SANTENA – 4 marzo 2020 – Il Distretto del Cibo Chierese-Carmagnolese della Città Metropolitana potrebbe decollare. Città Metropolitana (Provincia) e Regione hanno votato all’unanimità gli Ordini del Giorno. Adesso tocca alle Aziende agricole, ai Comuni e ai consumatori far sentire la spinta dal basso.
La questione si è posta ai primi di novembre del 2017. Subito ha suscitato attenzione di qualche Comune della Zona e di alcune aziende. Finora però si è fermi alle manifestazioni di interesse. Il 17 aprile 2020 scade il termine per inviare le domande di partecipazione al primo bando nazionale per il finanziamento dei Contratti di Distretto del Cibo. La domanda riguardante il Distretto degli Ortaggi e della Frutta della Città Metropolitana non può essere presentata perché mancano gli elementi basilari. Ciononostante, dopo due anni e mezzo il sistema si sta mettendo in moto. Tutti a parole sono d’accordo di puntare sullo sviluppo dell’agricoltura, dell’agroalimentare e dell’agro industriale. Adesso si deve passare ai fatti.
L’impresa non è facile da realizzare. Il comparto dell’orticoltura è molto frammentato. Troppo disperso in esigue imprese famigliari, deboli dal punto di vista commerciale. La piccola dimensione delle aziende è un punto di forza per fare qualità, ma è una debolezza per fare squadra. I Consorzi, là dove esistono, sono di ridotte dimensioni. Lo stesso vale per le Cooperative. Oltre a ciò manca un fattore unificante. Non va dimenticato che una parte rilevante nel lancio dei vini e della carne di qualità in Piemonte è venuta dopo i gravi casi sanitari causati dal vino al metanolo e dalla mucca pazza. Per l’orticoltura la situazione è ancora più complicata perché i vini partivano dalla presenza dei DOC e di Cantine sociali, mentre per la carne rossa, la Fassona Piemontese era già una realtà unificante che aveva bisogno di consolidarsi.
Per l’orticoltura, tranne nel caso di Carmagnola e di Pecetto, le forme associative di aziende sono di piccole dimensioni e di livello locale. Praticamente, si è fermi ai PAT realizzati dalla Provincia di Torino più di venti anni fa e a società cooperative tra aziende. Il Distretto del Cibo della Città Metropolitana di Torino ha proprio l’obiettivo di rafforzare una situazione troppo precaria. Una realtà che ha bisogno, di fronte all’evolversi della domanda e dell’offerta, di fare sistema territoriale per salvaguardare le produzioni di qualità, utili per la salute dei cittadini e per la salvaguardia di aziende e di posti di lavoro. Un contesto che oggi, per effetto dell’invecchiamento delle maestranze e degli imprenditori agricoli e dei cambiamenti del clima, ha bisogno di ristrutturarsi. Ristrutturarsi e in alcuni casi di riconvertirsi per reggere la concorrenza in un mercato estremamente sregolato non solo sul versante della qualità ma anche sul fronte del valore riconosciuto alle produzioni dell’agricoltura.
Adesso è il momento giusto perché la Regione Piemonte faccia una scelta politica in favore dell’orticoltura. Un primo passo è stato fatto il 3 marzo u.s. approvando all’unanimità l’Ordine Del Giorno che chiede di individuare il Distretto del Cibo del Chierese-Carmagnolese e di dedicare risorse per la sua costituzione. Oltre all’individuazione dell’area, infatti è indispensabile fare gli accordi e i contratti richiesti dal Decreto Ministeriale n. 7775 del 22/07/2019 del Ministero dell’Agricoltura di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, firmato da Centinaio e Di Maio.
Sul versante zonale occorre invece superare i campanilismi per rafforzare dal basso la spinta categoriale e sociale, cioè delle aziende e delle comunità della zona. Sul fronte dei soggetti beneficiari-le aziende agricole e agroindustriali- bisogna dotarsi di strumenti operativi. La Regione e la Città Metropolitana da questo momento diventano soggetti importanti e indispensabili. In sostanza si tratta di creare le condizioni affinché il cambiamento sia messo in moto e realizzato. Operazione già sperimentata in altre occasioni in comparti agricoli (vino e carne rossa) e in altri ambiti (sanità, assistenza, rifiuti, acqua, trasporti).
Come base di appoggio ci sono per ora l’interesse di alcune associazioni di produttori e la volontà espressa dalle Giunte comunali dei Comuni della Zona.
Il tempo stringe. Se stavolta non ce la si fa a partecipare al bando, ci si deve attrezzare per la prossima occasione. Le risorse del PSR 2021-2027 sono la cartina di tornasole per verificare la volontà e la capacità della politica regionale e metropolitana di affrontare i problemi delle comunità. Questo è il momento in cui i Comuni devono investire risorse e darsi strumenti operativi, dimostrando la loro volontà di curare e tutelare gli interessi dei cittadini e delle imprese. A questo punto bisogna fare davvero squadra a livello di Zona superando ristrette visuali pseudoculturali e asfissianti localismi che rischiano di soffocare lo sviluppo sociale della zona. Dall’altra parte, la Città Metropolitana –o tramite essa i Comuni– deve prendere il timone e assumere il ruolo di soggetto proponente, così come delineato nella mozione di indirizzo approvata all’unanimità dal Consiglio Metropolitano il 6 novembre u.s. L’Accordo di Distretto, il Programma e i vari soggetti attuatori devono essere attivati da subito. Pronti per salire sul prossimo treno.
Gino Anchisi
da Santena, la Città di Camillo Cavour, 4 marzo 2020.
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