Santena – 21 settembre 2013 – Ieri si è svolta la cerimonia di consegna a Bruno Ceretto, imprenditore vitivinicolo, del Premio Camillo Cavour 2013. Di seguito l’intervento di Marco Fasano, presidente dell’Associazione Amici della Fondazione Camillo Cavour.
Marco Fasano ha iniziato così: «Buonasera a tutti. Vi do il benvenuto, anche a nome di tutti gli altri soci dell’Associazione “Amici della Fondazione Cavour”, ringraziandoVi per la Vostra presenza oggi, in questo luogo – così significativo per la storia patria – alla cerimonia di consegna del Premio Camillo Cavour 2013. Nelle precedenti edizioni, come sapete, avevano ricevuto il Premio – istituito nel 2007 – Carlo Azeglio Ciampi, Umberto Veronesi, Piero Angela, Carla Fracci e Angelo Vassallo in memoriam. L’anno scorso il Consiglio Direttivo della nostra Associazione aveva individuato Carlo Petrini come persona degna di ricevere il Premio iniziando un percorso ideale, che prosegue quest’anno con la VII edizione del Premio, attribuito al Cavaliere del Lavoro Bruno Ceretto. Saluto le autorità civili e militari, presenti, che hanno voluto rendere omaggio, in rappresentanza delle rispettive istituzioni, alla figura di Camillo Cavour e alla abilità imprenditoriale di Bruno Ceretto. Ringrazio la Fondazione Cavour – nella persona del suo Presidente, il Cavaliere del Lavoro Nerio Nesi – con la quale prosegue il rapporto di stretta collaborazione per valorizzare il complesso cavouriano di Santena». A questo punto Marco Fasano ha chiesto a Bruno Ceretto di accomodarsi al tavolo della presidenza.
«In questi giorni – ha proseguito Marco Fasano – riflettendo sulla figura di Bruno Ceretto e cercando di spiegare per quale motivo la sua esperienza nel campo dell’imprenditoria agraria mi ricordasse molto l’attività nel medesimo settore svolta da Camillo Cavour, mi è venuto in mente un episodio della vita del celebre statista piemontese. Mi riferisco al dibattito sviluppatosi intorno al 1843 all’interno dell’Associazione Agraria di Torino e riguardante l’istituzione dei poderi modello. L’Associazione Agraria era stata creata il 31 maggio 1842 da 36 aderenti, tra i quali Camillo Cavour, con la finalità sociale dell’“incremento dell’agricoltura, dell’orticoltura, e delle arti e industrie che ne dipendono direttamente”. In quel periodo si era aperta una discussione aspra, ma molto interessante, tra i sostenitori dell’istituzione dei poderi modello ed i loro avversari, tra i quali emergeva la figura di Camillo Cavour. I poderi modello erano delle fattorie – finanziate per lo più con denaro pubblico – nelle quali si sarebbero dovute fare sperimentazioni su nuove colture e su nuove tecniche di coltivazione. In un articolo pubblicato il 30 agosto 1843 sulla “Gazzetta dell’Associazione Agraria” Camillo Cavour sosteneva tra l’altro: “Perché un tenimento destinato a servire di modello al paese eserciti una salutare influenza sulla sua agricoltura, bisogna che i metodi ivi praticati, gli attrezzi adoperati, i procedimenti industriali, siano tutti di gran lunga migliori di quelli generalmente in uso presso la massa dei coltivatori. Bisogna che questa superiorità sia molto apparente, e sia pure di facile imitazione …”. Nel gennaio 1844, alle accuse di conservatorismo, Camillo Cavour rispondeva, come scrive Rosario Romeo nella sua monumentale opera, sottolineando “i vantaggi della sperimentazione condotta da privati, obbligati a tener conto di quelle considerazioni di economicità che invece sfuggivano a costosi e inefficienti istituti pubblici”. La posizione del Conte, continua il Romeo, “si identificava in buona parte con la sua avversione e la sua insofferenza del progressismo verbale, in agricoltura e in politica, di tanti intellettuali, destituiti di ogni legame con quell’empirismo concreto e fattivo al quale egli dava importanza sempre maggiore”. Ecco la modernità del pensiero cavouriano, da sempre sostenuta da studiosi e semplice cultori della materia».
