Santena – 6 novembre 2011 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 6 al 12 novembre 201,1 tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.
Domenica 6 novembre 2011
La sapienza si lascia trovare da quelli che la cercano
La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta, chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni; poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro.
Sap 6,12-16
Non siate tristi come gli altri che non hanno speranza
Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.
1 Ts 4, 13-14
Vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: Ecco lo sposo! Andategli incontro!. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Le sagge risposero: No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!. Ma egli rispose: In verità io vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Mt 25,1-13
Essenziale per ottenere la sapienza è desiderarla
Essenziale per ottenere la sapienza è desiderarla: il desiderio della sapienza spinge a cercarla e la sapienza stessa va incontro a chi la cerca. Se la sapienza è luminosa e splendente, essa irraggia su chi la desidera e la cerca: è la ricerca stessa della sapienza che rende sapienti (I lettura). Il credente cristiano non abbisogna solamente di fede, ma anche di sapienza. Sapienza è predisporre tutto per incontrare il Signore. Stoltezza – e c’è la possibilità di una fede stolta, insulsa, stupida, non intelligente – è negligenza nel prepararsi all’incontro con il Signore. Ma il Signore va incontro lui stesso a chi lo cerca e lo attende tenendo viva nella notte la lampada del desiderio dell’incontro (vangelo). Opposta alla sapienza è la stupidità che è un difetto “che interessa non l’intelletto, ma l’umanità di una persona … La Bibbia, affermando che il timore di Dio è l’inizio della sapienza (Sal 111,10), dice che la liberazione interiore dell’uomo alla vita responsabile davanti a Dio è l’unica reale vittoria sulla stupidità” (Dietrich Bonhoeffer). La nostra parabola dice dunque che sapienza è anche senso di responsabilità e capacità di vita interiore. Uscire, andare incontro al Signore veniente, tenere le lampade accese nel buio della notte, attendere il Signore: queste espressioni riferite alle ragazze amiche della sposa che, secondo gli usi matrimoniali del tempo, attendevano a casa dei lei l’arrivo dello sposo, esprimono bene la missione della chiesa nella storia. Si tratta di compiere un esodo, una fuoriuscita dalla mentalità mondana; di cercare il Signore per vivere una relazione autentica e vitale con lui; di custodire la fede, l’amore e la speranza e attendere la sua venuta. In particolare, occorre mantenere vivo il desiderio del Signore: questa la lampada che la chiesa è chiamata a tenere accesa nella buio della notte. Un credente o una comunità cristiana che perdano il desiderio del Signore, sono come sale che perde sapore (cf. Mt 5,13), luce che spegne se stessa (cf. Mt 5,14-15). Questo desiderio è il proprium del credente: o lo si ha in sé o nessuno può pretenderlo dagli altri. Le ragazze stolte, chiedendo l’olio alle sapienti, pretendono ciò che non può essere dato. Nella vita cristiana, la sapienza è il predisporre tutto per essere pronti per il Signore, per la sua venuta, per il suo dono, per la sua grazia, ed è tutt’altro rispetto all’efficienza e all’attivismo del protagonismo cristiano. Nella sapienza è sempre insita l’umiltà, la giusta misura di sé. Dietro l’immagine del ritardo dello sposo (cf. Mt 25,5) si delinea il problema della promessa della venuta del Signore e del protrarsi della sua attesa nella storia. Problema esposto con spietata lucidità da Ivan Karamazov nel famoso romanzo di Fëdor Dostoevskij: “Son passati quindici secoli dal momento in cui Lui promise di venire nel suo Regno… ma l’umanità l’aspetta ancora con fede sempre uguale e con sempre uguale tenerezza. Anzi, con fede ancor maggiore, giacché son trascorsi quindici secoli dal tempo in cui fu sospeso all’uomo ogni pegno celeste: ‘Credi a ciò che dice il cuore: non più pegni dà il cielo’. E così, unica e sola, è rimasta la fede in ciò che dice il cuore”. La venuta del Signore è solo ormai una pia illusione? Un anelito sgorgato dal cuore umano? Alla chiesa il compito di rispondere a queste domande con la propria prassi storica e umana ispirata alla fede nella promessa del Signore e con la propria sapiente attesa. La sapienza è arte di vivere il tempo: la venuta del Signore non è misurabile cronologicamente, ma è essenziale perché afferma che il tempo ha una fine e un fine. Se il sapiente, per la Bibbia, è “colui che cerca Dio” (Sal 14,2), egli è anche colui che contare il tempo e ne conosce la finitezza (cf. Sal 90,12). Rimuovere la finitezza del tempo e la fine del mondo significa in realtà mandare a morte l’uomo, liquidare l’uomo. La parabola è anche immagine del giudizio che attende il cristiano dopo la morte. La dialettica addormentarsi-alzarsi (cf. Mt 25,5.7) esprime la polarità del morire-risorgere (cf. Mt 27,52; 1Cor 15,20; 1Ts 4,13-15). L’esito del giudizio lo si gioca oggi, qui e ora, nella storia.
