Una pausa per lo spirito, proposte di riflessione per i giorni dal 30 giugno al 6 luglio 2013

Santena – 30 giugno 2013 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 30 giugno al 6 luglio 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 30 giugno 2013

Ungerai Eliseo come profeta al tuo posto

nel cenacoloIn quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

1 Re 19,16 b. 19-21

Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

Gal 5,1.13-18

Disse: «Seguimi»

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Lc 9,51-62

La vita “altra” e “differente” rispetto al mondo narra la santità di Dio

La relazione con il Signore passa attraverso il cammino di sequela di un uomo: di Elia (I lettura), di Gesù (vangelo). I due testi convergono anche nel presentare un inizio: l’incontro di Elia con Eliseo segna per quest’ultimo una frattura nella sua vita. Egli si separa dai suoi, abbandona il lavoro e inizia una nuova fase della sua vita al servizio di Elia. Nel vangelo Gesù entra in una nuova fase della sua vita: dopo aver operato in Galilea, ora Gesù si dirige con risolutezza verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51), dove si compirà il suo destino. L’inizio qui significa un andare più a fondo del cammino già intrapreso. Con i tre personaggi anonimi che entrano in scena nei vv. 57-62 il vangelo presenta anche tentativi abortiti di inizio o, quantomeno, le difficoltà che l’inizio di una sequela di Gesù pone. Presunzione di sé (v. 57) e condizioni poste preliminarmente alla sequela (vv. 59.61) intralciano quella sequela che pone il credente sotto il primato del Regno di Dio.  “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il Regno di Dio” (Lc 9,62): questa parola di Gesù suppone che la sequela esiga risolutezza. Perché? Perché Gesù stesso ne ha avuto bisogno: egli “rese dura la sua faccia per andare a Gerusalemme” (Lc 9,51; la Bibbia CEI traduce: “prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”). L’espressione indica la decisione presa nel cuore di perseguire fino in fondo il cammino intrapreso: la risolutezza è la necessaria mobilitazione delle energie e della volontà per non fallire lo scopo. Ma indica anche la concentrazione di chi si prepara a resistere alle difficoltà, alle opposizioni e alle violenze che la propria missione può riservargli. La risolutezza cristiana non ha nulla a che fare con l’incoscienza o con la non assunzione dei propri limiti: essa è determinazione, che etimologicamente rinvia al porre dei confini, e dunque è capacità di conoscere e assumere i propri limiti. Essa è un aspetto della fortezza cristiana e “la fortezza presuppone la vulnerabilità: essere forte significa saper accettare una ferita” (Josef Pieper). Così abbozzata, la risolutezza cristiana appare un’umile risolutezza, mite, mai arrogante, mai presuntuosa, ma convinta e tenace. La missione a cui Gesù invia comporta la possibilità della non accoglienza degli inviati, esattamente come Gesù stesso ha conosciuto la non accoglienza (cf. Lc 9,53). Anzi, non accolto dai Samaritani perché diretto verso Gerusalemme, Gesù sarà rigettato anche dalla città santa, la città “che uccide i profeti e lapida coloro che le sono inviati” (cf. Lc 13,34). L’accoglienza e il riconoscimento per Gesù non sono un diritto. Ma questo, Gesù deve insegnarlo ai suoi discepoli, tentati di reagire con zelo cattivo allo sgarbo ricevuto (cf. Lc 9,54-55). Non una parola di rimprovero per i Samaritani, che vengono accolti nella loro non accoglienza, e invece un aspro rimprovero per i discepoli (Lc 9,55): sono i cristiani che devono vivere il Vangelo ed essere rimproverati se assumono forme di presenza e di azione mondane. Inviati dall’Agnello “come agnelli in mezzo ai lupi” (Lc 10,3), a essi non è concesso di travestirsi da lupi (Mt 7,15). Infatti, è la qualità della loro presenza che narra il volto di Cristo agli uomini. È la loro vita “altra” e “differente” rispetto al mondo che narra la santità di Dio. La sequela di Gesù esige anche la fatica del quotidiano, del giorno dopo giorno (cf. Lc 9,23): la risolutezza è necessaria per non lasciarsi bloccare dalla banalità dei giorni e dalle abitudini, per sostenere la vita del discepolo che è sotto il segno della precarietà (v. 58) e per dare perseveranza alla sequela e non ridurla all’avventura di una stagione della vita. L’inizio della sequela è importante proprio perché il cristiano non è chiamato solo a iniziare ma a dare continuità al suo cammino e a rimanere. Non porre condizioni (v. 61), non predeterminare le prestazioni, non lasciarsi guidare solamente da entusiasmo (v. 57), non nutrire nostalgie che si rivelerebbero paralizzanti (v. 62), sono condizioni essenziali per una sequela duratura.

