Santena – 20 marzo 2011 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 20 al 26 marzo tratte dalla liturgia del giorno, con spigolature dal terzo capitolo degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020.
Domenica 20 marzo 2011
Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Mt 17,1-9
Mentre contempliamo le cose del cielo veniamo coinvolti e trasformati
Il Vangelo della Trasfigurazione descrive quanto accade durante ogni Liturgia Eucaristica domenicale. Dopo i sei giorni feriali Gesù ci raduna e ci conduce in disparte, in un luogo “alto”. Abbiamo bisogno di salire un po’ più in alto, non per fuggire o evadere perché poi tutto resti come prima. Nella Liturgia contempliamo un modo diverso di vivere, di sentire, di comportarci. E mentre contempliamo le cose del cielo veniamo coinvolti e trasformati interiormente. Qui diventiamo quello che vediamo. Non siamo saliti sul monte da soli o per nostra iniziativa. È il Signore che ci ha chiamati e condotti. Scrive l’evangelista che Gesù “prese con sé” i tre discepoli. “Prendere con sé” è il desiderio di sempre di Gesù. Nel Vangelo di Giovanni questo desiderio si trasforma in preghiera: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato” (Gv 17,24). È appunto quello che accadde sul Tabor. È quello che accade sul monte della Santa Liturgia. Ai discepoli di allora e di oggi si presenta un evento davvero fuori dell’ordinario, lontano dagli scenari abituali. “E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”, nota l’evangelista. Pietro, coinvolto da questa luce, prende la parola e propone di fare tre tende. È chiaro il suo desiderio di restare lì in compagnia di Gesù, Mosè ed Elia. Ma viene interrotto da una voce – è questo il centro dell’avvenimento – che esce da una nube, anch’essa luminosa, che avvolge tutti: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. Dalla nube che avvolge il libro santo delle Scritture è uscita anche per noi, come lo fu per Pietro, Giacomo e Giovanni, la voce del Signore: “Ascoltatelo!”. “Ascoltate il Vangelo!”, potremmo tradurre. È la parola più preziosa, più chiara, più luminosa che il Signore ci ha donato. Pietro si accorge che quel Gesù che gli sta di fronte è molto più di quello che lui e i suoi compagni hanno compreso sino a quel momento. Quel Gesù, con il quale da tempo camminavano e che certamente ammiravano per la sua bravura, quel Gesù si rivela qualcosa di molto oltre rispetto a quello che avevano pensato. Quei tre uomini si trovarono all’improvviso immersi in un’avventura più seria e più profonda di quanto pensavano. Così è per noi il Vangelo. Se lo accogliamo saremo trascinati in un’avventura nuova, più grande e più bella di quello che noi riusciamo a immaginare. Pietro prende la parola ed esclama: “È bello per noi essere qui!”. Vuole restare lì. Forse pensa che l’amore sia un attimo straordinario da vivere, solo un’avventura particolare da prolungare, un’esperienza totalizzante da cercare di conservare. Ma viene raggiunto da una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. Sì, con il Signore l’amore non è un momento magico, ma un incontro, un volto, un uomo che cammina con noi. È il volto più umano, quello che ascoltiamo quando viene proclamato il Vangelo. È il suo corpo che si lascia spezzare per nutrire il cuore. È il volto umano, debole e concreto che contempliamo nei poveri. Ed è davvero bello per noi godere di questa luce. È bello che i fratelli stiano assieme. È bello che gli anziani ed i giovani, i sani ed i malati, godano dello stesso amore. È bello perché nessuno può impadronirsene. La Santa Liturgia è bella perché riflette la forza luminosa dell’amore di Dio. Gesù dice ai suoi discepoli che erano caduti a terra, come schiacciati dalla loro pochezza: “Alzatevi e non abbiate paura”. Infatti, la vita può diventare bella, piena di senso, luminosa come quella di chi vuole bene. Non abbiamo paura: il volto dell’amico Gesù, che trasforma i cuori ed il mondo, resta con noi! Guardiamolo. Riconosciamolo. Ascoltiamolo. Cambiare la propria vita significa ascoltare lui e non le nostre ragioni o abitudini. Lui ha vinto la morte ed ha fatto risplendere la vita. È luce d’amore che non finisce e che illumina i nostri occhi. Ed è una luce che si trasmette. Gesù “ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita”, scrive l’apostolo Paolo. Tutto risplende ed acquista colore con l’amore. È bello contemplare il suo volto. È la bellezza di Dio, bellezza dell’uomo amato che ama. E la vita amata risorge.
Comunità di Sant’Egidio
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Lunedì 21 marzo 2011
Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».”
Lc 6,36-38
Occorre tenere presenti, poi, alcuni nodi esistenziali propri dell’età giovanile: pensiamo ai problemi connessi a una visione corretta della relazione tra i sessi, alla precarietà negli affetti, alla devianza, alle difficoltà legate al corso degli studi, all’ingresso nel mondo del lavoro e al ricambio generazionale.
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Martedì 22 marzo 2011
Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».”
Mt 23,1-12
La comunità cristiana si rivolge ai giovani con speranza: li cerca, li conosce e li stima; propone loro un cammino di crescita significativo. I loro educatori devono essere ricchi di umanità, maestri, testimoni e compagni di strada, disposti a incontrarli là dove sono, ad ascoltarli, a ridestare le domande sul senso della vita e sul loro futuro, a sfidarli nel prendere sul serio la proposta cristiana, facendone esperienza nella comunità. I giovani sono una risorsa preziosa per il rinnovamento della Chiesa e della società. Resi protagonisti del proprio cammino, orientati e guidati a un esercizio corresponsabile della libertà, possono davvero sospingere la storia verso un futuro di speranza.
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Mercoledì 23 marzo 2011
Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».”
Mt 20,17-28
L’opera educativa si gioca sempre all’interno delle relazioni fondamentali dell’esistenza; è efficace nella misura in cui incontra la persona, nell’insieme delle sue esperienze. Come è emerso dal Convegno ecclesiale di Verona, gli ambiti della vita affettiva, del lavoro e della festa, della fragilità umana, della tradizione e della cittadinanza rappresentano un’articolazione molto utile per rileggere l’impegno educativo, al quale offrono stimoli e obiettivi.
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Giovedì 24 marzo 2011
Non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».”
Lc 16,19-31
Attraverso questa multiforme attenzione educativa, potrà «emergere soprattutto quel grande ‘sì’ che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo». In questo modo, la comunità dei credenti testimonia l’amore profondo della Chiesa per l’uomo e per il suo futuro e l’atteggiamento di servizio che la anima.
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Venerdì 25 marzo 2011
Rallégrati: il Signore è con te
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.”
Lc 1,26-38
Nell’opera educativa della Chiesa emerge con evidenza il ruolo primario della
testimonianza, perché l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri lo fa perché sono anche testimoni credibili e coerenti della Parola che annunciano e vivono. Nella storia della Chiesa in Italia sono presenti e documentate innumerevoli opere e istituzioni formative – scuole, università, centri di formazione professionale, oratori – promosse da diocesi, parrocchie, istituti di vita consacrata e aggregazioni laicali.
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Sabato 26 marzo 2011
Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».”
Lc 15,1-3.11-32
Molte sono le figure esemplari – tra cui non pochi santi – che hanno fatto dell’impegno educativo la loro missione e hanno dato vita a iniziative singolari, parecchie delle quali mantengono ancora oggi la loro validità e sono un prezioso contributo al bene della società. L’azione di questi grandi educatori si fonda sulla convinzione che occorra «illuminare la mente per irrobustire il cuore» e sull’intima percezione che «l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano la chiave».
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