SANTENA – 10 aprile 2022 – Ricordo e ringraziamenti a Gaetano Cima, Giuseppe Musso, Giovanni Tosco, Enrico e Giovanni Visconti Venosta, protagonisti insieme a milioni di Italiane e Italiani della Resistenza, della guerra di Liberazione, della vittoria sul Nazifascismo e della nascita dell’Europa Unita.
77 anni fa, i germogli di Asparago di Santena e del Pianalto spuntavano, i Ciliegi di Pecetto fiorivano e i Peperoni di Carmagnola erano pronti per il trapianto. Nei campi lavoravano mamme, mogli, sorelle, zie, figlie, nonne, i bambini e gli anziani. Molte donne erano staffette partigiane. Gli uomini erano cauti. Il pericolo di rastrellamenti e rappresaglie era costante. Tra i giovani tanti erano disertori. Nel Chierese-Carmagnolese però l’attenzione era rivolta altrove. Si attendeva la fine della guerra civile scatenata dall’invasione della patria da parte di un esercito straniero. Dopo la defenestrazione di Benito Mussolini da parte del Gran Consiglio del Fascismo, dal settembre 1943, la Germania nazista aveva occupato il Nord e il Centro Italia insediando un governo fantoccio presieduto dal redivivo Benito Mussolini. Nonostante la presenza nel Castello Cavour del LXXV Corpo d’Armata della Wehrmacht, comandato dal Generale Hans Schlesser, la fine del fascismo e del conflitto era nell’aria anche a Santena e dintorni. L’esercito della Liberazione ogni giorno s’ingrandiva. Sia nella parte armata, i Partigiani, che impugnavano le armi spesso fornite dagli Inglesi e dagli Americani. Sia nella parte civile di chi lottava per ottenere la caduta del regime e la cacciata dei Tedeschi dal suolo italiano.
77 anni fa, il 25 aprile, in Italia finiva ufficialmente la II Guerra Mondiale. La tragedia era iniziata il 10 giugno 1940 con l’annuncio del Duce dal balcone di Palazzo Venezia a Roma. Il discorso, trasmesso via radio su tutte le piazze della Penisola, fu seguito da milioni di Italiani plaudenti. L’indomani iniziò il tentativo di invasione della Francia, risoltosi in pochi giorni in un clamoroso fallimento dal quale fummo tratti d’impiccio, come altre volte ancora, dagli alleati germanici. Il giorno dopo, 11 giugno, si ebbe il primo bombardamento aereo su Torino. Il fatto, stranamente, lasciò stupefatti coloro che avevano applaudito la dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna e alla Francia. L’Italia proletaria e fascista fin dai primi giorni diede prova della sua pessima preparazione militare rispetto alla quale alcuni militari e civili avevano già espresso le loro perplessità. Erano però voci sommesse di filo monarchici e di alcuni fascisti che si sommavano a quelle degli Antifascisti.
Non erano tempi di ascolto. Mussolini aveva assunto la guida del governo, che mantenne ininterrottamente dal 31 ottobre 1922 fino al 25 luglio 1943, dopo che i partiti di orientamento liberale, cattolico, socialista e comunista avevano dato ampia prova di incapacità e irresponsabilità. La marcia su Roma e l’incarico ricevuto dal re Vittorio Emanuele III sancivano la fine di un periodo caotico, successivo alla I Guerra mondiale, nel quale le categorie sociali emergenti negli anni Venti del Novecento cercavano di affermare i loro interessi. La soluzione vide un insieme di nazionalismo, proletarismo, autoritarismo, socialismo e corporativismo in cui i conflitti di interesse tra le masse popolari e le classi privilegiate avrebbero trovato un compromesso in nome del superiore interesse dello Stato nato con la rivoluzione fascista. La suggestione e il consenso erano consistenti. A livello mondiale il fascismo divenne un esempio da copiare. Nel 1933 la Germania guidata dal Fuhrer Adolf Hitler fece la stessa scelta nazionalsocialista degli Italiani.
La realtà però era diversa dalla facciata. Di lì a poco il regime venne allo scoperto, mettendo in mostra gruppi di potere assetati, attenti solo ai privilegi e agli intrallazzi. Trionfava l’animo violento e razzista del fascismo. Nel 1935 fu dichiarata la guerra all’Etiopia, paese membro della Lega delle Nazioni (Futura ONU), che fece scattare l’adozione di sanzioni internazionali. Nel 1936 l’Italia con la Germania appoggiò il colpo di stato del Generale Franco contro la Spagna repubblicana. Nel 1938 furono adottate le vergognose leggi razziali che colpivano primariamente gli Ebrei.