Comunità di Bose

Il Vangelo è estraneo al modo di reagire del mondo

Il brano evangelico ci presenta Gesù in un momento di svolta della sua vita. Si legge, infatti, nel versetto d’inizio che si stavano ormai avvicinando i giorni in cui egli sarebbe stato “tolto” dal mondo. Di fronte a questa imminenza, Gesù “si diresse decisamente verso Gerusalemme” (letteralmente: “indurì il suo volto verso Gerusalemme”). Si tratta di una decisione ferma e irremovibile. Gesù sapeva quello che avrebbe significato per lui salire a Gerusalemme: ossia la morte come conclusione dello scontro decisivo con i capi religiosi. In altre parti del Vangelo si parla dell’opposizione dei discepoli alla decisione del maestro, avendo anch’essi intuito il pericolo che Gesù correva. Ma la predicazione del Vangelo a Gerusalemme era decisiva per Gesù. Poco più avanti dirà: “È necessario che io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori da Gerusalemme” (Lc 13,33). Da questo momento in poi l’evangelista fa iniziare a Gesù un lungo pellegrinaggio verso Gerusalemme. Non è un semplice artificio letterario. Per l’evangelista il viaggio a Gerusalemme è emblematico dell’intera vita dei discepoli: essere pellegrini verso Gerusalemme, la città della pace. Il Vangelo parla della Gerusalemme terrena (quanto sarebbe importante che i responsabili della politica si incamminassero “decisamente” verso questo traguardo!). Ogni città ha diritto alla pace, ma Gerusalemme ce l’ha scritto nel nome stesso. In verità il traguardo è verso la Gerusalemme del cielo, verso la pienezza del regno di Dio.
In questo viaggio di Gesù noi saremo guidati dal Vangelo per essere accanto a lui. Possiamo paragonare il Vangelo che ci verrà annunciato di domenica in domenica al mantello che il profeta Elia gettò sulle spalle di Eliseo, come ascoltiamo dalla prima lettura della liturgia (1 Re 19,16.19-21). Elia incontra Eliseo mentre sta arando con dodici paia di buoi. Passandogli accanto, il profeta gli getta sulle spalle il suo mantello. Eliseo, nota la scrittura, “lasciò i buoi e corse dietro a Elia”. Eliseo non voleva perdere il legame con il profeta. Ma in seguito Elia scomparve e a Eliseo rimase il mantello del maestro. Ogni domenica il Vangelo sarà per noi questo mantello, gettato sulle nostre spalle, perché possiamo correre dietro a Gesù. E non sarà un giogo pesante che schiaccia. Al contrario, ci è dato per la nostra libertà. L’apostolo Paolo, nella seconda lettura (Gal 5,1.13-18), lo dice chiaramente: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi, infatti, siete stati chiamati a libertà” (vv. 1.13). E la libertà è, appunto, poter seguire Gesù in questo viaggio.
I due episodi ricordati nel Vangelo di questa domenica lo esplicitano bene. Il primo è ambientato in un villaggio di samaritani, una comunità ostile agli ebrei. Quando due discepoli vanno a chiedere agli abitanti di quel villaggio di ospitare Gesù, si trovano davanti a un netto rifiuto. La reazione dei discepoli è altrettanto netta e implacabile: ““Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Ma Gesù si voltò e li rimproverò” (vv. 54-55). Anche noi avremmo reagito come quei discepoli. Gesù però non è d’accordo. Il Vangelo è estraneo al modo di reagire del mondo e sempre lo sarà, per fortuna! Guai se dovessimo applicare la nota legge: “Occhio per occhio e dente per dente”. Saremmo tutti ciechi e sdentati. Seguire il Vangelo vuol dire accogliere Gesù e il suo spirito nella nostra vita, metterci dietro di lui senza riserve. “Seguimi” è il termine che fa da raccordo tra i vari quadretti evangelici. Analogamente dovrebbe legare i nostri giorni al Signore.
Seguire Gesù, legarsi a lui, comporta non pochi scioglimenti, tagli e distacchi. Ci viene spiegato attraverso i paradossi del funerale del padre e del saluto alla famiglia, vietati al discepolo. Gesù non vuole impedire atti di pietà e di umanità. Vuole affermare con chiarezza inequivocabile il primato assoluto del Vangelo sulla nostra vita. E non è una pretesa del più forte. Egli sa bene che non c’è libertà al di fuori di lui: o liberi con lui o schiavi dei tanti padroni di questo mondo. Non c’è alternativa. Ma Gesù ci vuole liberi. Per questo grande dono della libertà è disposto a rinunciare persino alla sua stessa vita. Ecco la ragione ultima della grave affermazione finale: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno dei cieli” (v. 62).

Comunità di Sant’Egidio

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Lunedì 1 luglio 2013

Maestro, ti seguirò dovunque tu vada

In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».

Mt 8,18-22

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Martedì 2 luglio 2013

Perché avete paura, gente di poca fede?

In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva.

Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».

Mt 8,23-27

 

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Mercoledì 3 luglio 2013

Non essere incredulo, ma credente!

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gv 20,24-29

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Giovedì 4 luglio 2013

Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore?

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Mt 9,1-8

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Venerdì 5 luglio 2013

Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori

In quel tempo, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Mt  9,9-13

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Sabato 6 luglio 2013

Perché i tuoi discepoli non digiunano?

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Mt 9,14-17

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