Torino – 31 marzo 2012 – Stamane, a Villa Lascaris, a Pianezza dalle ore 9.30 alle 12, in continuità con analoghe iniziative già realizzate negli anni scorsi, l’Arcivescovo di Torino Mons. Cesare Nosiglia ha incontrato coloro che sono impegnati nell’ambito politico e amministrativo sia nella città di Torino sia nel territorio fuori Torino appartenente alla nostra Diocesi, per una mattinata di “sosta spirituale”, per riflettere e accogliere il messaggio pasquale nella propria vita e nell’impegno professionale. Di seguito, il testo integrale dell’intervento dell’Arcivescovo.
BEATI QUELLI CHE HANNO FAME E SETE DI GIUSTIZIA,
PERCHE’ SARANNO SAZIATI.
A cura di Mons Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
(Matteo 6,3-10)
La via stretta ed esaltante delle Beatitudini
Le Beatitudini del Vangelo rappresentano la pagina forse più alta e concreta su cui si misura la vita e l’impegno della Chiesa e di ogni cristiano. Sono un annuncio sconvolgente, che cambia i criteri e i riferimenti propri del mondo e della cultura che ci circonda; indica che Dio agisce nella storia per rovesciare idoli e ideologie ritenute consolidate e alle quali l’uomo si affida come vie di liberazione e di salvezza storica; mostra che l’ultima parola sulla storia è ben diversa da quella roboante e sicura dei messaggi dominanti su questa terra.
La felicità, infatti, nasce da situazioni di vita che sono all’opposto di quello che si pensa e per le quali si lotta e si opera ogni giorno: tutto è rovesciato, e ciò che per molti conta di più diventa nulla rispetto a ciò che invece è disprezzato e vilipeso.
Anche se la via delle Beatitudini appare difficile resta l’unica capace di portare frutto per se stessi e per l’intera umanità. E’ la via stretta che pochi capiscono e seguono, ma che conduce alla vita vera. Le Beatitudini hanno sostenuto ed illuminato la missione di tanti santi e di tanti uomini di buona volontà, nel loro compito di evangelizzatori e nell’impegno quotidiano nel lavoro, nella vita sociale e politica.
Sì, anche l’impegno politico e sociale può trarre da questa pagina un percorso ideale di riferimento per l’agire e per le scelte concrete a servizio dei cittadini e del bene comune.
Mi soffermerò su una delle Beatitudini, quella sulla giustizia, che attiene in modo particolare al compito politico e ne caratterizza l’azione concreta nella società. Lo faccio tenendo anche presente il Magistero del Papa Benedetto XVI, che unisce strettamente il compito politico nei confronti della giustizia a quello della carità.
La politica: un’esigente forma di carità
Già Paolo VI affermava che la politica è un’esigente forma di carità. Chi opera in essa, perciò, è chiamato ad amare e servire gli altri in maniera gratuita, disinteressata, concreta. Gli altri sono tutti i cittadini, senza distinzione di sorta, ma una attenzione particolare deve essere riservata ai poveri, ai deboli, agli emarginati, a quanti sono sottoposti a fatiche e sofferenze, hanno bisogno di aiuto ed il più delle volte non riconosciuti nei loro diritti fondamentali.
Se fare politica significa coniugare strettamente giustizia e amore, perseguendo il bene comune di tutti e di ciascuno, nella concretezza delle loro situazioni, allora credo che possiamo trovare un modello di questo stile di fare politica nello stesso Signore Gesù, nei suoi comportamenti e nelle sue scelte di vita.
Gesù ama profondamente e singolarmente ogni persona, e non perché è dei suoi, del suo partito o parteggia per lui, ma perché in lui egli riconosce un figlio di Dio e un fratello. Le barriere che spesso chiudono anche l’azione politica dentro schemi di parte, sono superate da Cristo in maniera radicale.
