SANTENA – 26 settembre 2020 – I Comuni della Zona Omogenea 11 Chierese-Carmagnolese della Città Metropolitana Torinese entrano nel vivo della costituzione del Distretto del Cibo. Baldi, Gaveglio e Sicchiero, a nome di 23 comuni, dialogano con la Regione e la Città Metropolitana. Adesso tocca alle aziende.
Pubblichiamo le osservazioni e le proposte di emendamento al testo della bozza di regolamento regionale recante: “Individuazione e disciplina dei distretti del cibo. Articolo 43 della legge regionale 22 gennaio 2019, n. 1 (Riordino delle norme in materia di agricoltura e di sviluppo rurale) presentate al CAL (Consiglio delle sutonomie locali) del Piemonte, il 22 settembre u.s…
Il documento è stato predisposto dal costituendo Distretto del Cibo dell’Area Omogenea Chierese-Carmagnolese, formato da 23 Comuni contigui, su cui si è già ottenuto la positiva condivisione da parte del consiglio della Città Metropolitana di Torino e del Consiglio Regionale del Piemonte. A nome dei Comuni hanno firmato le osservazione il Sindaco di Santena, Comune Capofila, Ugo Baldi, il Sindaco di Carmagnola, Ivana Gaveglio e il Sindaco di Chieri, Alessandro Sicchiero. Dal testo si comprendono la portata economica, il valore sociale, la complessità e la necessità di un’operazione utile e indispensabile per tutelare la produzione di cibo buono, fresco e salutare: una delle specialità della zona sud della ex Provincia di Torino.
IL DOCUMENTO DEI 23 COMUNI
Premessa.
L’European Green Deal è un’opportunità per l’agricoltura e l’orticoltura del Piemonte della Città Metropolitana Torinese. Il Distretto del Cibo metropolitano, sulla cui istituzione il Consiglio Regionale e il Consiglio Metropolitano Torinese hanno approvato un atto di indirizzo, è l’occasione perché alle aziende agricole e al comparto agroalimentare sia riconosciuto il giusto valore. La Zona Chierese-Carmagnolese della Città Metropolitana è la green zone di Torino e provincia, all’avanguardia anche nella produzione di carni e latticini di qualità, nonché di prezioso concime organico naturale fondamentale per l’orticoltura. Un’area in cui da anni già si pratica la nuova strategia Farm to Fork, quella “dal campo alla forchetta, dalla fattoria alla tavola” che esalta il cibo pulito e salutare, la tutela degli ecosistemi, l’accorciamento delle filiere, l’agrobiodiversità, l’innovazione tecnologica, la ricerca scientifica e il valore del prodotto del lavoro. Con questa strategia, l’Unione Europea, insieme agli Stati e alle Regioni, punta fra l’altro a mettere in diretto collegamento il produttore col consumatore, al fine di contenere le distorsioni del mercato. Una decisione che ben si presta all’orticoltura e frutticoltura della zona, dove da secoli si pratica la vendita diretta in cascina di peperoni, asparagi, ciliegie, zucchine, piselli, insalate, cavoli e altri ortaggi, coltivati in quella che è la green zone, la zona verde, per eccellenza di Torino e della Città Metropolitana. Il Distretto del Cibo è il punto di partenza per inserire le aziende agricole nelle nuove politiche agricole-rurali-ambientali dell’Unione Europea, dell’Italia e del Piemonte nel periodo di pianificazione del PSR 2021-2030.Fondamentale sarà il ruolo delle aziende agricole, dell’agroalimentare, dell’agroindustria, dell’associazionismo aziendale, delle rappresentanze sindacali, dei Comuni, della Città Metropolitana e della Regione Piemonte. Oltre alla vasta rete delle aziende agricole produttrici, altri punti di forza della comunità su cui contare sono la logistica, lungo la direttrice ferroviaria e autostradale, la presenza di imprese che operano nell’agroalimentare e nell’agroindustria, l’integrazione con il mercato metropolitano e regionale. Il Distretto del Cibo inoltre è l’occasione per favorire la riconversione di parte delle coltivazioni e delle aziende del territorio e per incrementare la biodiversità coltivando prodotti più consoni al clima, ai terreni e alle risorse idriche del territorio. Il modello da copiare è quello che ha sostenuto la riconversione del vino e della carne, dopo la vicenda del metanolo e di mucca pazza. Avere una politica agricola e della biodiversità per la Città Metropolitana e il Piemonte significa ragionare sulla crescita economica e sociale di una comunità di oltre due milioni di persone, duramente colpita dalla crisi industriale. Crescita sociale che ha le sue basi nella tutela ambientale, nel paesaggio rurale, nella sostenibilità, nel corretto utilizzo del suolo e delle colture, nella riduzione dell’inquinamento, nel fare orticoltura pulita e sostenibile, nel ringiovanimento degli imprenditori e lavoratori agricoli, nella ricerca e soprattutto nel garantire redditività alle aziende agricole.