Luciano Manicardi
Comunità di Bose
Abbiamo bisogno di un supplemento d’olio
Scrive il Vangelo che dieci donne stanno aspettando l’arrivo dello sposo. Cinque di loro sono stolte e le altre sagge. E la saggezza, secondo la narrazione, consiste nel prendere con sé, non solo la lampada con la sua scorta ordinaria di olio, ma anche dell’altro olio di riserva. Le cinque stolte, sicure di sé, pensano di aver previsto tutto. Ma lo sposo ritarda sino a notte, anzi a notte fonda. Ovviamente nulla di più facile per quelle dieci ragazze che lasciarsi sorprendere dal sonno. Ed, in effetti, è facile addormentarsi sulle proprie abitudini e sulle proprie sicurezze; è facile lasciarsi sopraffare dal torpore dell’amore per se stessi. Da notare è il fatto che tutte si addormentano. Non è qui la distinzione; non ci sono eroi che vegliano e vigliacchi che si addormentano. Tutte, tutti, anche i migliori si lasciano sorprendere dal sonno. Quelle dieci donne perciò siamo tutti noi, spesso rinchiusi in un modo di vivere avaro e sonnolento, senza grandi sogni e ideali. Del resto, l’importante è star tranquilli, non avere noie, problemi, scocciature. Oppure ci angustiamo soprattutto per le nostre cose; ci affanniamo e ci ostiniamo a difendere noi stessi. Questa è la notte di una vita grigia, sempre uguale, senza sprazzi di luci, senza stelle; è la notte di un egoismo diffuso che nasce dal profondo del cuore di ognuno, saggio o stolto non importa.
Ma in questa notte si alza improvviso un grido che annuncia l’arrivo dello sposo. Cos’è questo grido? È il grido che sale dalle terre lontane dei paesi poveri, è il grido che viene dai popoli in guerra, è il grido degli anziani soli che invocano compagnia, è il grido dei poveri sempre più numerosi e abbandonati, è il grido di chi sprofonda nell’angoscia; ed è anche il grido del Vangelo e della predicazione domenicale. Ebbene, di fronte a queste grida ci si sveglia pure di soprassalto, ma se non si ha la riserva d’olio tutte le scuse sono buone per non rispondere. E la riserva d’olio è la Parola di Dio accolta e custodita nel proprio cuore. Essa ci risveglia all’amore. Se non abbiamo nel cuore il Vangelo non sapremo rispondere al grido dei poveri e neppure entrare in una vita piena di senso. Viviamo in un tempo in cui il buio sembra farsi sempre più largo e fitto. C’è bisogno che tornino a splendere le luci, che tutti, piccoli e grandi, giovani e anziani, accendano la loro piccola fiamma per vincere la notte di una vita avara e tanto spesso triste. Oggi abbiamo bisogno di un supplemento d’olio, di una riserva di amore e di generosità perché in tanti entrino nella sala dello sposo per fare festa.
Comunità di Sant’Egidio
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Lunedì 7 novembre 2011
Se ritornerà a te, tu gli perdonerai
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe».
Lc 17,1-6
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Martedì 8 novembre 2011
Abbiamo fatto quanto dovevamo fare
In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».
Lc 17,7-10
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Mercoledì 9 novembre 2011
Voi siete il tempio di Dio
Fratelli, voi siete edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
1Cor 3,9-11.16-17
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Giovedì 10 novembre 2011
Il regno di Dio è in mezzo a voi
In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, oppure: Eccolo là. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!». Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: Eccolo là, oppure: Eccolo qui; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».
Lc 17,20-25
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Venerdì 11 novembre 2011
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».
Lc 17,26-37
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Sabato 12 novembre 2011
Pregare sempre, senza stancarsi mai
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Lc 18,1-8
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