– E così, quando gli dicono: “qui fuori c’è tua madre e i tuoi fratelli che ti cercano” egli risponde: “chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Chiunque fa la volontà del Padre mio, costui è mia madre, mio fratello e mia sorella” (Mt 12,50).
I pur giusti riferimenti a valori decisivi per la vita, quali la famiglia, la patria, la religione, il proprio gruppo di appartenenza, il proprio partito politico diremmo noi oggi, sono superati, nel senso che non sono considerati assoluti e chiusi in se stessi e autoreferenziali. Il bene comune e la verità vengono prima, ed ognuno è soggetto di amore, va riconosciuto nella sua dignità, ed amato per quello che è.
– Analogamente, nella parabola del Samaritano che si prende cura di colui che è incappato nei briganti che lo hanno spogliato e lasciato mezzo morto sul ciglio della strada, Gesù allarga il concetto di prossimo che era limitato alla cerchia dei parenti, degli amici e dei connazionali, fino a comprendere anche gli stranieri, gli avversari ed i nemici: chiunque è nel bisogno e del quale posso prendermi cura, è mio prossimo.
In tal maniera universalizza il concetto di prossimo, senza ridurlo ad un amore generico ed astratto, ad un buon sentimento poco impegnativo. Il samaritano infatti compie gesti concreti di solidarietà: fascia le ferite, versa olio e vino, carica sul giumento il poveretto, lo porta alla locanda, paga di persona i costi, e lascia anche un anticipo per le spese necessarie alla sua guarigione. In una società multi culturale e multi religiosa del nostro tempo quale via da seguire ci propone questo insegnamento di Gesu’!
– Non possiamo dimenticare come nella pagina gioiosa ed insieme terribile del giudizio finale il criterio della carità viene a determinare la fine gloriosa o ignominiosa di ogni uomo. La vita umana trova il suo metro di realizzazione nell’amore dato o rifiutato al povero, al forestiero, all’affamato, all’assetato, al nudo, all’ammalato, al carcerato. Gesù si identifica con queste persone: “ogni volta che hai aiutato, o non ha aiutato, uno solo di questi miei fratelli, lo hai fatto, o non lo hai fatto, a me” (Mt 25,40).
Amore di Dio ed amore del prossimo si fondono insieme: nel più bisognoso incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio. Gli ultimi nella scala sociale diventano dunque i primi nella considerazione di Gesu’.
– Resta infine da rilevare un altro tratto tipico dell’amore di Cristo: quello della gratuità e del disinteresse. Così egli insegna:
“Se ami chi ti ama, se dai un prestito a chi te lo può restituire, se aiuti chi pensi che poi ti possa aiutare…che merito ne hai? Fanno così anche i pagani che non conoscono il vero Dio. Quando tu fai il bene non sappia la tua mano destra ciò che fa la sinistra. Allora il tuo bene riceverà molta ricompensa, non dagli uomini, ma da Dio .
Ama perciò anche i tuoi nemici e fai del bene a coloro che ti odiano, e testimonierai di essere figlio di quel Dio che è Padre, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, e dona amore e perdono anche a chi lo disprezza o lo ignora” (cfr. Mt 5 e 6).
Gesù non ha solo detto questo, ma lo ha messo in pratica non lasciandosi mai sopraffare dal male, ma vincendo il male con il bene, come lo dimostra la sua croce. Dona la sua vita a chi gli toglie la vita ed il suo amore a chi lo odia e lo perseguita.
Una via affascinante ma impossibile?
Gesù attua le beatitudini e nel suo farsi prossimo ad ogni uomo, assumendone necessità, malattie, miserie umane, sociali e spirituali, coniuga giustizia e carità.
La sua passione e morte ne è il segno più eloquente. In lui l’amore trionfa su ogni forma di peccato e di ingiustizia, ed anche la violenza subita diventa riscatto del male nel momento in cui la prende su di sé: lui giusto ed innocente paga per tutti il suo prezzo del riscatto, anche per coloro che ingiustamente lo ha crocifisso.