Marco Fasano ha proseguito: «Il pensiero di Camillo Cavour, però, non prevalse: fu presa in affitto la tenuta demaniale della Veneria da istituire a podere modello e il 19 agosto 1846 fu fondato l’annesso istituto agrario-forestale. Dopo due anni, nel 1848, la situazione finanziaria dell’istituto, come aveva previsto Camillo Cavour fin dall’inizio, divenne insostenibile e l’Associazione Agraria cedette il terreno al marchese Emilio Balbo Bertone di Sambuy. Camillo Cavour, dal canto suo invece, nel 1843 aveva chiamato Louis Oudart a Grinzane contribuendo alla nascita del barolo; sempre nel 1843 aveva commissionato all’ingegner Rocco Colli per la tenuta di Leri un trebbiatoio da riso con cacciapaglia – derivato da un trebbiatoio da grano usato in Scozia – che ebbe risultati lusinghieri; nel 1844 aveva introdotto l’uso del guano nell’agricoltura piemontese e nel 1847 si era interessato al miglioramento della coltivazione degli asparagi santenesi contattando direttamente il miglior chimico agricolo di quegli anni, lo scozzese James Johnston. Sempre nel 1847 era riuscito a trovare il tempo per fondare con altri soci la Rossi Schiaparelli e C. Quando Bruno Ceretto – in occasione di “Wine Experience” del 2011, la più importante vetrina al mondo per il segmento lusso che si svolge a New York nel cuore di Times Square – sottolineando che in mezzo secolo New York era passata dal bere francese al bere italiano dichiarò: “Un successo straordinario. Merito del lavoro fatto dai singoli produttori. Niente carrozzoni di Stato ma tanti rapporti umani con l’aiuto dei grandi ristoratori italiani che dopo aver conquistato New York hanno creduto in noi” ha espresso chiaramente il pensiero cavouriano in materia”».
Il presidente dell’Associazione Amici della Fondazione Cavour ha continuato: «Bruno Ceretto è un imprenditore nel campo vitivinicolo che opera in un settore non secondario per l’economia nazionale, che è diventato una delle eccellenze del made in Italy nel mondo. Nel 2011 – purtroppo non ho dati più aggiornati – il giro d’affari del settore alimentare piemontese è stato di 11,6 miliardi (il 9,1% del fatturato del made in Italy alimentare) e l’export ha superato i 4 miliardi di euro. In Piemonte, secondo l’ufficio studi di Federalimentare, sono attive più di 4mila imprese alimentari che incidono per il 7,3% sul totale delle aziende italiane del comparto e occupano oltre 38mila addetti. Nell’Albese, come bene ha evidenziato un articolo pubblicato sul Sole 24 ore, si coniugano tradizione ed innovazione, grandi imprese multinazionali e piccoli artigiani: Piemonte “laboratorio”, nel quale si contano sempre più casi di piccole aziende che crescono di dimensione cercando di conservare la matrice artigianale della produzione».
«Bruno Ceretto – ha detto Marco Fasano – svolge la propria attività, con le aziende di proprietà, in questo contesto sociale, territoriale e culturale, nel quale hanno operato due secoli fa personalità che hanno contribuito alla realizzazione dell’Unità d’Italia. Queste personalità di spicco – insieme all’oscuro, ma altrettanto importante contributo di anonime lavoratrici e anonimi lavoratori – hanno svolto un’azione fondamentale nel settore dell’agronomia e della produzione di grandi vini, lasciando un segno importante nella storia dell’enogastronomia italiana ed internazionale. Il territorio è quello dell’Albese, lungo il corso del fiume Tanaro, che delimita Langhe, Monferrato e Roero. È un’area nella quale – a metà dell’Ottocento – il re Carlo Alberto a Pollenzo, suo figlio Vittorio Emanuele II a Fontanafredda, Camillo Cavour a Grinzane, Juliette Colbert di Barolo a Castiglione Falletto, Cesare Alfieri di Sostegno a San Martino Alfieri, con altri proprietari terrieri, tramite il lavoro e la fatica di mezzadri, contadini e lavoranti, hanno dato origine ad un sistema sociale, territoriale ed economico, che – da allora – ha nella produzione di beni di qualità il suo punto di forza. In questo territorio, agli inizi degli anni Sessanta del Novecento è nata la Doc – Denominazione di origine controllata – dei vini, cui si è ispirato in seguito il resto d’Italia. Oggi “territorio albese” significa vino di eccellenza, tartufi, turismo enogastronomico e culturale, significa la presenza di migliaia di persone che in quasi tutte le stagioni dell’anno arrivano, spendono denaro e ripartono. In questo modo il territorio e i suoi prodotti producono e moltiplicano ricchezza e benessere, dimostrando come l’integrazione tra il territorio, la cultura e il lavoro sia alla base di una società sana e dinamica. La valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti ha un vantaggio ulteriore, che Bruno Ceretto ha indicato chiaramente: Alba, il suo territorio, i suoi prodotti non possono essere “delocalizzati”, come avviene invece per le fabbriche. E ai giorni nostri questo è un vantaggio, non di poco conto».
