Santena – 4 gennaio 2014 – Siamo a vent’anni dall’ultima esondazione che nel 1994 colpì la nostra città.
1994-2014: vent’anni dalla grande alluvione di Santena
L’anno con il 4 porta eventi memorabili. Nel 1814 con la battaglia di Lipsia finiva l’avventura europea di Napoleone I. Centocinquant’anni fa, nel 1864, a Ginevra nasceva la Croce Rossa Internazionale. Cent’anni fa i nostri bisnonni e nonni, furono coinvolti in una guerra mondiale (1914-1918) che lasciò ormai dimenticati lutti in quasi tutte le nostre famiglie. Nel 1944 la Resistenza al nazifascismo riscattava l’onore degli Italiani nel mondo. Cinquant’anni fa, nel ’64, i Cinesi annunciavano di avere la bomba atomica. Il 2014 evoca invece qualcosa di terribile, avvenuto vent’anni prima, che non dobbiamo dimenticare: il genocidio nel cristiano Rwanda di 800.000 persone.
E seppure di dimensioni minori, ricorda come nello stesso anno i Santenesi fecero i conti col vivere sull’imbuto di un bacino idrografico abusato dall’uomo. Tracimando dagli argini, il 6 novembre 1994, la Banna inondava mezza città seminando angoscia. Enormi danni colpirono chi viveva nelle zone basse a destra e a sinistra del torrente. Molte famiglie vennero separate, per ore si persero i contatti con chi era fuori di casa. Nel buio si udivano invocazioni di aiuto, mentre auto ribaltate, cassoni della spazzatura, oggetti di qualunque tipo sottratti alle cantine e ai magazzini scorrevano nelle strade, nei cortili, nei campi. L’odore di fanghiglia mista a liquami inquinanti si diffuse dappertutto. Nessuno sapeva cosa fare, ci si consolò pensando che in fondo era andata bene perché i morti potevano essere di più.
Vent’anni fa per fortuna l’Italia era ancora un Paese molto ricco e a differenza di oggi aveva risorse in più per aiutare chi subiva una disgrazia. Bisognava cambiare i mobili, rifare gli impianti, ripulire la città e la campagna, ricostruire muri e pavimenti. Tutti si tirarono su le maniche. Ci fu anche chi ne profittò. Qualcuno forse abusò nel chiedere i rimborsi, qualcuno cercò di costruire la propria carriera sulle tragedie altrui. Sono cose che capitano. Chi pensava di aver a che fare con dei sudditi però sbagliava: i Santenesi, in gran parte, si comportarono da cittadini cui lo Stato riconosceva dei diritti e dei doveri. Oggi che lo Stato non ha più risorse Santena ha il dovere di richiamare le comunità che vivono a monte, perché governino il loro territorio in modo da evitare il ripetersi di disgrazie a valle. Nel bacino, infatti, si continua a cementificare e a costruire senza tener conto del pericolo. Il Comune preparando le commemorazioni deve dunque chieder conto alle altre istituzioni di come è gestito il sistema idrografico nel bacino. Vent’anni dopo, dobbiamo ricordare: è un obbligo verso le nuove generazioni e verso chi non c’è più.
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 5 gennaio 2014.
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