Ma come si può, nell’azione politica, che è così complessa e che deve fare i conti con un contesto multiculturale come quello in cui ci troviamo, perseguire questa via che appare più un ideale che una concreta e realistica possibilità?
La sfiducia che anche molti credenti nutrono nei confronti della politica nasce proprio dalla percezione che non sia possibile coniugare nella prassi politica quegli ideali che sembrano invece realizzabili nell’azione sociale e caritativa. Si radica qui il grande sviluppo che ha avuto nelle comunità cristiane e civili il volontariato a scapito del diretto impegno in politica.
E’ vero che la salvezza cristiana non viene dalla politica; ma le strade della salvezza percorrono quelle del mondo e si incontrano con la ricerca che l’azione politica fa per rispondere ai problemi e alle necessità della gente e costruire una sempre più corretta convivenza sociale.
Gesù ha agito anche politicamente e con efficacia immettendo nell’umano i valori fondamentali che hanno dato origine e nuove forme di società politica, ad una visione nuova della famiglia, del lavoro e della società, i cui frutti permangono ancora oggi.
Certo egli non ha svolto una concreta attività politica. Ha anzi richiamato il principio base del rapporto tra religione e politica: “Date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio”.
Quel “date a Cesare” è un invito ai cristiani ad impegnarsi in politica affinché lo Stato e la convivenza sociale risponda a criteri di umanizzazione e di apertura a tutti i bisogni dell’uomo, compresi quelli religiosi e spirituali.
Quel “date a Dio” indica che anche la politica non va considerata un assoluto, ma chiede di essere sempre riferita ad un ordine morale oggettivo che la trascende e dal quale dipende, quello di Dio, senza il quale ogni Stato, ed ogni azione politica, si riduce ad idolatria e si ritorce contro l’uomo e la sua piena libertà.
Richiamo al riguardo un testo acuto e alluminante di Paolo VI:
“Pur riconoscendo l’autonomia della realtà politica, i cristiani, sollecitati ad entrare in questo campo di azione, si sforzeranno di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e il vangelo e di dare, pur in mezzo ad un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede, mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini”.
Giustizia e carità
Il Papa nell’Enciclica «Deus caritas est», richiama i processi storici che hanno segnato la vita dei popoli nel secoli scorsi, ed in particolare dall’ottocento in poi. Ricorda in particolare l’accusa rivolta alla Chiesa di privilegiare la carità rispetto alla giustizia, lasciando che i poveri restassero poveri e dando ai ricchi la possibilità di sgravarsi la coscienza con l’elemosina, la quale non risolveva le cause della povertà ma offriva solo un aiuto temporaneo che per di più creava dipendenza.
Il Papa riconosce che i rappresentanti della Chiesa hanno percepito con lentezza che, di fronte alla rivoluzione industriale, il problema della giusta struttura della società si poneva in modo diverso e nuovo. Ma non possiamo negare che il movimento cattolico nel sociale e nel politico si sia andato sempre più estendendo con un impulso ampio e concreto. Il Magistero sociale dei Papi, da Leone XIII con la sua famosa enciclica “Rerum Novarum”, sino a Giovanni Paolo II ha offerto a tutti una riflessione e delle indicazioni pratiche di grande rilevanza politica e sociale. Dopo la caduta delle utopie marxiste e liberiste e l’avvio di una crescente globalizzazione dell’economia, nella quale siamo oggi pienamente immersi, la dottrina sociale della Chiesa è diventata un punto di riferimento privilegiato e fondamentale, che propone orientamenti validi ed efficaci, e che possono rappresentare per i cristiani impegnati in politica una base di dialogo e di confronto con quanti si preoccupano seriamente dell’uomo e del suo mondo.
Emerge perciò con evidenza la necessità di unire strettamente giustizia e carità, e su questo terreno la politica ha un suo specifico campo di azione.
– La giustizia è lo scopo, e quindi anche la misura intrinseca, della politica.