Marco Fasano ha continuato: «Il territorio nel quale si trova il complesso cavouriano di Santena ha purtroppo subìto una devastazione impressionante negli ultimi decenni, che ha portato il nostro paese ad avere la più alta densità abitativa fra tutti i Comuni del Pianalto. Il complesso cavouriano, i lavori di ristrutturazione nelle scuderie, la creazione del futuro Memoriale, il Parco, la Cascina Nuova possono rappresentare per la nostra comunità il punto da cui ripartire per valorizzare quanto rimasto del territorio e dei suoi prodotti tipici. Noi quindi dobbiamo cercare, se gli operatori dell’Albese lo vorranno, ogni possibile collegamento e forme di collaborazione con Langhe, Monferrato e Roero, territori che hanno mostrato la via per uno sviluppo economico, culturale ed ambientale sostenibile. Fondamentale è prendere coscienza di quanto fatto dai nostri progenitori, dai nostri nonni, bisnonni e trisavoli: lavoranti, mezzadri, contadini, particolari, muratori, operai, artigiani, imprenditori, che, con i loro sacrifici, le loro fatiche, il loro impegno quotidiano, hanno sempre onorato la Patria e fatto sì che l’Italia diventasse, al di là delle sterili polemiche quotidiane, uno dei Paesi in cui è una fortuna nascere e vivere».
«Bruno Ceretto, la sua famiglia e la sua azienda rappresentano una comunità e un territorio in cui aleggia lo spirito cavouriano, sul quale l’Italia sa di poter contare per affrontare concretamente – e non solo a parole – le sfide della globalizzazione – ha affermato Marco Fasano –. Il Premio Camillo Cavour è l’occasione per riflettere, valutare e valorizzare quanto influirono sui costumi, sui gusti, sugli usi, sull’indole, sul carattere e sulle condizioni di vita materiale i cambiamenti indotti nella società dallo sviluppo dell’agricoltura, delle fonti di energia, delle tecnologie, dei servizi pubblici, delle vie commerciali, delle scoperte scientifiche e delle innovazioni nel campo delle istituzioni civili e religiose. Per l’entusiasmo, la capacità imprenditoriale di ricercare nuovi mercati per i prodotti del territorio, il desiderio di migliorare sempre la qualità della produzione agricola e le condizioni del territorio, il Consiglio Direttivo della nostra Associazione ha ritenuto di poter associare la figura di Bruno Ceretto a quella di Camillo Cavour. Con questa motivazione ufficiale: “Bruno Ceretto, insieme al fratello Marcello, ha iniziato alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso un percorso che ha portato l’azienda, fondata dal padre Riccardo, ad esportare vini di eccellenza in 80 paesi del mondo, conquistando mercati quali Stati Uniti, Giappone, Svizzera, Canada, Russia e Cina. Coniugando tradizione ed innovazione, rispetto del territorio e valorizzazione dello stesso attraverso il turismo culturale ed enogastronomico, rigore della produzione e ricerca, Bruno Ceretto è diventato ambasciatore del migliore “made in Italy”, raffinato, ricercato ed invidiato all’estero. L’idea che i produttori di vino debbano utilizzare parte del profitto ottenuto reinvestendolo nel turismo di qualità fa di Bruno Ceretto un modello cui gli imprenditori italiani, tutti, devono ispirarsi per contribuire ad un nuovo risorgimento del nostro Paese”. Ed è per questo motivo che siamo onorati di consegnare a Bruno Ceretto il Premio Camillo Cavour 2013. Grazie».
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L’audio integrale dell’intervento:
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