Santena – 12 giugno 2013 – Cavour reagirebbe. Provinciale è termine dispregiativo in bocca allo stolto. Richiama arretratezza e goffaggine nel confronto con il moderno e disinvolto cittadino. Chi crede di essere furbo alla fine c’è cascato. Gli han fatto credere che la Provincia è la fonte di ogni male.
E adesso tutti vogliono vederla crocifissa. Il più antico livello di governo del potere, adottato persino dalla Chiesa, che nelle diocesi ha la sua solida forma di governo, sta per essere giustiziato. In Europa solo Malta e il Lussemburgo non hanno questa dimensione istituzionale di rappresentanza degli interessi capace di riequilibrare i rapporti tra le variopinte comunità che la compongono. La realtà è sconvolta, Comuni che hanno abdicato ai loro compiti e Regioni tracimanti dal loro ruolo sono intoccabili. Di contro vogliono far credere che si risanano i conti pubblici abolendo le Province che solo spendono 10 miliardi l’anno, contro i 66 dei Comuni, i 163 delle Regioni e i 562 miliardi dello Stato. 10 miliardi che Comuni o Regioni dovranno pur spendere se di viabilità, scuole superiori, ambiente, agricoltura, lavoro, formazione professionale, tutela e gestione del territorio qualcuno dovrà occuparsi. Fatte le proporzioni vien da piangere. Mentre i costi delle Province diminuivano, in questi ultimi dieci anni le spese delle Regioni sono aumentate di 40 miliardi e quelle dello Stato di 100. Possibile che nessuno si renda conto che i danni vengono da Regioni spropositate, fuori misura nel numero di popolazione e nella estensione territoriale, più piccole della metà della Provincia di Torino? E poi ci sono le Regioni speciali che spendono pro capite 6 mila euro l’anno, contro i 650 di quelle a statuto ordinario: dieci volte tanto.
I creduloni sono come gli integralisti, credono solo a ciò che gli fanno credere. Non sanno che in Italia ci sono ben 3127 enti strumentali che esercitano impropriamente funzioni e che nel 2012 hanno speso ben 7,5 miliardi. Non sanno che bisogna ridurre anche uffici periferici dello Stato che non hanno più senso e giustificazione.
Chi non vuole bere la favoletta reagisce. Chiede di valutare l’insieme della pubblica amministrazione e di fare una riforma che coinvolga tutti i livelli in cui è articolata la Repubblica: Stato, Regione, Provincia, Comune. Non dimentica di esigere la riduzione di enti e aziende non elettivi che esercitano impropriamente funzioni di cui è bene, nel pubblico interesse, non abbiano le competenze. E’ un banale principio di separazione dei poteri e di contrasto al conflitto di interesse che piacerebbe anche al nostro Camillo Cavour.
Gino Anchisi
Da Santena, la città di Camillo Cavour, 11 giugno 2013.
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