Santena – 15 novembre 2013 – Un territorio usato male si rovina, perde di valore, diventa pericoloso per chi ci vive. Il Piano regolatore è importante, perché dovrebbe essere strumento di bene comune e di senso civico che dà valore aggiunto alla comunità. Fare un Piano regolatore però costa denaro e tempo. Si parla di 100mila euro. Per giustificare la spesa bisogna quindi definire quali interessi si vogliono perseguire.
Una cosa è chiara: la stragrande maggioranza dei Santenesi non è interessata a costruire. Ci sono più case di quante sono chieste in affitto o in acquisto. La popolazione non cresce, anzi la crisi dell’industria e di lavoro indica che ci sarà un calo di abitanti. Anziché costruire, oggi un Piano regolatore deve conservare, ristrutturare, recuperare abitazioni e capannoni e salvaguardare la ricchezza del luogo: il terreno agricolo, l’ambiente, il paesaggio, le attività già insediate. Si tratta in sostanza di puntare sulla naturale propensione del territorio e sulla sua collocazione geografica investendo sulla qualità della vita: elemento di attrazione per investire nell’agroalimentare, industria, artigianato, commercio e nel turismo culturale.
La prima scelta da compiere quindi è impedire che si costruisca sulla terra rimasta libera dal cemento. Santena è chiamata a giocare la carta dello sviluppo puntando sul “zero consumo di terra”, ma non solo. Può diventare la città che nell’area metropolitana torinese si ritaglia uno spazio particolare. Per le sue dimensioni e caratteristiche potrebbe essere il luogo che libera spazi intasati dalle auto che saturano l’aria, le vie, le piazze, i parcheggi, bruciando sproporzionatamente energia meccanica. Può diventare una città dove la mobilità interna avviene principalmente a piedi o in bicicletta, usando l’energia pulita prodotta dalla persona. Ciò significa fare un Piano regolatore che ribalta le logiche cementifere passate. Un Piano che regolerà prima di tutto ciò che non è urbano, per poi normare la convivenza e la mobilità nell’urbanizzato; che inverte i valori, le funzioni e i ruoli, dalla periferia verso il nucleo urbano, ponendo la terra, elemento base di produzione di beni alimentari e di lavoro manuale, al centro della gestione del suolo. Per questo il criterio e il metodo con cui sarà scelto lo studio che dovrà redigere il Piano sono fondamentali.
La Città di Camillo Cavour deve dimostrare se è capace di specializzarsi, di fare scelte moderne adottando una logica di riqualificazione anziché di espansione. Lo può fare compromettendo e contaminando la comunità con il patrimonio storico, artistico, paesaggistico, agricolo e produttivo. In questo modo la città si riqualificherà al suo interno e soprattutto nell’area metropolitana. Bisogna a questo punto verificare se i suoi cittadini e le sue imprese, comprese quelle commerciali, e i suoi amministratori sono in grado di raccogliere la sfida.
Gino Anchisi, da Santena la città di Camillo Cavour
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Immagine: Santena da Google map
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