A volte può sembrare che la politica sia soprattutto una semplice tecnica per la definizione dei pubblici ordinamenti. In realtà essa trova nella ricerca della giustizia e nella sua attuazione il suo fine più specifico e profondo, e la via che deve perseguire con cura e onestà. La politica ha perciò una sua intrinseca natura etica, avendo come riferimento il bene-essere ed il bene-agire dell’uomo e della società in cui opera.
La questione di fondo è però: che cos’è la giustizia?
Essa può infatti ridursi all’interesse di parte, al tornaconto personale, alla ricerca del potere che rende ciechi e sordi alle vere esigenze dell’uomo e della collettività, privilegiando chi può restituire ciò che politicamente viene dato.
E’ in questo delicato punto di incontro, tra la vera giustizia e la politica, che il cristiano può trovare luce e guida nella fede. Il riferimento a Dio, infatti, purificando e salvando dalla sete di potere e dalla preoccupazione di cercare il proprio tornaconto personale o di parte, dà forza per operare con giustizia per il bene di tutti.
Chi mette Dio anche a fondamento dell’agire umano sa discernere, alla luce della sua volontà, il bene e il giusto, e se ne fa servo e garante anche quando questo comporta sacrifici personali ed una coerenza che sa andare controcorrente.
Il credente sa che lo Spirito di Dio, con il dono della sapienza e del consiglio, guida la sua vita ed il suo operare, e nel suo discernimento si avvale della sua luce interiore, che apre la ragione a riconoscere la via da seguire e dona la forza per realizzare il bene riconosciuto.
Ma sappiamo anche che lo Spirito soffia dove vuole, e non ha confini. Per questo la Chiesa, per quanto riguarda i doveri della giustizia ed ogni altro ambito proprio della vita umana, riflette a partire dalla ragione e dal diritto naturale.
Questo è un aspetto oggi molto importante. Viviamo infatti in un contesto multiculturale e multireligioso, e si rischia sempre di confinare l’insegnamento della Chiesa nell’ambito confessionale, rivolto ai soli credenti e cristiani. La dottrina sociale della Chiesa, invece, aiuta la coscienza di ogni uomo a formarsi una mentalità aperta alla comprensione del disegno di Dio e della legge naturale che fonda ogni diritto, come pure l’esercizio della giustizia.
Toccherà poi a ciascuno, in particolare alla persona impegnata in politica, trovare le mediazioni idonee a perseguire concretamente, mediante leggi giuste ed ordinamenti conseguenti, le vere esigenze della giustizia per tutti i cittadini. Il contributo della Chiesa si ferma quindi sul piano della formazione delle coscienze e degli indirizzi etici generali. L’azione politica non è compito specifico della Chiesa, ma di ogni cristiano e di ogni uomo di buona volontà.
– Il ruolo della Chiesa e della politica
A questo riguardo il Papa Benedetto ci offre una lucida presentazione del ruolo della Chiesa e della politica sul quale è bene soffermarsi, perché ne derivano delle responsabilità precise per quanti nella concretezza dell’agire politico si trovano ad affrontare decisioni che di fatto sono affidate alla loro coscienza e alla loro responsabilità.
“La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non deve e non può mettersi al posto dello Stato, e dunque al posto anche delle forze politiche che a vario titolo concorrono all’impegno per realizzare tale società giusta”.
Ne deriva il fatto che la Chiesa non privilegia e non “sposa” alcuna forza politica e alcuna forma statuale, anche se non può restare ai margini dell’impegno per la giustizia, come non può mai avvallare sistemi polititi o statali che si pongano in contrasto con i diritti naturali e fondamentali dell’uomo. In questo senso la forma democratica è vista con favore dalla Chiesa, senza però mai assolutizzandone il modello, perché anche la democrazia non può ridursi al solo fatto d’essere fondata su una maggioranza politica eletta dal popolo. Quante dittature sono state democraticamente elette, ed anche oggi quanti ordinamenti statali, pur rispettando le procedure formali, perseguono vie e leggi che non rispettano i giusti diritti dell’uomo!
