Santena – 19 novembre 2015 – Cesare Tavella è stato ucciso a Dacca, Bangladesh, il 28 settembre scorso. 51 anni, figlio di un ex dirigente Ages, è vissuto a Santena, dove è ricordato da amici e compagni di scuola.
L’Isis ha rivendicato la sua uccisione nel numero 12 della Rivista Dabiq, intitolata “Solo Terrore”. Il suo assassinio è accostato, non a caso, al sabotaggio dell’aereo russo caduto sul Sinai, alla strage di Parigi di venerdì 13 novembre, alle minacce rivolte all’Italia, terra di infedeli. Sposato e padre di un figlio, Cesare è indicato come un Crociato italiano, ucciso in quanto apostata: dunque un martire di una battaglia religiosa che si estende dall’Asia, compreso il colosso cinese, all’America, primi gli USA, abbracciando tutto il Globo e concentrata sul Medio-Oriente, Mar Nero, Mediterraneo e Europa.
Questo è l’Isis, lo Stato Islamico nato nel giugno 2014 che ha preso il controllo di parte del territorio della Siria e dell’Iraq, alla cui testa c’è Abu Bakr al-Baghdadi. Uno Stato che combatte una guerra senza quartiere in nome del Califfato, nato sull’onda di errori commessi dall’Occidente a cavallo delle Primavere Arabe, scoppiate in Tunisia nel 2010, dilagate nel Nord-Africa e nel Medio Oriente, il cui culmine è stato raggiunto in Siria nel 2014. Visto ciò che accade, l’abbaglio statunitense sulla Siria appare in tutta la sua gravità.
L’idea di abbattere la dittatura di Assad si è risolta nella nascita di un nemico dell’Occidente che, in nome di Maometto, vuole punire, convertire e assoggettare il resto del Mondo. Che dire poi dell’errore francese in Libia? La decisione del marzo 2011 di Sarkosy di bombardare, col sostegno di USA e Regno Unito e successivamente della Nato, il Paese extraeuropeo con cui l’Italia aveva intense relazioni commerciali (la Libia possedeva consistenti pacchetti azionari di società italiane e intense relazioni economiche con ENI) si è risolto in un fallimento colossale. La morte di Gheddafi ha aperto la strada a conflitti tribali che collocano il terrorismo e la disperazione nel cuore del Mediterraneo. La vicenda ha dimostrato la debolezza dell’Italia nello scacchiere internazionale ed europeo. Il Bel Paese, infatti, in piena crisi culturale, istituzionale, sociale e produttiva non era in grado di tutelare i propri interessi.
L’omicidio di Cesare Tavella, dopo la vicenda Prodit, riaccende l’attenzione su un presente spaesante, senza ordine, che richiede uno sforzo culturale per essere compreso nella sua complessità. In ballo c’è la geopolitica in cui ci sono la Libia, l’Ucraina, l’Afghanistan, i Paesi del Golfo e del Mar Nero, il Mediterraneo, Parigi, Roma, l’Europa e la Turchia. Senza dimenticare i due grandi protagonisti: Usa e Cina. Che dire poi della Russia, con l’Ucraina e la Crimea di cavouriana memoria? Infine bisogna tener presente lo scontro tra Arabia Saudita, sunnita, e Iran, sciita, giocato sul Siraq, cioè Siria e Iraq. Un territorio in cui sono presenti i Curdi, visti come fumo negli occhi dal Turco Erdogan. Curdi penalizzati, dopo la I guerra mondiale e il disfacelo del Califfato Ottomano, dall’assurda tracciatura dei confini mediorientali.
Innegabile che un grande ruolo lo svolga anche la nuova geoeconomia che vede protagonisti Cinesi e Statunitensi e loro soci e alleati intorno al petrolio, alle materie prime e alle derrate alimentari. Ricordando il primo caduto di Santena nella “nuova” guerra al Califfato si aprono gli occhi su processo di globalizzazione duro e complesso, che fino a ieri potevamo far finta di non conoscere, ma al quale, dopo Parigi, non possiamo più sfuggire, viste le responsabilità che ci portiamo dietro da tante generazioni.
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 19 novembre 2015
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