SANTENA – 31 marzo 2018 – Asparagi impazienti, il freddo li trattiene. Acquarelli, in Municipio e Circolo dei Lettori, a Torino aprono la Campagna Asparago 2018. Attenzione alle truffe: gli asparagi locali si riconoscono dal marchio di qualità. Avanti col Distretto del Cibo metropolitano.
1) Asparagi: attesa crescente. Le telefonate per prenotare si susseguono nelle cascine e nei ristoranti. Preoccupati per le contraffazioni, gli intenditori, i buongustai, le cuoche e i cuochi aspettano il via da parte dei coltivatori. Rispetto allo scorso anno c’è un ritardo. In campo, intanto, le gemme si sono smosse. Qualche germoglio precoce ha già fatto capolino, ma a contatto con l’aria fredda si è fermato. Solo quando ci sarà il giusto tepore, gli ormoni si metteranno in moto. A giorni, tempo permettendo, la stagione prenderà progressivamente avvio. Un primo risultato intanto è stato raggiunto. A marzo l’attenzione sulla campagna 2018 dell’Asparago di Santena e delle Terre del Pianalto è già alta. I clienti e i buongustai possono stare tranquilli, la raccolta durerà fino ai primi di giugno.
2) Circolo dei Lettori: nouvelle cuisine tra Paul Bocuse a Gualtiero Marchesi. Il Bocuse d’Or è una competizione mondiale tra cuochi. Quest’anno, proprio a Torino, per la prima volta, il premio tocca il Meridione d’Europa. La scelta di scendere al Sud, verso il clima caldo, fa incontrare la preparazione del cibo con gli ortaggi e le verdure fresche della mitica Pianura Padana. L’Asparago di Santena e delle Terre del Pianalto, prodotto di eccellenza dell’orticultura e del lavoro della Città Metropolitana Torinese e Piemontese, è l’ambasciatore dell’eccellenza degli ortaggi italiani. Ospitando la manifestazione di apertura della Campagna 2018 dell’Asparago, il Circolo dei Lettori di Torino e il Bocuse d’Or Europe 2018 OFF hanno realizzato un’operazione che salda i prodotti agricoli del territorio alla storia, arte, cucina, design, creatività, letteratura, scienza, ricerca e agronomia di Torino, della Provincia Metropolitana e del Piemonte. L’appuntamento è il 10 aprile al Circolo dei Lettori. Collaborano, tra gli altri, l’Associazione Ristoratori Santenesi e l’Azienda Vitivinicola Balbiano di Andezeno.
3) I colori dell’asparago. Il 7-8 aprile si potranno ammirare gli acquarelli degli allievi del corso organizzato dall’Università della Terza Età di Santena e Cambiano, diretto dal maestro Gianfranco Naretto. Il Sindaco Baldi ha affidato loro un obiettivo ambizioso. Rappresentare il prodotto tradizionale di Santena che, insieme a Camillo Cavour, rende famosa e attraente la Città di Santena e il suo patrimonio agricolo, paesaggistico e culturale. La mostra è allestita nella Sala del Consiglio Comunale, in Municipio. L’inaugurazione è prevista sabato 7 aprile, alle ore 16,00. Apertura domenica 8 aprile dalle 10.00 alle 13.00 e dalle14.30 alle18.00. L’ingresso è libero e gratuito.
4) Poca acqua nel Pianalto. Il 70% della Terra è coperta dall’acqua, ma il 97% dell’acqua non va bene per l’uso potabile. In presenza di cambiamenti climatici l’ONU e la CIA, il 22 marzo, giornata mondiale dell’acqua, hanno lanciato l’allarme sulle risorse e sulle riserve idriche. Nel Mondo ci sono 507 guerre per il controllo delle risorse idriche destinate all’agricoltura e all’alimentazione. Tutto ciò fa impressione. Così tanta da far distogliere l’attenzione dalla “guerra” in corso dalle nostre parti. Perché è fuor di dubbio che nel Pianalto ci sia carenza di acqua e che parte di essa sia inquinata. Il Pianalto, infatti, vive di sole precipitazioni atmosferiche e di una bassa quota derivante dalla spinta delle falde sotterranee del Po e del Tanaro.