Osservazioni al testo
I contenuti riprendono in modo fedele quanto previsto dalla normativa nazionale e sono coerenti anche con la normativa europea.Circa la collocazione nell’ambito dell’articolo 3 (definizioni di distretto di cibo), in prima approssimazione ci sembra che il distretto del chierese-carmagnolese possa collocarsi nelle casistiche previste dal comma 1 lett. c) e/o lett. d). Riguardo invece la fase attuativa è importante tenere conto del fatto che i contributi pubblici (previsti in conto capitale) non superano generalmente la percentuale del 35% del costo totale delle azioni previste per lo sviluppo del settore agricolo di riferimento del distretto. Risulta quindi importante il coinvolgimento nel processo di attori motivati, aziende e istituzioni, disposti a co-finanziare le azioni del Piano di Distretto, uniti da una visione comune, che prende la forma di un business plan per una o più filiere territoriali. Quindi anche alla luce di ciò, eventuali azioni di progettazione del distretto non possono risolversi in studi “accademici” fini a se stessi, quanto invece devono divenire piani aziendali solidi con concrete possibilità di attuazione e successo, attraverso l’adozione di strumenti contrattuali. Alla luce di quanto sopra e tenuto conto della specificità rappresentata dal Distretto del Cibo della Città Metropolitana e della Zona Omogenea 11 si ritiene necessario che le istituzioni, in primis la Regione, la Città Metropolitana e i Comuni, nonché le Fondazioni Bancarie e gli istituti di credito, sostengano con adeguate risorse e con la stessa determinazione impiegata nel passato nel caso del vino e della carne bovina l’attuazione di un operazione che ha l’ambizione di consolidare le aziende agricole e alimentari e la produzione e l’accesso al cibo fresco, naturale e salutare delle persone che vivono nell’area metropolitana torinese.
Proposte di emendamento al testo.
Art.2 Finalità:
• Inserire un ultimo capoverso: “Attraverso l’enogastronomia, in connessione diretta con le aziende di produzione primaria e secondaria, favoriscono lo sviluppo turistico e ricettivo della rete dei territori che lo compongono;”
Art. 3 Definizioni
• Inserire un ulteriore punto i): “si definiscono distretti del cibo sistemi che rappresentano
una combinazione tra i punti precedenti”
Art. 4 Costituzione del Distretto del cibo
• Al punto 4, lettera a), prima di “in forma singola o associata”, inserire le parole “le imprese di lavorazione, trasformazione distribuzione e logistica dei prodotti alimentari” Sempre al punto 4, alla lettera f), aggiungere, all’inizio, “le Fondazioni,”
Art. 6 Soggetto referente
• Aggiungerei un punto e): “viene nominato dall’Assemblea del Distretto tra i soggetti aderenti all’accordo di Distretto e mantiene la carica per la durata del Piano di Distretto, con la possibilità di essere riconfermato consecutivamente una sola volta”
Art. 8 Accordo di Distretto
- Eliminare il punto f) “il soggetto referente del Distretto di cui all’articolo 6;”, lasciando il compito all’Assemblea di Distretto dopo la sua costituzione
Art. 9
- Al punto 2, dopo le parole “su proposta del soggetto referente di cui all’art. 6,”, aggiungere le parole “o di altro soggetto aderente all’Accordo”
Art. 11 Condizioni per il riconoscimento
• Al punto 3, ultimo capoverso, il parametro di 150 imprese sembrerebbe un po’ elevato, si propone un parametro di 100 imprese o comunque una riduzione
Art. 12 Riconoscimento del Distretto del Cibo
• Difficile redigere un Piano serio prima di aver ottenuto il riconoscimento. Si propone di modificare quantomeno la frase relativa in “una bozza del Piano di Distretto” (o qualcosa di simile)
Domanda/dubbio:
- – I Distretti del Cibo dovranno dotarsi di un bilancio, con tutti gli adempimenti relativi?
- – in caso affermativo, non è forse opportuno già citare qualcosa in merito nel testo del Regolamento, per evitare che poi, ogni Distretto regolamenti questa partita in modo autonomo ed arbitrario?
Gino Anchisi da Santena, la Città di Camillo Cavour, 26 settembre 2020