SANTENA – 20 giugno 2021 – I dati sull’agricoltura di Santena, del Torinese e del Piemonte. L’asparago è a triplo zero: tempo zero, chilometro zero e spreco zero. Asparagiaie patrimonio della comunità santenese e del Pianalto. Anche le fermate del pullman sono patrimonio della Comunità e dell’Umanità.
Il 2021 è l’anno internazionale della verdura e della frutta promosso dalla Fao. E’ anche l’anno del censimento generale agricolo. E’ pure il secondo anno dell’epidemia da Covid. A metà 2021 è tempo di riflettere sul sistema delle aziende agricole che producono verdure nell’area Chierese-Carmagnolese della Città Metropolitana Torinese e sulla loro collocazione nel sistema della produzione del cibo piemontese e metropolitano. Un argomento che i Comuni del territorio, tramite il Distretto del Cibo, hanno finalmente posto al centro della loro azione amministrativa e politica.
Le cifre del 2020. In Piemonte l’orticoltura copre circa 10.000 ettari. I cereali 340.000, le foraggiere 400.000, mentre la frutta 50.000 e la vite 44.000 ettari. In Provincia di Torino, oggi Città Metropolitana, l’orticoltura somma a ben 1.816 ettari, la frutta a 3.000, le foraggiere 87.000 e i cereali a 150.000. Da notare il peso significativo del 20% degli ortaggi del torinese sulla produzione regionale.
A Santena, tenendo conto della ridotta estensione del territorio, i cereali coprono una superficie di 390 ettari, i foraggi 85, i pioppeti 36 ettari. Un discorso a sé va fatto per gli ortaggi che, tra fuori suolo e in serra, utilizzano ben 125 ettari. Un’estensione consistente pari al 7% della superficie orticola metropolitana dove si fanno, a seconda dei prodotti, anche più raccolti durante l’anno. Per quanto riguarda gli asparagi la superficie pare sottostimata in quanto risulta di 13,5 ettari ma probabilmente non calcola tutte le superfici coltivate.
Gli asparagi sono utili per capire i problemi attuali degli ortaggi. Differenti da quelli dei vini, delle carni, dei cereali e dei formaggi. Diversi perché ogni verdura fa un percorso a sé. Veniamo al dunque. Com’è andata la stagione degli asparagi? Chiedono amici e conoscenti. Sulla freschezza e bontà tutti si sperticano in complimenti. A dirla tutta va bene, ma non va bene. Non ci si deve adagiare. Bisogna fare i conti con il cambiamento climatico. Alle conseguenze sulla stagionalità sulle scelte delle colture. Sulle varietà precoci o tardive. Sulle più resistenti alla siccità e possibilmente agli sbalzi di calore. Sulle tecniche di coltivazione, in campo e in serra. Sul sistema di irrigazione. Sull’uso delle micorrize e dei concimi. Sul diserbo manuale e meccanico oppure chimico. Sull’invadenza di insetti. Sulla difficoltà di trovare nuovi terreni adatti.
Siamo solo all’inizio. Perché il cambiamento delle stagionalità incide pure sul mercato, sulla domanda e offerta, sulla produzione, sulla produttività, sui consumi, sui tempi, sulle abitudini.
Ciò significa fare i conti con la relazione tra domanda e offerta e di conseguenza con la commercializzazione. La piccola dimensione aziendale, caratterizzata dalla conduzione famigliare, impone un particolare tipo di approccio. Non è un caso che a essa si affianchino sempre più forme associative che accrescono le dimensioni di scala nel fare sperimentazione, selezione, promozione, commercializzazione e valorizzazione. Tenendo conto di queste caratteristiche si tratta di valutare le modalità con cui sono compiute le scelte produttive avendo attenzione alla qualità, alla logistica, alla reperibilità di nuovi terreni. Quello dei terreni è un problema serio. Che dovrebbe essere affrontato in modo nuovo, per favorire chi vuole intraprendere un’attività agricola. Allo stesso modo è importante che oggi si tutelino le asparagiaie dalle ripercussioni causate dalle attività circostanti. Si tratta in sostanza di riconoscere a esse il valore sociale che da secoli svolgono. Il primo passo per considerarle patrimonio delle comunità.
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 20 giugno 2021