5) Giovani in agricoltura. Nel 2016, il territorio metropolitano ospitava 980 imprese agricole a conduzione giovanile. I settori con la maggiore incidenza erano l’allevamento e le coltivazioni ad esso associate (38%, di cui il 15% relativo all’allevamento e il 23,4% relativo alle coltivazioni) e quello delle coltivazione di colture agricole non permanenti (36,7%) fra cui i cereali (20%) e gli ortaggi (16%). (Atlante del Cibo 2017 pag. 9).
6)Perché il Distretto del Cibo? Il settore ortivo è innegabilmente uno dei principali ambiti di azione delle politiche e delle pratiche finalizzate alla diffusione delle filiere corte e a una significativa rilocalizzazione dei flussi agroalimentari. Gli ortaggi di stagione sono infatti i principali prodotti presenti sui banchi dei mercati e dei farmers’ market dei centri urbani dell’area metropolitana torinese, nelle cassette acquistate dai sempre più numerosi utenti dei GAS e (ndr. nelle cascine che fanno la vendita diretta al pubblico dei prodotti del loro lavoro). (Atlante del Cibo. Torino Food System pag. 15)
7) Grazie al Louvre i Benso comprano Leri, mentre Matteo scopre l’America.
Dopo Napoleone, con la Restaurazione, tutti i ceti sociali, compresa l’aristocrazia contadina, operaia e nobiliare, dovettero riposizionarsi. Non solo verso i monarchi restaurati, ma nel con la categoria emergente, la borghesia. Borghesia piccola, media e alta. Verso quest’ultima categoria, da tempo, veleggiavano i Benso.
Per loro la vicinanza alla fonte del potere francese comportò onori e ricchezze e successive difficoltà di assestamento. Effettivamente si erano troppo sbilanciati. Basta scorrere l’elenco delle cariche che occuparono. Prima di tutti con Filippina di Sales, la nonna di Camillo Cavour, la dama d’onore della sorella prediletta dell’Imperatore. Stesso discorso vale per gli altri famigliari, diretti o acquisiti. Quando, nel 1814, il Re Vittorio Emanuele I, esiliato in Sardegna, rientrò, i problemi vennero a galla. I Benso allora si dettero un gran da fare per cercare appoggi tra amici, conoscenti e parenti. Per i loro amici Alfieri non ci furono intoppi. Anzi. I mezzi preventivi adottati per il rientro alla corte dei Savoia, si dimostrarono subito efficaci, grazie alla preveggenza di Carlo Emanuele e soprattutto di suo zio Teobaldo Alfieri. Carlo Emanuele fu subito nominato ambasciatore a Parigi, la piazza più delicata del momento. Ciò, nonostante continuasse a curare per conto di Camillo Borghese l’amministrazione di Lucedio, compito che teneva, guarda caso, insieme a Michele Cavour, il papà di Camillo. Per la verità proprio Lucedio servì a dipanare la matassa. Si sapeva che il Re voleva riprendersi quello che Napoleone gli aveva espropriato. Lo voleva incamerare senza spendere denaro, ma le potenze del Congresso di Vienna si opposero. Era proprietà del Borghese e tale rimaneva. Chi la voleva, doveva comprarla. Così era l’ordine nuovo della Santa Alleanza restauratrice. Il Borghese era disposto a cedere, ma voleva incassare una cifra notevole. Agli Alfieri l’affare non interessava. Anche il Re si tirò fuori. Piaceva invece a Michele Benso, ormai avviato a diventare un grande e moderno imprenditore agricolo. Quando fu chiaro che il Re non si sarebbe offeso, Michele cercò i soci con cui realizzare l’acquisto. Nel 1818, tirando a sorte tra i tre lotti in cui fu suddivisa la proprietà, i Benso acquisirono la parte di Leri, la tenuta del riso e del Canale Cavour.
