SANTENA – 20 aprile 2024 – Adesso sono 115.000. Ma quanti se ne possono allevare: 250 mila, mezzo milione o un milione? Quanti ne può reggere un territorio così singolare? Ci vorrebbe una moratoria come per i grandi centri commerciali. Che fine farà la strada provinciale 132 e chi pagherà?
Più consona sede di discussione del Castello Cavour di Santena non c’è. Da qui nell’Ottocento è partita, alla ricerca di nuovi incroci più produttivi, la rivoluzione nell’allevamento di animali da carne, compresi i suini. I Benso e i loro contemporanei, nel Pianalto del Bacino Idrografico del fiume Banna, hanno puntato sulla meccanizzazione, sui concimi e sulla produttività per rispondere alla domanda di cibo proveniente dalla popolazione in forte crescita numerica. Da allora la Provincia di Torino è diventata, e ancora lo è, una tra le più importanti aree agricole d’Italia. E il Pianalto del Bacino Idrografico della Banna è il suo cuore pulsante per numero di aziende agricole, specializzazioni, innovazioni, produzioni, biodiversità dei cibi, per lo sviluppo dell’agroalimentare.
Oggi, per ignavia, questo ben di Dio rischia di grosso. E dunque la domanda sulla utilità di insediare mega allevamenti industriali di suini è sacrosanta. Giovedì 18 aprile si è parlato di politica e di interessi che riguardano i diversi comparti propulsivi del Pianalto. Di scelte che favoriscano l’evoluzione del sistema sociale e produttivo mettendo a frutto la posizione geografica strategica di snodo tra Europa e Mediterraneo. Dove la logistica fa da volano all’agroindustriale. Mentre le infrastrutture autostradali e ferroviarie, i beni culturali e paesaggistici possono dare ottime ricadute sui comparti agricolo, ricettivo, ricreativo, alberghiero, turistico, formativo, sanitario, artigianale, industriale e dei servizi alle persone e alle imprese.
Il Bacino della Banna oggi deve integrarsi con l’area metropolitana torinese, il Sud Piemonte e il Roero, Monferrato e Langhe mantenendo i propri caratteri. Molto dipende da quanto accadrà nel settore agricolo. In particolare nel comparto suinicolo. Si tratta infatti di decidere tra due strade. La prima, punta sulle caratteristiche tradizionali e sullo spirito innovativo, sempre in anticipo sui tempi e non al traino di altri. L’altra è quella della resa a chi viene da altrove. A capitali industriali e finanziari provenienti dalla provincia di Cuneo e da altre Regioni. Interessati a impadronirsi dell’uso di vaste aree agricole dove impiantare allevamenti intensivi di maiali. Agli incentivi e alle esenzioni fiscali legate alla produzione di energia solare agricola. Imprese disinteressate al corretto uso di suoli e di terreni da sempre vocati alla produzione di cibo fresco, salutare e strategico.
I rischi sono evidenti. L’insediamento selvaggio di allevamenti di maiali a dimensione industriale ha una caratteristica che lo contraddistingue. Il suo impatto è invasivo e non è integrabile con il sistema sociale e ambientale attuale. Anzi causa danni e svalutazioni permanenti che ledono interessi e iniziative presenti e future. Specialmente in un territorio così circoscritto e così delicato qual è il Bacino del Banna. Con poche precipitazioni, con scarso dilavamento delle falde superficiali. Già indicato come zona rossa compromessa dallo spandimento dei nitrati: la pipì dei maiali.
Gino Anchisi da Santena, la città di Camillo Cavour, 20 aprile 2024.