unitario? Addossare loro colpe che sono delle generazioni successive può gratificare le nostre malefedi ma non ci assolve dalle responsabilità. In quelle fasi storiche –parliamo di un contesto che va dalla Rivoluzione Francese, al Risorgimento, alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale– hanno fatto bene. Tant’è che, volenti o nolenti, si deve ammettere che, chi prima e chi dopo, chi più e chi meno, sempre mantenendo la distinzione tra ricchi e poveri, tutti gli Italiani –dal Sud al Nord, dall’Est all’Ovest– ci hanno guadagnato. L’Italia Unita infatti ha collocato stabilmente la Penisola nel campo delle potenze occidentali di cui ancora godiamo i benefici. Ciò senza nascondere l’analfabetismo, le fatiche, le emigrazioni, le arretratezze, i torti e i dolori affrontati dagli strati sociali più indigenti e più coraggiosi.

5) Memorialismo, autonomismo o decentramento? Un certo revisionismo serve a risvegliare le coscienze. Così è stato qualche anno fa, quando qualcuno cercò di mescolare le carte contro i valori della resistenza, del ribellismo e della lotta per la Liberazione dal nazionalsocialismo italiano e germanico. Del resto sappiamo che il sentimento unitario è in crisi al Nord come al Sud. Basta vedere la scarsa attenzione riscossa dal 150° dell’Unità d’Italia del 2011 al di fuori del Piemonte, di Roma e forse della Toscana. Allora fu sprecata l’opportunità per fare una seria riflessione su quel certo malessere che colpisce gli Italiani quando si parla della comunità Statale e di altri livelli comunitari. Il crescente analfabetismo risorgimentale certo non aiuta. Il suo incremento – conseguente all’emarginazione dai programmi scolastici dello studio del processo difficile e complesso che portò nel Mediterraneo e in Europa alla costituzione di uno stato nazionale unitario centralizzato – è preoccupante sia a livello culturale e quindi politico.

6) Funzione del Castello. Visto ciò che accade al Sud, Nord, Centro e nelle Isole il ruolo e la funzione del Castello Cavour e del patrimonio in esso custodito è belle che delineato. Il contenitore, cioè il Castello, deve solo essere riempito di contenuti. Tra questi contenuti ci sono l’autonomismo, il centralismo e il decentramento così caro a Camillo Cavour. Il “Museo” cavouriano in corso di allestimento è il luogo in cui si devono studiare e approfondire le problematiche connesse allo stare insieme di ieri, di oggi e di domani degli Italiani. Con l’aggiunta del camminare insieme con gli Europei e con tutti i popoli del Mondo. La città di Camillo Cavour ha questa responsabilità che condivide con Torino (erede e proprietaria del patrimonio), la Regione Piemonte, lo Stato e l’Unione Europea, i Volontari Amici della Fondazione Camillo Cavour e con la Fondazione stessa. Responsabilità che discende da ciò che hanno fatto gli antenati cui dobbiamo il nostro attuale benessere.

Russian President Vladimir Putin REUTERS

7) Russia agricola. Dopo l’embargo USA e UE, conseguente all’annessione della Crimea, la superpotenza Russa decise l’embargo sulle importazioni agroalimentari dall’Occidente. In questo modo constatò ciò che già sapeva: non era autosufficiente dal punto di vista alimentare. Siccome il settore è strategico, la Russia ha usato le risorse ricavate dalla vendita del gas e del petrolio all’Europa per sostenere gli investimenti in agricoltura. Favorita dal cambiamento del clima a livello globale e senza la concorrenza dei prodotti occidentali, a tre anni di distanza, la produzione agroalimentare oltre che in crescita è in fase di riconversione e riorganizzazione. Aldilà dell’embargo, prima o poi, tutto quanto doveva succedere. All’Europa e all’Italia adesso spetta trovare una risposta a questa nuova sfida.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 12 agosto 2017.

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