Santena – 10 febbraio 2013 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 10 al 16 febbraio 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.
Domenica 10 febbraio 2013
E io risposi: «Eccomi, manda me!».
Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo:«Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:«Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti».
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
Is 6,1-2a. 3-8
A voi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto
Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
1 Cor 15,1-11
Sulla tua parola getterò le reti
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Lc 5,1-11
Recuperare l’altezza, la profondità, l’unicità di Dio
“Lasciarono tutto e lo seguirono”. Così si chiude il Vangelo della quinta domenica del tempo ordinario. E si può dire che questo è il vero “miracolo” della pesca nel lago. Gesù si rivelava il primo pescatore di uomini. Il Vangelo ci porta sulla riva del lago con Gesù che sta in mezzo alla gente. È quasi assediato È forse un’immagine che può apparire scomposta (“gli stavano addosso”, scrive il testo), ma è bella. Finalmente quegli uomini e quelle donne “stanchi e sfiniti, come pecore senza pastore”, avevano trovato un uomo che sapeva parlare alla loro vita. In tanti accorrevano e cercavano di avvicinarsi, di toccarlo, tanto da spingerlo pericolosamente verso l’acqua. Gesù non passò via come fece a Nazareth, né si allontanò infastidito. Vede lì due barche ormeggiate e chiede di salire su una delle due, quella di Simone, a cui chiede di allontanarsi un poco dalla riva. Dalla barca si mette quindi a parlare alla folla. La barca di Simone diviene il pulpito da cui Gesù ammaestra la folla. Questa volta l’evangelista sottolinea l’elemento dell’insegnamento più che il suo contenuto, come invece era accaduto nella sinagoga di Nazareth. Gesù maestro (Christòs didàskalos) è l’icona cardine della vita cristiana. Nei secoli futuri questa immagine riempirà le chiese cristiane. È solo dopo la predicazione di Gesù che la “barca di Pietro” può “prendere il largo” e addentrarsi nel mare alto della vita. In effetti, la forza di questa barca (come pure di ogni componente del suo equipaggio) nasce dall’ordine di Gesù. Non importa che il comando sia umanamente inconcepibile e strano, come nota subito Pietro: “Maestro abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Il discepolo prosegue subito: “Ma sulla tua parola getterò le reti”. L’obbedienza alla parola di Gesù provoca una straordinaria pesca: “Avendolo fatto (cioè: avendo obbedito) presero una quantità enorme di pesci”. Anche il nostro mondo, quello di oggi, segnato dalle “acque profonde”, come amava dire Paolo VI, ha bisogno di questa barca e di pescatori obbedienti al Vangelo. Non c’è dubbio che i credenti (tutti i cristiani, piccoli e grandi), particolarmente oggi, debbano ritrovare la fede di Pietro. Non è questione di sentirsi puri e senza macchia. Pietro non era certo immune dal peccato, anzi gli evangeli ce lo mostrano non poche volte debole e traditore. Ma Pietro seppe inginocchiarsi. Quest’uomo che il Vangelo ci mostra prostrato in ginocchio davanti a Gesù è l’immagine del vero credente, esempio per tutti noi. Pietro riconosce in Gesù il Kyrios, il vero signore della sua vita. Si prostra davanti a lui ed esclama: “Allontanati da me che sono un peccatore”. È la preghiera di un peccatore che trova un Dio che è pieno di amore e di compassione soprattutto per i deboli e i peccatori. Infatti, Dio non si allontana mai dal peccatore, al contrario gli si avvicina, lo va persino a cercare. Gesù, il mandato da Dio, non è venuto per circondarsi di giusti ma di colpevoli. Non è andato incontro ai sani, va in cerca dei malati. La preghiera di Pietro però è vera. Le sue parole esprimono la sua verità davanti a Dio, ma soprattutto il suo bisogno di salvezza. Pietro in ginocchio con queste parole sulle labbra è l’immagine più vera dell’uomo religioso. Già Isaia (è la prima lettura della liturgia) aveva indicato questo atteggiamento: “Io vidi il Signore seduto sul trono alto ed elevato… e dissi: sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure sono io” (Is 6,5-8). In un mondo in cui gli uomini si sono creati numerosi troni di fronte ai quali non solo si inginocchiano ma talora sacrificano persino la vita, è necessario recuperare l’altezza, la profondità, l’unicità di Dio. Sballottati come siamo nelle “acque profonde” di questo nostro mondo, abbiamo tutti bisogno di ritrovare la fede di Pietro che ci fa mettere in ginocchio davanti a Gesù. A noi, poveri uomini e povere donne “dalle labbra impure”, ma prostrati davanti a Dio, oggi vien detto, come a Pietro quel giorno: “Non temete, d’ora in poi sarete pescatori di uomini”. “D’ora in poi”: da oggi in avanti. Questo nuovo inizio di Pietro, che è anche l’inizio di chiunque si mette vicino a lui, è il vero miracolo che il mondo attende.
