SANTENA – 28 maggio 2023 – Castello Cavour: nel 162° anniversario della scomparsa dello Statista una cerimonia unica a livello nazionale ricorda l’opera dei nostri antenati. Per Torino, Piemonte e Fondazione Cavour la svolta è venuta dalla collaborazione con la comunità locale e i volontari dell’Associazione Amici. Santena è così o è il suo contrario?
Santena, come l’Italia, è un piccolo punto nell’universo. La si incrocia percorrendo il sistema autostradale e ferroviario che collega Torino e il Piemonte all’Europa, alla Pianura Padana e al Mediterraneo. E’ uno snodo logistico inserito in un’area –il bacino idrografico della Banna– in cui il settore agroalimentare ben si integra con l’agroindustria, la produzione di vini, la coltivazione di ortaggi, asparagi, cereali, frutta, foraggi, erbe officinali. Con l’allevamento animale per carni, latte e latticini. Con la ristorazione, il turismo, il benessere, il paesaggio, la salute, i servizi, il tempo libero, la ricerca, il commercio, l’artigianato, i trasporti e l’industria. Sulla città e sull’intera area soffia lo spirito di Camillo Cavour che è qui sepolto dall’8 giugno 1861.
Santena è un punto fermo della memoria patria. Un’idea che apre nuovi orizzonti. Santena ben rappresenta lo spirito delle generazioni che ci hanno preceduti nel costruire l’Italia Unita: prospera, sicura, aperta all’Europa, in cui è una fortuna nascere e vivere. Un luogo descritto nel volume “Il Castello di Santena”, ed. Pluriverso Torino-Firenze, 1992, che offre buoni spunti per riflettere sul valore odierno del patrimonio custodito. Una traccia da riempire di contenuti, utili per comprenderne l’importanza a livello nazionale, europeo e mediterraneo. Nelle “Due ragioni per salvare Santena” l’ambasciatore Sergio Romano punta lo sguardo sulle relazioni internazionali della famiglia e sul contesto in cui è cresciuto e si è formato il principale protagonista del processo culminato con l’Unità d’Italia. Il Castello era un “relais”, cioè una tappa, un albergo, “…un circuito di ville e di chateaux che formano … la patria famigliare e intellettuale di Cavour. …che compongono una “nazione” che non corrisponde a nessuno degli Stati dell’epoca… tra la Svizzera, la Francia (la Savoia n.d.r.) e il Regno di Sardegna”. “Questo Stato senza confini è una repubblica governata da un’oligarchia di famiglie unite da legami di sangue, amicizia, affinità intellettuale (e aggiungerei, n.d.r., concomitanza di interessi molto concreti)”. La considerazione è incompleta. I Benso erano costruttori di reti e relazioni sociali ben più ampie. Significativo è il riferimento alla repubblica. La forma istituzionale della Svizzera, da cui veniva la più che sostanziale parte materna della famiglia di Camillo. Senza dimenticare quella savoiarda, rappresentata dalla nonna Filippina, discendente dalla famiglia di San Francesco di Sales (1567-1622). Il riformista cattolico –non controriformista– citato da Papa Francesco nella lettera apostolica “Totum amoris est” del 28 dicembre 2022: “Quasi tutti quelli che hanno trattato della devozione si sono interessati di istruire persone separate dal mondo. Io intendo offrire i miei insegnamenti a quelli che vivono nelle città, in famiglia… e che in forza del loro stato, sono costretti, dalle convenienze sociali, a vivere in mezzo agli altri “.
Santena è dunque ben più di ciò che appare a prima vista. Il patrimonio culturale e paesaggistico, di proprietà della comunità torinese, gestito dalla Fondazione Cavour, è un pozzo senza fondo, in gran parte da esplorare. Santena, al tempo di Cavour e dei suoi contemporanei, era l’espressione del nuovo che avanzava trasformando le relazioni sociali. Perché il castello dei Benso non era solo un relais ma il centro direzionale di una rete di aziende agricole disseminate nel territorio del Bacino idrografico della Banna e del Pianalto. Un’area vasta, racchiusa tra Villanova d’Asti, Carmagnola, Torino e Chieri con relazioni con il Chivassese, la collina Chierese, il Monferrato, il Roero. E quindi con le Langhe e Grinzane Cavour e con il Vercellese e Leri di Trino. Per poi investire, tramite le relazioni imprenditoriali, il settore agricolo e industriale del Regno Sardo-Piemontese, della Pianura Padana e quindi dell’Italia.
