TERNAVASSO (Poirino) – 2 aprile 2023 – Un allevamento intensivo di 8.500 maiali non è agricoltura 4.0. L’innovazione sta: nella produzione di cibo salutare, nella commercializzazione a valori sostenibili, nell’associazionismo tra aziende agricole, nel riconoscimento della funzione sociale dei coltivatori, nella unicità della biodiversità del Pianalto. In ballo il cambio della destinazione d’uso dei terreni.
C’è chi fa il San Daniele e il Parma e chi ospita gli allevamenti suini. La notizia di un grosso allevamento intensivo nel giovane Pianalto non è cosa da prendere alla leggera. Neppure da lasciare nelle mani delle sole istituzioni elettive. Nemmeno in quelle di un mondo agricolo “prigioniero” della Grande Distribuzione Organizzata e della burocrazia. Neanche di un sistema che non comprende il valore strategico e libertario della autoproduzione e produzione di cibo a livello famigliare, locale e metropolitano. In ballo c’è il rapporto tra città e campagna. Fra domanda e offerta. Tra mercato e ambiente.
I maliziosi dicono che la cosa sia ormai decisa. Che aspettano l’esito della Conferenza dei Servizi. Che l’allevamento si farà nonostante l’impatto ambientale, odorifero, sociale, occupazionale ed economico sul territorio circostante. Altri dicono che invece la battaglia deve ancora incominciare. L’allarme viene da Ternavasso, millenario borgo di cui è stato proprietario Giuseppe Thaon di Revel di Sant’Andrea, primo comandante dell’Arma dei Carabinieri. Storico snodo idraulico di un’ area povera d’acqua in cui c’è l’unico DOP del pesce di acqua dolce: la Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino. Luogo di belle aziende della ristorazione, di attività sportive e ricreative insediate da anni che lamentano inevitabili danni. Luogo di beni culturali, paesaggistici e ambientali unici, dove sta succedendo qualcosa di rilevante per i Poirinesi, i Pianaltesi, i Metropolitani, i Piemontesi e gli Italiani.
Oggi il Pianalto vive una fase nuova. L’industria è in declino mentre l’agroalimentare è in espansione con le sue correlazioni con l’agroindustria, il turismo, la ristorazione, i servizi e la logistica. Il suo sistema sociale, collocato tra Langhe, Roero e Monferrato e Torino, sta facendo i conti con l’agricoltura 4.0. L’invecchiamento degli imprenditori agricoli e la difficoltà di inserire giovani imprenditori non eredi di famiglie coltivatrici segnala una crisi insidiosa. Da una parte c’è la valorizzazione della biodiversità e del cibo, notoriamente di alta qualità, prodotto da aziende piccole e altamente specializzate. Dall’altra c’è “l‘ineluttabilità” delle grandi dimensioni le cui produzioni intensive richiedono lavorazioni esercitate da contoterzisti, da contratti di soccida e, nel caso dell’orticoltura, frutticoltura e viticoltura, da lavoranti stagionali o a chiamata.
Il Pianalto è a un bivio. Il progetto di un allevamento intensivo di maiali, destinati alla produzione di prosciutti San Daniele del Friuli o Parma dell’Emilia richiede da parte della politica e delle istituzioni un’attenta valutazione dei pro e dei contro. Perché c’è il rischio che si apra una breccia. Dalla quale potrebbero passare altri allevamenti che Cuneese, Emilia. Lombardia e Veneto non vogliono più perché inquinanti. Impianti che potrebbero stravolgere l’attuale equilibrio agrario, ambientale, idraulico, igienico e territoriale di un’area che ha sempre dato un grande contributo allo sviluppo agricolo e sociale della Comunità torinese. Simbolo della sana vitalità del rapporto tra campagna e città, tra ruralità e conurbazione.
Un’area nota per essere la più scarsa di acqua di tutta l’area Metropolitana Torinese, ma anche produttrice di cibo fresco e buono, accessibile per tutti.
Gino Anchisi
da Santena, città di Camillo Cavour, 2 aprile 2023.