SANTENA – 28 marzo 2024 – Il 23 e 24 marzo scorso l’Unitre Cambiano Santena ha organizzato un viaggio in Savoia. Il resoconto.
Viaggio in Savoia Alle cinque del mattino di questo fine marzo, il giorno certo non offre il suo aspetto più invitante ad intraprendere un viaggio: è uggioso, umido e buio. Nessun rumore di automobile in movimento neppure lontano, solo lo scalpiccio prodotto da passi sul selciato di sienite ed il rotolio dei trolley di alcune persone avviate al luogo d’incontro concordato, posto di fronte al municipio. Una singolare esperienza sensoriale.
Quaranta persone, soci di questa Unitre ed alcune altre ancora raccolte in punti diversi a Chieri e a Cambiano, trovano posto sul pullman con destinazione la Savoia. La vista del panorama che scorre via è piacevole ed il viaggio tranquillo ed in questi frangenti diventa gioco facile raccordare i luoghi che si andranno a visitare con i tanti momenti ed episodi legati al Risorgimento ed al processo di Unificazione del Paese che noi “cavouriani”, storici dilettanti, amiamo ricordare e approfondire negli incontri on-line quindicinali.
Dopo circa tre ore di viaggio ci accoglie Chambery, una cittadina di 130 mila abitanti, già capitale del Ducato di Savoia di cui anche il Piemonte occidentale faceva parte. Nel 1563 Emanuele Filiberto decise di spostare la sede ducale a Torino poiché ormai era tramontata la possibilità di acquisire ad occidente nuovi territori per la presenza incombente di un forte Stato francese unificatosi a metà di quel secolo, mentre al di qua delle Alpi le realtà territoriali di signorie, contee e marchesati, erano meno solide, più fluide e potenzialmente acquisibili. Nella esposizione delle guide che ci accompagnano si può evidenziare una considerazione costantemente ripetuta e oggetto di possibili approfondimenti e cioè la presenza di un prima e un dopo: un prima e un dopo il trasferimento della capitale a Torino ed un prima e un dopo la cessione della Savoia alla Francia nel 1860.
Capitiamo davanti alla fontana degli elefanti detta dei “quatre sans cul”, poiché ci mostra quattro elefanti che si voltano reciprocamente il fondo schiena, che però non è visibile perché inglobato all’interno del basamento di una stele-monumento dedicato ad uno strano personaggio: il generale dell’esercito francese Bénoit de Boigne viaggiatore, esploratore e, a quanto pare, anche millantatore di vite mai vissute, ma benefattore della sua città.
La parte più interessante della città è quella medievale: un reticolo di vicoletti, budelli e corridoi all’apparenza scavati all’interno di case che sembrano sorreggersi a vicenda, un sistema vascolare che pone in collegamento il silenzio e le solitudini di cortiletti interni, costantemente in ombra, e di ingressi di piccoli appartamenti ricavati in disordinate e armoniose architetture di necessità. E’ un luogo sorprendente da vivere con calma.
Dedichiamo la restante parte della mattina alla cattedrale di San Francesco di Sales, edificata nel XIV secolo, divenuta sede vescovile dopo le ripetute richieste al Papa di potersi sottrarre all’autorità del vescovo francese di Grenoble. La chiesa è uno splendido esempio di gotico “flamboyant”(gemello, penso, del gotico “fiorito o manuelino di Lisbona) che contiene il ciclo di “trompe l’oeil” più esteso di Francia, un inganno per gli occhi, un intreccio di linee curve, che i chiaroscuri e le ombreggiature sapientemente dosati rendono tridimensionali, racchiuse all’interno di vele e costolature proprie dello stile gotico. Gli stessi motivi ornamentali che si ripetono sul soffitto della cappella palatina posta all’interno del perimetro del castello che domina la città.
Nel pomeriggio, dopo pranzo, come stabilito nel programma, ci ritroviamo sul pontile dell’imbarcadero in attesa di sistemazione sul battello che ci condurrà all’Abbazia di Hautecombe. Questa si intravede a fatica in lontananza sull’altra sponda del lago del Bourget, una chiazza chiara, appena al di sopra del livello dell’acqua, posata sul fianco scuro della montagna non illuminato dal sole, la cui luce accecante riflessa sull’acqua rende più difficoltoso a noi il percepimento dei particolari architettonici dell’edificio che si rendono evidenti, invece, appena sbarcati. E’ stato un monastero cistercense, poi benedettino riattato più volte nei suoi nove secoli di vita, fino ad assumere le attuali caratteristiche architettoniche dello stile gotico fiammante con l’ultimo intervento di restauro voluto dal Re Carlo Felice. Da tempo è diventato mausoleo e luogo di sepoltura o semplice cenotafio dei Duchi di Savoia e di sovrani del Regno di Sardegna e del Regno d’Italia.
La situazione metereologica del giorno dopo, domenica, è incerta. Occorre sempre munirsi di ombrello per ogni evenienza avversa del tempo, che infatti si manifesta ben presto innaffiando con una pioggia fine le strade del centro storico di Annecy occupate da decine di bancarelle. Alle undici si parte per il tour del lago. L’acqua è limpida, non inquinata, risultato dell’impegno di un amministratore visionario che ancora negli anni cinquanta riuscì a convincere le amministrazioni delle località rivierasche a finanziare la costruzione di un anello di tubazioni intorno al lago che servissero a convogliare in un depuratore le acque reflue prodotte. Oggi quello di Annecy è definito “il lago più azzurro di Francia”.
Nel pomeriggio che ci resta, dopo pranzo, diventa piacevole camminare per la città accompagnati da una guida, una signora milanese là residente, alla scoperta del parco, del castello, e di quell’intreccio di piccole strade, di ponti colorati e dei “quais” ornati di fiori di campo che collegano le due parti della città separata dall’emissario del lago, con l’intermezzo gradevole di poter ascoltare le armonie e le evoluzioni di un coro di voci all’interno della chiesa di Saint Maurice. Sono le sei, è ormai sera e dobbiamo tornare a casa.
Gianfranco Bordin, presidente Unitre Cambiano Santena