Santena – 20 gennaio 2013 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 20 al 26 gennaio 2013 tratte dalla liturgia del giorno con commento alle letture domenicali.
Domenica 20 gennaio 2013
Così il tuo Dio gioirà per te
Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.
Is 62,1-5
Uno solo è Dio, che opera tutto in tutti
Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
1 Cor 12,4-11
Qualsiasi cosa vi dica, fatela
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Gv 2,1-11
Cana è la festa del cambiamento, è il giorno della rinascita
La liturgia di questa domenica continua a sviluppare il mistero della manifestazione del Signore che abbiamo celebrato in tutto il tempo di Natale sino all’Epifania. Anticamente la liturgia di questo giorno faceva cantare: “Oggi la Chiesa si unisce al celeste Sposo: i suoi peccati sono lavati da Cristo nel Giordano; i Magi accorrono alle regali nozze portando doni; l’acqua è mutata in vino a Cana e gli invitati al banchetto sono nella gioia. Alleluia”. In verità si può dire che ogni domenica celebriamo il mistero dell’epifania del Signore. Egli infatti si manifesta a noi nella santa Liturgia Eucaristica con i tratti del risorto, di colui che ha vinto il male e la morte, che ha cambiato la solitudine in comunione e la tristezza in gioia. Ogni domenica è Pasqua, che è il momento della più alta epifania del Signore. E nel giorno del Signore siamo sottratti dalle nostre case e dai nostri ritmi quotidiani per essere ammessi alla presenza di Dio, per ascoltare la sua parola, per rivolgere a lui la nostra preghiera, per gustare la dolcezza della sua mensa. Si attualizza quel che avvenne a Cana di Galilea. Anche la notazione temporale dell’evento, avvenuto al termine della settimana, ci aiuta a comprendere il senso eucaristico del miracolo di Cana. L’evangelista ricorda che nei giorni precedenti Gesù era stato con Giovanni Battista al Giordano, nel quarto aveva chiamato i primi discepoli e, appunto, nel settimo si reca a Cana per partecipare alla festa di nozze di due amici. L’evangelista scrivendo che “tre giorni dopo ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea”, lega la fine della settimana alla Pasqua all’inizio di una nuova creazione. Il segno di Cana, pertanto, va ben oltre il ricordo del matrimonio. Quel che avvenne a Cana unisce il riposo della creazione e l’inizio del tempo nuovo del Signore risorto. Cana è la festa del cambiamento, è il giorno della rinascita, è il giorno della gioia di stare con il Signore, è la domenica, il giorno della nostra festa, il giorno nel quale veniamo raccolti e, come scrive il profeta Isaia, diveniamo “una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più “abbandonata” né la tua terra sarà più detta “devastata” ma tu sarai chiamata “mio compiacimento” e la tua terra “sposata” perché “il Signore si compiacerà di te” (Is 62,3-4). Dovremmo riscoprire in questa prospettiva la grazia della domenica, il giorno in cui il Signore ci tiene per mano come lo sposo tiene per mano la sposa nel giorno del matrimonio. Il brano evangelico di Cana è tra quelli che forse conosciamo meglio. Tutti ricordiamo la madre di Gesù, l’unica a rendersi conto che sta finendo il vino. Non è preoccupata per sé o per il suo apparire. I suoi occhi e il suo cuore guardano e si preoccupano che tutti siano felici, che quella festa non sia turbata. La preoccupazione per quei giovani la spinge a rivolgersi al Figlio perché intervenga: “Non hanno più vino”. Maria sentiva anche sua quella festa, anche sua la gioia di quei due giovani sposi. Il senso profondo delle parole di Maria è ancor più personale di quel che a prima vista appare. Ella di fatto dice: “Noi non abbiamo più vino”. È un atteggiamento che dovremmo fare nostro ogni giorno di fronte alle tante persone che hanno bisogno di aiuto, di misericordia, di perdono, di amicizia, di solidarietà. Quando tutte queste persone potranno vedere anch’esse il miracolo di Cana? Quando il Signore potrà compiere per loro il “segno” che salvò la festa in quel giorno a Cana? Anche oggi c’è bisogno dei “segni” del Signore che manifestino la sua forza di cambiamento. A Cana Maria indica la via ai servi: “Fate quello che egli vi dirà”. È la via semplice dell’ascolto del Vangelo che viene indicata anche a noi, servi dell’ultima ora. È una via che tutti siamo invitati a percorrere. Il cristiano è colui che obbedisce al Vangelo, come fecero quei servi. E la Chiesa, imitando Maria, non cessa di ripeterci: “Fate quello che egli vi dirà!”. Dall’obbedienza al Vangelo iniziano i segni del Signore, i suoi miracoli in mezzo agli uomini. Il comando che i servi ricevono da Gesù è singolare: “Riempite d’acqua le giare”. È un invito semplice, tanto semplice da indurre a non farlo: cosa c’entra l’acqua nelle giare con la mancanza di vino? Essi non capiscono fino in fondo il senso di quelle parole, ma obbediscono. Accade spesso anche a noi di non comprendere bene il senso delle parole evangeliche. Quel che conta è l’obbedienza al Signore. È lui a compiere il miracolo. Dopo aver riempito le sei giare, i servi sono invitati ad attingere dalle giare e a portare a tavola quanto vi hanno messo. Anche questo comando appare strano, ma ancora una volta obbediscono. La festa è salva. Anzi, si potrebbe dire che finisce in crescendo, come riconosce lo stesso maestro di tavola: “Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, nota l’evangelista. Abbiamo paragonato le nostre domeniche al giorno di Cana e potremmo paragonare le sei giare di pietra ai sei giorni della nostra settimana. Riempiamoli come fecero i servi con la Parola del Vangelo, lasciamo che quella parola illumini le nostre giornate: saranno più dolci e più belle. Cana può essere davvero la festa della domenica che, attraverso il dono del Vangelo, ci permette di conservare il vino buono del Signore per tutta la settimana.