Comunità di Sant’Egidio
L’incontro con il Signore: un mutamento radicale dell’esistenza
L’esperienza dell’incontro con il Signore è al cuore del testo di Isaia (dove l’incontro avviene in un contesto liturgico) e della pagina evangelica (dove il contesto è la vita quotidiana). Il momento della grande vicinanza con il Signore coincide con la presa di coscienza della propria distanza profonda da lui e del proprio peccato: è così per Isaia che accompagna la sua confessione di fede al riconoscimento della propria impurità (cf. Is 6,5); è così per Pietro che confessa il Signore e, contemporaneamente, riconosce di essere un peccatore. L’incontro con il Signore comporta un mutamento radicale dell’esistenza di Isaia e di Pietro che accolgono la missione che il Signore conferisce loro (“Eccomi, manda me”: Is 6,8; “D’ora in poi sarai pescatore di uomini”: Lc 5,10). L’incontro con il Signore significa per Pietro una crisi, uno sconvolgimento della sua vita: da pescatore è chiamato a divenire pescatore di uomini. La crisi è un momento di verità nell’esistenza di un individuo e spesso è attraverso una crisi che Dio agisce sull’uomo. Questo racconto presenta l’inizio della sequela di Pietro, e lo presenta appunto come crisi. Questo è importante perché quando, più avanti nel cammino, Pietro conoscerà la crisi della sua sequela, questa crisi sarà il possibile re-inizio. E come l’inizio della vocazione di Pietro è segnato dall’obbedienza alla Parola (“sulla tua Parola getterò le reti”) del Signore (“Signore”), dal riconoscimento della sua distanza dal Signore (“allontanati da me”) e dalla confessione del suo peccato (“io sono un peccatore”), la crisi della sua vocazione e il re-inizio dopo il triplice rinnegamento sarà contrassegnato dagli stessi elementi: il ricordo della Parola (“Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto”: Lc 22,61) del Signore (“Il Signore, voltatosi, guardò Pietro”: Lc 22,61), la manifestazione della distanza dal Signore (“uscito”: Lc 22,62) e del suo peccato (“pianse amaramente”: Lc 22,62). Pietro, accettando di gettare le reti in pieno giorno dopo non aver preso nulla durante un’intera nottata di pesca, abdica alla propria competenza, mette tra parentesi le proprie certezze (è di notte che si pesca) e sperimenta la fede come rischio: “È un bel rischio passare nel campo di Dio” (Clemente di Alessandria). La certezza invincibile della presenza del Signore porta Pietro a impegnare il suo futuro sulla promessa del Signore di divenire pescatore di uomini (lett.: “prenderai uomini viventi”) e diviene ingresso in una dimensione di incertezza e di assenza di umane sicurezze. A partire da ciò che è, un pescatore, Pietro è chiamato a divenire altro da ciò che è, pescatore di uomini. E questo fondandosi solamente sulla Parola del Signore: questo il bene inestimabile che resta a Pietro e a ogni credente anche a distanza di tempo dagli inizi del proprio cammino spirituale e da cui è sempre possibile ricominciare il cammino. Pietro e i discepoli dovranno fare ciò che fa Gesù stesso: annunciare la Parola (cf. Lc 5,2; At 4,31; 8,14) e insegnare alle folle (cf. Lc 5,3; At 4,2; 28,31). Anzi, salito sulla barca dei pescatori che non hanno preso nulla, Gesù appare colui che prende uomini con la sua parola. Il luogo del fallimento dei discepoli diviene il luogo che, abitato da Gesù, è fecondo di benedizione. Nel nostro testo viene abbozzata la nascita della comunità. L’altra barca viene in aiuto a quella di Pietro che è in difficoltà: nella comunità cristiana ci si aiuta, ci si sostiene, si riconosce il bisogno che uno ha dell’altro e allora il gruppo diviene una vera fraternità. Da soci (métokoi: Lc 5,7) i compagni di Pietro diventano membri di una koinonía (koinonoí: Lc 5,10). Nel concreto riconoscimento del bisogno dell’altro, nella condivisione delle povertà e delle debolezze di ciascuno, nell’accettare di venirsi in aiuto reciprocamente, la chiesa si manifesta come luogo fraterno in cui ci si ama e si è amati. Lì viene sconfitto il rischio di deformare la chiesa in équipe di lavoro, in azienda, in pesante apparato burocratico: essa è, e deve rimanere, un corpo, un organismo vivente.
Comunità di Bose
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Lunedì 11 febbraio 2013
Quanti lo toccavano venivano salvati.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
Mc 6,53-56
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Martedì 12 febbraio 2013
Siete abili nel rifiutare il comandamento di Dio
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
Mc 7,1-13
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Mercoledì 13 febbraio 2013
Ritornate a me con tutto il cuore
Così dice il Signore:«Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libazione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.
Gl 2,12-18
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Mt 6,1-6. 16-18
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Giovedì 14 febbraio 2013
Dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Lc 10,1-9
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Venerdì 15 febbraio 2013
Lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».
Mt 9,14-15
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Sabato 16 febbraio 2013
Sono venuto a chiamare i peccatori, perché si convertano
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».
Lc 5,27-32
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