Santena – 18 dicembre 2013 – Come dicono la Chiesa torinese e l’Arcivescovo Cesare Nosiglia le proteste del 9 dicembre non sono da sottovalutare. Dopo la vicenda ex Ages, dopo la fine della Laria, quello di lunedi 9 è stato lo sciopero più politico visto a Santena. Un volantino appiccicato su tutte le vetrine dei negozi annunciava l’adesione alla manifestazione, indetta da chi, non è ancora ben chiaro.
Il risultato è stato enorme. Tutto chiuso, tranne qualche esercizio che ha garantito un minimo di servizio essenziale per chi non può usare un’auto. Intanto alla rotonda del bivio per Poirino iniziava il blocco-rallentamento del traffico, ripreso, non senza stupore, dai telegiornali nazionali. Martedì i negozi riaprivano e la discussione sull’eccesso di tasse che artigiani e commercianti e cittadini onesti devono pagare era all’ordine del giorno. Mercoledì per un’ora, verso mezzogiorno, si è diffuso il panico. Qualcuno annunciava un corteo in arrivo da Trofarello, ma era solo un falso allarme. Giovedì resisteva ancora il blocco del traffico da parte di un ridotto gruppo formato da piccoli commercianti di vicinato, artigiani legati all’edilizia, alcuni disoccupati, pensionati curiosi e giovani con sciarpe bianconere. La prima ondata della protesta si stava esaurendo. Venerdì le resse si spostavano davanti alle banche per il pagamento della Tares e dell’Imu. Dilagavano gli insulti contro quelli che a Roma e in Regione guadagnano troppi soldi, sprecano denaro, fanno rimborsi fasulli, non vogliono sentire ragione. La marcia su Roma per buttare tutti fuori dal Parlamento spadroneggiava, spariva quel pudore che fino a ieri impediva di dire simili enormità. Accanto a rabbia, insulti e minacce la domanda di giustizia e di eguaglianza ogni tanto faceva capolino. Tra tante esagerazioni si faceva largo una riflessione politica sul diritto al lavoro abbinato al dovere di lavorare.
Questa protesta un merito l’ha avuto: ha messo al centro della scena sociale la politica. La spontaneità delle manifestazioni ha costretto tutti a puntare l’attenzione su una crisi sociale finora sottovalutata e rimossa. Chi s’illudeva che prima o poi tutto sarebbe tornato come prima adesso sa che questa volta c’è qualcosa di nuovo, mai contemplato nella nostra memoria. Dopo i salariati e gli stipendiati del settore privato, anche i commercianti e gli artigiani più esposti alla concorrenza e al calo della domanda interna dichiarano la difficoltà ad affrontare il futuro. Alcuni di questi chiedono, prima che scoppi il caos, di fare scelte che solo la politica può compiere: scelte che ristabiliscano per tutti il diritto e il dovere di lavorare e di pagare le giuste tasse. E dato che l’Italia è una regione dell’Europa, allora la speranza sta nei tagli dei costi della politica e della pubblica amministrazione, nella razionalizzazione dei suoi organici e nelle riforme che passano attraverso i contratti dell’Unione Europea, per fare risparmi da investire nel sistema che produce beni materiali e occupazione.
Gino Anchisi
Da Santena, la Città di Camillo Cavour, 18 dicembre 2013
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