Il 16 maggio 1939 Mussolini venne a Santena. La strada, dal bivio di Fabaro al Castello, era addobbata con asparagi. Il Fascismo era al massimo del consenso, che avrebbe perso di lì a qualche mese con l’entrata in guerra. Davanti alla Tomba di Camillo Cavour il Duce era atteso da uno dei politici antifascisti più importanti d’Italia: il conte Giovanni Venosta Venosta, discendente ed erede del principale artefice dell’Unità d’Italia, che naturalmente si presentò in camicia bianca. Accanto c’era il podestà Giovanni Rey anche lui in camicia bianca. Tutti gli altri erano, chi in divisa, chi in camicia nera. I Fascisti non gradirono. La cosa fece scalpore. Dopo pochi mesi Rey fu sostituito da un Commissario nominato dalla Prefettura. Quanto a Giovanni Visconti Venosta continuò a portare avanti la sua azione di antifascista e di protagonista della guerra di Liberazione. Come rappresentante degli interessi della Fiat a Roma, cospirò per favorire la destituzione di Benito Mussolini mettendo in serio pericolo la sua vita. Scampato fortunatamente alla inaffidabilità di Badoglio, alla furia dei fascisti e dei Tedeschi seguita alla sostituzione di Mussolini da parte del Re, dopo l’8 settembre assunse incarichi di governo con Bonomi, Parri e soprattutto con l’amico Alcide De Gasperi. Giovanni Visconti Venosta è un protagonista della storia italiana del Novecento che somma in sé Antifascismo, Resistenza, lotta per la Liberazione, Ricostruzione della Nazione. Altro grande artefice di questa storia è stato suo fratello maggiore, il marchese Enrico Visconti Venosta*, morto in combattimento durante uno scontro con le truppe di occupazione tedesche il 4 marzo 1945. Già in età, sessantaduenne, il suo amore per la democrazia e il suo antifascismo lo portarono a impegnarsi in prima persona nella guerra di Liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca alleata dei fascisti della Repubblica Sociale Italiana. Da notare: Enrico e Giovanni Visconti Venosta erano gli eredi di colui che aveva lottato per unificare l’Italia divisa in piccoli staterelli regionali che il fascismo, ormai in disfatta, aveva nuovamente spartita consegnandola ai Nazisti.
Enrico e Giovanni Visconti Venosta si sono battuti per la libertà e la democrazia così come hanno fatto negli anni del Fascismo un numero crescente di donne e di uomini. Diventati milioni da quando nel 1941 e nel 1942 divenne evidente che la Guerra era sbagliata e destinata a sicura sconfitta. Tra questi Italiani, tre tra altri Santenesi meritano una speciale menzione. Sono i Partigiani caduti nella guerra di Liberazione Giuseppe Musso e Giovanni Tosco e il cittadino Gaetano Cima per la sua opera di difesa e di tutela nei confronti di ebrei perseguitati a seguito delle leggi razziali.
Enrico, Giovanni, Giuseppe, Giovanni e Gaetano sono persone tra loro differenti accomunate dal sogno di un mondo nuovo. Un sogno che con l’invasione odierna dell’Ucraina da parte della Russia ripropone l’ideale di un’Europa unita in un Mondo unito.
A tutti gli Italiani di oggi e di ieri è dedicata la canzone “Bella Ciao” nella sua versione più diffusa.
«Una mattina mi son svegliato,
oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.
O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
E seppellire lassù in montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Ti diranno «Che bel fior!»
«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!»
*Enrico Visconti Venosta (3 maggio1883- 4 marzo1945), Maggiore di Cavalleria di riserva, ha combattuto da volontario con il grado di Maggiore del 21° Reggimento di Fanteria, Gruppo di Combattimento “Cremona” inquadrato nel 5° Corpo d’Armata Britannico.
Il Gruppo Cremona, operativo con armamento britannico dal novembre 1944, faceva parte del CIL (Corpo Italiano di Liberazione). L’equipaggiamento era britannico e così le uniformi, che tuttavia conservavano mostrine e stellette militari e distintivi di grado del Regio Esercito e portavano una fascetta tricolore sulla manica sinistra. Tra le unità partigiane, l’unico inserimento organico a livello ufficiale nei Gruppi di combattimento, proprio nel “Cremona”, a partire dal 19 febbraio fino al 19 maggio 1945 fu quello della “Brigata Gordini” (XXVIII Brigata Garibaldi) comandata dal Tenente Arrigo Boldrini, comandante Bulow.
Il “Cremona” fu costituito il 25 settembre 1944ad Altavilla Irpina (AV).
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 10 aprile 2022