Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 16 al 22 febbraio 2014

Santena – 16 febbraio 2014 – Di seguito, alcune proposte di riflessione per i giorni dal 16 al 22 febbraio 2014, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 16 febbraio 2014

Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua

FuocoSe vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.

Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.
Sir 15,15-20

Una sapienza che non è di questo mondo

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.
1 Cor 2,6-10

Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi…

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».
Mt 5,17-37

La giustizia di Dio è andare oltre ogni limite

Il brano del Vangelo di Matteo, che ci viene annunciato in questa domenica, continua la lettura del sermone della montagna con la sezione che viene chiamata “Discorso delle antitesi”, ove si solleva il decisivo problema del rapporto tra Gesù e la legge, tra il Vangelo e le norme etiche. Con una frase che a guisa di ritornello scandisce i versetti 17-37, sembra che Gesù prenda una drastica posizione contro la Legge: “Avete inteso che fu detto… ma io vi dico…”. In verità subito aggiunge: “Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. Ed è proprio il “compimento” della Legge il cuore di questo brano evangelico. Per Gesù compiere la Legge vuol dire diventare “perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (v. 48). Avendo presente questo esigente obiettivo non fa meraviglia ascoltare l’ammonizione che apre l’odierna pericope: “se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli”. È a dire che essere buoni alla pari dei farisei vale non esserlo per nulla. La giustizia dei farisei viene giudicata da Gesù così poco grande, che nemmeno basta per entrare nella salvezza. È un giudizio durissimo, che non può non stupire se si tiene conto che il fariseismo del tempo agli occhi dei più era cosa assolutamente rispettabile e rispettata.
Eppure la giustizia dei discepoli del Vangelo deve essere superiore, e di molto, a quella dei farisei. Gesù non intende parlare qui di una maggiore quantità di precetti da osservare. In altra parte del Vangelo rimprovera i farisei: “Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili” (Lc 11,46). Egli parla di una giustizia diversa, una giustizia che non va neppure confusa con quella di cui si tratta sul piano legislativo. La giustizia di cui parla Gesù va collegata all’agire di Dio, il quale non si comporta come un freddo calcolatore che bilancia il dare e l’avere, le colpe e i meriti. Dio agisce con un cuore grande e misericordioso. La giustizia di Dio, potremmo dire, è andare oltre ogni limite, anche quello della legge. Il problema non è nel rapporto tra precetto ed osservanza, bensì tra amore e indifferenza, o se si vuole, tra calore e freddezza. Non è in gioco, infatti, la semplice osservanza delle leggi, che è semplicemente una sorta di primo gradino nella scala della convivenza, bensì la vita stessa della comunità.
Il primo tema che Gesù tocca è tratto dal quinto comandamento: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio”. Come appare chiaro non si tratta di una nuova casistica (con le altre due scansioni: chi dice stupido e pazzo al proprio fratello) o di una nuova prassi giuridica, magari più severa della precedente, bensì di un nuovo modo di intendere e di praticare il comandamento del “non uccidere”. Sono in gioco i rapporti tra di noi e il rapporto con Dio. Essi, vuol dire Gesù, sono a tal punto importanti da decidere del proprio destino definitivo. È un modo diverso per dire che l’amore, tra noi e con Dio, è il compimento della Legge. In tal senso si tratta di passare, anche verbalmente, da un precetto in negativo all’affermazione del primato dell’amore. Suona perciò molto lontano dal Vangelo quel detto popolare che tante volte sentiamo ripetere: “Non ho fatto male a nessuno; mi sento la coscienza a posto”. Non è questione di non fare il male, quanto piuttosto di fare il bene. L’amore è la giustizia chiesta ai discepoli del Vangelo.
Gesù giunge a dire: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”. Non dice “se tu hai qualcosa contro tuo fratello”, ma “se lui ha qualcosa contro di te”, per indicare che la riconciliazione va fatta anche se la colpa è dell’altro e non nostra. Ebbene, Gesù chiede di interrompere persino l’atto supremo del culto per ristabilire l’armonia del perdono e dell’amicizia. La “misericordia” vale più del “sacrificio”. Il culto, inteso come segno della relazione con Dio, non può prescindere da un rapporto umanamente serio e amichevole tra gli uomini. È in questo contesto che va intesa anche l’affermazione seguente: “Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio; chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”.
Viene poi la questione del giuramento: “Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non giurerai il falso… ma io vi dico: non giurate affatto”. La proposta evangelica esclude qualsiasi forma di giuramento nella sua duplice valenza, religiosa e sociale. Il giuramento viene visto come un abuso dell’autorità di Dio, chiamato a coprire la deficienza di veracità delle parole e degli impegni umani. Il Signore ha creato l’uomo con la dignità della parola (purtroppo, anche se motivi storici lo hanno sollecitato, la pratica cristiana ha persino istituito canonicamente il giuramento). Gesù dice: “Sia invece il vostro parlare: sì sì, no no; il resto viene dal maligno”. Gesù crede davvero alla parola degli uomini. Così si conclude il brano evangelico di questa domenica. Esso ci riporta al principio della parola evangelica, nella sua novità e nella sua forza. Chi ha mai osato pronunciare parole come queste? L’apostolo Paolo afferma che si tratta di una “sapienza che non è di questo mondo” e aggiunge: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito” (1 Cor 2,9). È la consegna ai credenti di una nuova “legge”, non fatta di norme o di disposizioni giuridiche, ma di un cuore nuovo, di uno spirito nuovo.
Comunità di Sant’Egidio

 

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Lunedì 17 febbraio 2014

Perché questa generazione chiede un segno?

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.
Mc 8,11-13

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Martedì 18 febbraio 2014

Non capite ancora e non comprendete?

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
Mc 8,14-21

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Mercoledì 19 febbraio 2014

Gli impose le mani sugli occhi ed egli ci vide

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».
Mc 8,22-26

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Giovedì 20 febbraio 2014

Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Mc 8,27-33

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Venerdì 21 febbraio 2014

Chi vuole salvare la propria vita, la perderà

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?

Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».

Mc 8,34-9,1

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Sabato 22 febbraio 2014

Ma voi, chi dite che io sia?

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Mt 16,13-19