Una democrazia senza valori etici, e che non sa dare spazio a Dio e all’uomo, rischia di condurre alla schiavitù e non alla libertà, e la prima libertà che spesso viene meno per prima è proprio quella religiosa.
“La società giusta non può dunque essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia, lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene, la interessa profondamente”.
Per questo il richiamo che la Chiesa rivolge ai cittadini, quando si tratta di tenere in debita considerazione nelle scelte politiche alcuni valori fondamentali (la vita; la famiglia fondata sul matrimonio; la libertà di scelta della scuola da parte della famiglia; la solidarietà e l’accoglienza verso ogni uomo riconosciuto nella sua dignità e valorizzato come persona e non solo come lavoratore; i grandi temi concernenti la giustizia, quali il lavoro, il giusto processo, la salvaguardia dell’ambiente, la solidarietà internazionale, la pace…), vuole semplicemente servire un ponderato e responsabile discernimento che conduca a dare il proprio consenso a persone, programmi e forze politiche rispettosi di questi valori.
– C’è bisogno della carità anche in una società giusta
Per quanto attiene poi al rapporto giustizia – carità il Papa sottolinea che anche in una società giusta ci sarà sempre bisogno della carità.
“Non c’è, infatti, nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione ed aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo. Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un’istanza burocratica che non può assicurare l’essenziale di cui l’uomo sofferente – ogni uomo – ha bisogno: l’amorevole dedizione personale.
Non uno Stato che regoli e domini tutto è ciò che ci occorre, ma invece uno stato che generosamente riconosca e sostenga, nella linea del principio della sussidiarietà, le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi”.
– La responsabilità dei laici nell’azione politica
L’equilibrio tra la giustizia e la carità, è compito dei laici, nella concretezza dell’agire politico, trovare le soluzioni più idonee e concretamente possibili, mediante il confronto tra posizioni differenti e talvolta contrapposte. Ma di fronte a ciò non si ricorre al compromesso ma alla mediazione che sceglie il dialogo e confronto costante per raggiungere il meglio possibile e realizzabile o a volte il meno peggio se non si ha la possibilità di raggiungere un risultato ritenuto positivo e apprezzabile .
“Missione dei fedeli laici è pertanto quella di configurare rettamente la vita sociale rispettandone la legittima autonomia e cooperando con gli altri cittadini secondo le rispettive competenze e sotto la propria responsabilità. Resta però decisivo che anche nell’azione politica non venga meno lo spirito di carità che sempre deve animare il cristiano: anche la politica va dunque vissuta come carità sociale”.
Mi pare molto significativo questo riferimento alla politica come carità sociale, perché configura un impegno del cristiano che non appare totalmente avulso dai principi del Vangelo, ma da esso trae forza e vigore per svolgere un compito, comune a tutti i credenti, quello dell’evangelizzazione, anche se svolto in ambiti e con modalità diverse.
Concludendo
Ecco infine una serie di considerazioni che lascio alla vostra personale meditazione.
1-Abbiate fiducia nel vostro servizio, anche se talvolta vi può sembrare complesso e non facile da gestire con coerenza. Se svolto con onestà e sincerità, dedizione e passione per l’uomo, umile e confidente fiducia in Dio, conduce sempre a risultati positivi.
2-Quanti sono uniti dalla medesima fede, anche se militano in partiti diversi, non devono mai far venir meno la ricerca dell’unità attorno ai valori fondamentali che la dottrina sociale della Chiesa offre come luce e guida per l’agire politico. Il rigore morale, lo spirito di servizio ed un agire competente sono gli obiettivi da perseguire con perseveranza.