Leri fu il paradiso di Camillo Cavour e la dannazione dei suoi eredi. Leri fu pietra di scandalo, scambiata, insieme al resto di Lucedio, con le opere italiane raccolte a Villa Borghese di Roma. Comprata da Camillo Borghese dallo Stato francese, cioè da Napoleone Bonaparte che voleva fare del Louvre il museo più importante e impressionante del Mondo. Leri, che dopo la morte di Cavour, fu oggetto di odi famigliari, perché Ainardo, l’erede maschio, non volle lasciarla in eredità né alla sorella Giuseppina, né alle nipoti, Luisa e Adele. Le nipoti di Cavour che di cognome adesso facevano nientemeno che Alfieri di Sostegno.
Le due famiglie si erano riunite. Con il matrimonio, non troppo entusiasmante, tra Giuseppina Benso e Carlo Alfieri si erano imparentati con i loro antichi e preziosi amici. A quel punto Leri divenne la fortuna dei poveri. Ainardo, dall’alto del suo disprezzo verso la sorella, lasciò quella che era considerata una delle aziende agricole più importanti del Nord-Ovest della Pianura Padana ai “Poveri Vecchi” di Torino. Si proprio al prestigioso Istituto di Assistenza che su quel beneficio ha costruito la sua fama, lasciando sulle spalle di Ainardo la nomea di squilibrato che i parenti non si curarano di smentire. Ma a parte ciò che accadde in seguito, nel 1819 con l’acquisizione di Leri veniva sancito solennemente il rientro a corte dei Benso. L’accordo fu siglato tra le colline sul confine tra Monferrato e Roero alla presenza di Carlo Felice. Cosa accadde di fatto.
A San Martino, nel 1819 si svolse un incontro al vertice di un gruppo politico familiare emergente che si collocava accanto al futuro Re. Carlo Felice salì al trono nel 1821, dopo l’abdicazione del fratello, avvenuta con lo scoppio della Rivoluzione. Una ribellione che chiedeva la Costituzione ma che già puntava ad allargare il Regno di Sardegna alla Pianura Padana. Una sommossa esplosa nelle case degli Alfieri, dei Benso e dei loro parenti e vicini di casa Balbo, d’Azeglio, La Marmora, Guglielmo Moffa di Lisio, e Carlo Emanuele dal Pozzo, Principe della Cisterna e di tanti altri. Anche questa volta il popolo fece la sua parte che come sempre non gli venne riconosciuta.
Queste cose Matteo le seppe da Domenico Bosco, che le aveva sentite dal Marchese Michele durante i lunghi e scomodi viaggi sul carro diretto a Bellangero, Grinzane, Leri e nelle cascine sparse nel Pianalto, nel Chierese-Carmagnolese. A quel punto Matteo trovò il coraggio. Si lasciò andare e raccontò a Bosco la storia di Pietro Valle, l’amico fucilato per la Repubblica di Asti. Bosco lo lasciò di stucco. Disse che Pietro non aveva capito che c’era una bella differenza tra le idee repubblicane della rivoluzione importate dagli Stati Uniti d’America e le idee monarchiche che agitavano la mente di Napoleone I. Matteo si vergognò della sua ignoranza.
Qualche mese dopo Bosco gli diede un libro che parlava della rivoluzione americana, di Franklin, Jefferson, Washington, Adams e di un sistema che prevedeva l’elezione del Presidente della Repubblica da parte del popolo. Di un nuovo mondo in cui non c’era il Re, e neppure la casta dei nobili. Dove non c’era una sola religione e i Cattolici erano minoranza. Matteo non poteva crederci. Per paura di finire male nascose il libro sul fienile dietro una trave. La curiosità però era tanta. Alla prima occasione Matteo chiese a Bosco cosa, come e quando Carlo Emanuele Alfieri era riuscito a rientrare nelle grazie dei Savoia. Bosco lo guardò. Gli chiese se sapeva tenere un segreto e senza attendere risposta cominciò a raccontare….
Gino Anchisi, da Santena, la città di Camillo Cavour, 31 marzo 2018
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