Comunità di Sant’Egidio
Dinamica di continuità e novità dell’alleanza
Prima lettura e vangelo presentano la simbolica nuziale quale cifra dell’incontro tra Dio e l’umanità. In particolare, la celebrazione delle nozze è immagine che allude all’alleanza tra Dio e il suo popolo. Il testo evangelico non è un resoconto cronachistico e neppure un racconto di miracolo, ma una narrazione simbolica con significati cristologici e teologici importanti che ruotano attorno alla dinamica di continuità e novità dell’alleanza. Il testo di Isaia intravede la rinascita di Gerusalemme, dopo le spogliazioni e distruzioni subite agli inizi del VI secolo, come restaurazione di una relazione sponsale: l’alleanza che sembrava definitivamente infranta viene ricomposta. Già l’Antico Testamento attesta rotture e rinnovamenti dell’alleanza. È la storia tribolata dell’amore di Dio per il suo popolo. Situate al “terzo giorno” (Gv 2,1), le nozze di Cana sono ripresa del passato, in quanto memoria dell’alleanza sinaitica avvenuta “il terzo giorno” (Es 19,10-11.16), e anticipazione del futuro, in quanto profezia della resurrezione che avverrà “il terzo giorno” (1Cor 15,4). Al centro di questa economia del tempo della salvezza è “l’ora” di Gesù (Gv 2,4), il momento dell’innalzamento che è anche il culmine della rivelazione della gloria di Dio. Simbolo dei tempi messianici e della rivelazione, il vino che Gesù dona è tratto dall’acqua contenuta nelle giare per la purificazione dei Giudei. Questo vino buono non è senza quell’acqua. La novità che Gesù porta si innesta nella continuità con l’alleanza stretta da Dio con il popolo d’Israele. Scrive Tommaso d’Aquino: “Se Gesù non ha voluto fare del vino partendo dal nulla, ma a partire dall’acqua, è per mostrare che egli non veniva assolutamente per fondare una nuova dottrina e rigettare l’antica, ma per compierla”. Anche il cristiano non possiede quel vino, ma lo può ricevere ogni giorno dalla parola di Gesù che trasforma l’acqua versata nelle giare d’Israele. La compresenza dell’Antico e del Nuovo Testamento nella liturgia della Parola all’interno dell’Eucaristia esprime il fatto che la Parola di Dio emerge dall’incontro e dal dialogo, presieduto e sempre rinnovato dallo Spirito, tra parola veterotestamentaria e parola neotestamentaria, in una dialettica di novità nella continuità. Maria, già presente alle nozze prima che giunga Gesù con i suoi discepoli (cf. Gv 2,1-2), è simbolo dell’Israele fedele da cui viene il Messia, della Figlia di Sion (nell’Antico Testamento spesso personificata in una donna) chiamata a riconoscere il compimento dell’alleanza e l’instaurazione del tempo messianico della salvezza. Così le sue parole a Gesù (“Non hanno più vino”) non sono una richiesta di miracolo e le sue parole ai servi (“Fate quello che vi dirà”) non sono una mediazione: semplicemente, mostrano Maria nella sua totale disponibilità all’obbedienza quale figura dell’Israele che accoglie le condizioni ancora sconosciute della nuova e definitiva alleanza che Dio stringe in Gesù Cristo. “Fate quello che Gesù vi dirà” (Gv 2,5): sono le ultime parole della madre di Gesù nel quarto vangelo e, in quanto tali, suonano quasi come un testamento spirituale, acquistando il valore di lascito per ogni lettore futuro del vangelo e per ogni credente. Maria non ha un messaggio suo, ma rinvia sempre alle parole di Gesù, “l’unico mediatore tra Dio e gli uomini” (1Tm 2,5), il Verbo fatto carne, la rivelazione definitiva di Dio agli uomini. L’immagine delle nozze, connessa a quella dell’abbondanza (e della qualità) del vino riprendono immagini dell’abbondanza e della gioia dei tempi messianici (cf. Is 25,6; Am 9,13-14) e divengono anticipazione e profezia della festa escatologica. L’Apocalisse evoca la salvezza escatologica con le immagini del banchetto delle nozze dell’Agnello, della Gerusalemme nuova pronta come una sposa per il suo sposo (cf. Ap 19,7-9; 21,2). Il cibo e l’amore, elementi che dicono bisogni fondamentali della creatura umana, trasposti sul piano escatologico, trasfigurano il bisogno in desiderio e alimentano l’anelito di salvezza, di vita piena e di comunione con Dio di ogni uomo.
Comunità di Bose
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Lunedì 21 gennaio 2013
Possono digiunare gli invitati quando lo sposo è con loro?
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Mc 2,18-22
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Martedì 22 gennaio 2013
Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!
In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: « Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni?». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Mc 2,23-28
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Mercoledì 23 gennaio 2013
È lecito in giorno di sabato fare del bene?
In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
Mc 3,1-6
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Giovedì 24 gennaio 2013
Egli imponeva severamente di non svelare chi egli fosse
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
Mc 3,7-12
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Venerdì 25 gennaio 2013
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Mc16,15-18
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Sabato 26 gennaio 2013
Vi mando come agnelli in mezzo a lupi
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Lc 10,1-9
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