Santena e il bacino idrografico della Banna erano luogo di lavori, di innovazioni e di relazioni che si amplificavano. Dove i Benso, abbandonando i vecchi privilegi riservati all’oligarchia, ricercavano nuove alleanze. Necessarie per governare il cambiamento in corso, sostenuto dalle scoperte scientifiche, dalle innovazioni tecnologiche e istituzionali e dall’emersione di categorie sociali portatrici di nuovi interessi e richiedenti nuovi servizi pubblici e privati. Di persone i cui valori, doveri e diritti avevano radici nel Cattolicesimo, nell’Illuminismo e nella Costituzione. Un sistema nel quale i Benso, guidati da Filippina di Sales, dall’arrivo di Napoleone I in poi, erano schierati sul fronte progressista e riformista. Cioè sul versante della nobiltà imprenditoriale orientata sulle rendite da lavoro e da investimenti piuttosto che adagiata sulle rendite di posizione. Interessati ad allearsi con cittadini che progressivamente uscivano dalla condizione di servi e con l’emergente borghesia agricola, commerciale, industriale, impiegatizia, tecnica e operaia, capace di imporre la costruzione del Canale Cavour e del Tunnel del Frejus. Un’ alleanza basata sull’idea illuminista, di Cesare Beccaria e di Adam Smith. Dove la ricchezza della nazione era prodotta dal lavoro dell’operaio e dell’imprenditore. E cioè dalla produttività del lavoro che, spazzando via i vecchi privilegi castali, chiedeva di avere rappresentanza nelle istituzioni e garanzie dalla Costituzione sulla base dello slogan politico della rivolta delle colonie americane ”No taxation without representation”.
Santena era ed è simbolo della modernità. Del paesaggio moderno. Non fu un caso, infatti, l’affidamento, nel 1830, all’Architetto Xavier Kurten della trasformazione del Parco che circonda il Castello. Un’operazione che collocava saldamente la famiglia nel contesto politico nato dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, del quale facevano parte alcuni protagonisti delle rivoluzioni del 1821 e del 1848.Compresi gli amici Alfieri di Sostegno, Beraudo di Pralormo, Thaon di Revel, Roero e i Balbo, nonché i re Carlo Felice e a Carlo Alberto. Una rete di 17 parchi paesaggistici che oggi fanno il paio per rilevanza con il Paesaggio Unesco di Langhe, Roero e Monferrato e con le Residenze Sabaude.
Santena e l’area circostante non sono un dormitorio della periferia torinese. Sono l’orgogliosa componente della storica provincia rurale che circonda il capoluogo piemontese. La campagna che nutre Torino con cibi freschi e salutari. In cui l’agroalimentare e la logistica – poggianti sulle infrastrutture autostradali e ferroviarie mediterranee ed europee – sono i settori portanti di un sistema a maglie. Una rete che si identifica con il Bacino idrografico della Banna e con il Pianalto. L’area che collega la Città Metropolitana Torinese con il Roero, il Monferrato e le Langhe con il Sud Piemonte, la Pianura Padana, la Liguria, il Mediterraneo e l’Europa.
Santena e l’area circostante si riconoscono nel riformista e progressista Camillo Cavour, lontano parente di San Francesco di Sales, cui San Giovanni Bosco s’ispirò nel fondare la Famiglia salesiana. Nel Cavour politico, capace di rappresentare nelle istituzioni e in Europa la complessità degli interessi emergenti nella società del suo tempo. Una società aperta alle innovazioni istituzionali, scientifiche, tecnologiche scaturite dal processo di globalizzazione. Che nel Risorgimento, sotto la spinta degli interessi divergenti delle superpotenze dell’Ottocento, vide formarsi l’Italia. Un nuovo Stato unitario, nato nel cuore del Mediterraneo, saldamente ancorato all’Occidente e all’Europa. Un’opera complessa che, per dirla con il compianto Professor Giorgio Lombardi, fu guidata da “…Camillo di Cavour, il meno italiano, forse, degli uomini politici del Risorgimento ed il più europeo dei politici italiani…”.
Santena è tanto altro. Ha molte ragioni per essere salvata. Piaccia o no, ricorda alle coscienze l’enormità dell’eredità ricevuta dalle generazioni che ci hanno preceduti. E rammenta le responsabilità verso quelle che ci seguiranno. La sua sorte è sempre in bilico perché gli Italiani, e gli stessi impacciati Torinesi e Piemontesi, ancora non hanno fatto bene i conti con le conseguenze del processo di Unificazione. La stessa Santena talvolta, nonostante ciò di cui dispone, si comporta al contrario di come dovrebbe. In bilico tra la ricerca incessante di un equilibrio tra virtù cardinali e vizi capitali.
Santena è luogo della storia patria. Qui il 6 giugno 2023, nel ricordare il 162° della scomparsa di Camillo Cavour, si commemora il 175° anniversario del 1848, del Tricolore, dell’Inno, dello Statuto Albertino e dell’avvio della costruzione della Linea ferroviaria Torino-Alessandria-Genova. Un anniversario in cui l’identificazione – nell’opera e nell’azione del contadino-tessitore e dei suoi contemporanei– da parte dei Santenesi, Torinesi, Piemontesi ed Italiani è forse più forte di quanto si creda.
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 28 maggio 2023