3-Abbiate sempre in primo piano il bene comune e non solo quello individuale, i vantaggi per la propria parte politica o tornaconti personali ma seguite con rigore di coscienza e di responsabilità la via del servizio dei cittadini, rifuggendo in particolare dal privilegiare le varie “caste” o un certo populismo che impediscono di compiere leggi giuste per tutti ed eque in particolare verso chi meno ha e meno conta nella società. I poveri, gli ultimi e coloro che sono considerati un “peso” nella società siano invece prediletti nel vostro servizio perché ad essi va riservato un posto speciale nell’erogazione anche delle risorse e nella difesa e promozione dei diritti propri di ogni cittadino.Desidero anche in questo momento di crisi richiamare una particolare attenzione e cura verso le famiglie e quelle che soffrono di piu’ a causa della mancanza di lavoro, di casa, di sostegno per varie disabilità e malattie gravi che soffrono i loro congiunti .
Prevenire è sempre meglio che curare e pertanto è saggio che la politica investa il suo impegno in tutto ciò che serve per edificare un mondo piu’ giusto e solidale per il futuro: .penso ai giovani ad esempio e alla loro educazione e formazione.
4-Nella ricerca del servizio al bene comune ci possono essere opinioni diverse come pure diversità di programmi, ma esso non può mai essere subordinato al proprio interesse o a quello della propria parte politica. Le diversità sono una ricchezza, anche in campo politico, e mediante il dialogo ed il confronto i cristiani possono trovare motivo di incoraggiamento e strade di collaborazione in vista del raggiungimento della giustizia e della carità. Questo comporta rinunciare alla demonizzazione dell’avversario, al ricorso alla calunnia e alla falsità, come pure alla ricerca di quello scontro aspro e conflittuale che tende a distruggere più che costruire, ed impedisce di cogliere il positivo che c’è anche nelle proposte altrui.
“Il tanto peggio, tanto meglio” non è una regola ammessa dalla coscienza credente, che aiuta sempre nella ricerca del bene e si impegna per esso dando il proprio contributo costruttivo, anche critico quando è necessario, in vista di un miglioramento delle proposte, senza chiudersi in maniera pregiudiziale al dialogo.
5-Voglio infine invitarvi a partecipare attivamente alla vita della comunità civile e religiosa del territorio, perché l’ascolto e la condivisione dei problemi e delle situazioni concrete di vita della gente si percepiscono solo stando dentro giorno dopo giorno al loro vissuto. La politica non sia fatta a tavolino, ma sulla strada. Oggi le parrocchie, come pure le tante realtà del territorio che coinvolgono un numero crescente di cittadini, necessitano di sentire vicini a loro quanti sono impegnati in politica, non solo per tagliare nastri e partecipare a cerimonie che rendono visibile la loro presenza in televisione e sulla stampa, ma nel quotidiano, perché è lì che la gente aspetta risposte e può esprimere attese e richieste.
Fatevi presenti non solo nelle grandi manifestazioni e nelle sedi dei partiti, ma tra la gente più semplice e popolare. Questa è la vostra vera scuola di politica, e lo è anche per i giovani che, incontrandovi, possono verificare di persona la bellezza e la positività di un servizio importante quale è quello politico, avvicinandosi così ad esso con minore criticità e indifferenza.
Termino con un brano della mia Lettera pastorale. “Capita tante volte anche a me di sperimentare quanto arricchente sia mettermi in ascolto delle persone e scoprire in ciascuno risorse umane e spirituali che mi stupiscono. Ogni qualvolta, infatti, ho l’occasione di incontrare i giovani studenti, i lavoratori, quanti sono impegnati nei diversi servizi alle persone, nell’industria e nell’economia, ne esco sempre arricchito e sperimento che davvero sulla strada del Regno di Dio la chiesa incontra l’uomo e il mondo”.
Sì, incontrando dal vivo i poveri, i miti e i misericordiosi, gli operatori di pace e chi è perseguitato a causa della giustizia, i puri di cuore e chi piange per qualche sofferenza, possiamo gustare la gioia delle Beatitudini e sperimentare che è l’amore che genera amore.
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Fonte: comunicato stampa Arcidiocesi di Torino