Torino – 15 dicembre 2015 – Oggi, martedì 15 dicembre 2015, alle ore 9, mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ha partecipato alla presentazione del Rapporto “Italiani nel mondo”. Di seguito, il suo intervento.
INTERVENTO DELL’ARCIVESCOVO DI TORINO
MONS. CESARE NOSIGLIA ALLA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO
MIGRANTES SULLA EMIGRAZIONE ITALIANA ALL’ESTERO
«C’è un’Italia in sofferenza, che stenta a riprendersi, quella che si nasconde dietro gli oltre 100mila nostri concittadini italiani che lo scorso anno hanno preferito lasciare il Paese. Sono in prevalenza uomini (56,0%), celibi (59,1%), tra i 18-34 anni (35,8%), partiti principalmente dal Nord Italia per trasferirsi, soprattutto, in Europa. Sono i dati che emergono dal Rapporto 2015 “Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes e giunto quest’anno alla 10ma edizione. Dunque l’Italia non ha cessato di essere, come lo era in passato, Paese di emigrazione. Sono circa 5 milioni i cittadini italiani residenti all’estero e, pur restando indiscutibilmente primaria l’origine meridionale dei flussi, si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord Italia. La Sicilia con 713.483 residenti è la prima Regione di origine degli italiani residenti all’estero, ma il confronto tra i dati degli ultimi anni, pone in evidenza una marcata dinamicità delle Regioni settentrionali, in particolare della Lombardia (+24mila) e del Veneto (+15mila). L’Italia – si legge nel Rapporto di Migrantes – sta vivendo una delle più lunghe recessioni economiche e occupazionali. I giovani, i lavoratori, le famiglie, persino gli anziani sono in partenza. L’analisi del decennio 2006-2015 mostra chiaramente questa escalation: in 10 anni si è passati dai 3.106.251 iscritti all’Aire (dato del 2006) ai 4.636.647 del 2015 con una crescita del +49,3% in 10 anni.
Tra i numerosi dati del Rapporto colpisce la forte crescita degli studenti italiani che scelgono di partire per un periodo di studio all’estero: sono 1.800 i ragazzi partiti con Intercultura per l’anno 2014-2015. Anche tra i laureati, il fenomeno dell’emigrazione per ragioni lavorative è tendenzialmente in crescita negli ultimi anni. Si parte perché all’estero ci sono maggiori prospettive di guadagno (7,4 in media contro 6,2 su una scala 1-10) e di carriera (7,4 contro 6,3), di flessibilità dell’orario di lavoro (7,7 contro 6,9) e di prestigio (7,6 contro 6,8). Le mete preferite sono Regno Unito (16,5%), Francia (14,5%), Germania (12%) e Svizzera (12%). Ma se i giovani partono, l’Italia si trova a diventare un Paese per vecchi. L’Italia è un Paese colpito da una bassa natalità e con un calo demografico pari a 250mila giovani ogni anno. Ad aumentare sono invece due categorie di giovani: i neet (“giovani che non studiano e non lavorano” ed “emblema dello spreco italiano del capitale umano”. L’Italia figura tra le nazioni che hanno la piu’ alta percentuale di questi giovani, preceduta solo dalla Bulgaria e dalla Grecia ) e gli “expat” con titoli di studio medio-alti, per questo maggiormente esposti alla disoccupazione, quindi “bravi ma senza prospettive” e dunque pronti a espatriare.
I fattori che inducono i giovani a diventare neet o a emigrare sono:
-la mancanza di lavoro dovuta soprattuto alla carenza di investimenti in settori nuovi e promettenti;
-la riforma delle pensioni che ritarda o ostacola l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
-la dispersione scolastica che sta crescendo;
-una formazione non adeguata alle richieste del mondo produttivo e la scarsa alternanza scuola-lavoro;
-la difficoltà dei Centri per l’impiego a intercettare i neet e tanti giovani che sfiduciati non li frequentano;
-la disattenzione delle istituzioni che alimenta la rassegnazione nei giovani;
-la permanenza prolungata in famiglia sempre piu’ chiamata a fungere da amortizzatore sociale;
-la “condanna” a una situazione di precarietà a vita.
“L’anno scorso – ha fatto notare monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes – sono arrivati in Italia 33mila lavoratori e sono partiti all’estero 101mila italiani. Significa che ad un lavoratore che arriva, corrispondono 3 italiani che se ne vanno. Questa è la vera crisi del nostro Paese”. “Non riprendere questo dato significa non leggere politicamente e culturalmente la nostra situazione e, quindi, non costruire politiche familiari, lavorative e scolastiche che sappiano leggere questa realtà”. Come guardare al futuro? Occorre accompagnare i migranti con un associazionismo capace di creare rete; allargare la cittadinanza in un momento in cui stanno emergendo chiusure e muri e un possibile blocco di Schengen; guardare con occhi nuovi alla mobilità umana perché “chiusure e paure non fanno che impoverire ulteriormente e disumanizzare la storia delle migrazioni che ancora oggi sono solcate da sofferenze. Il nostro coordinatore di Londra – afferma ancora Perego – ci parlava di due suicidi di italiani a Londra al mese. È un tema che chiede più politica e più cultura della migrazione e piu’ accompagnamento.
La Diocesi:
1-Sempre di più si confronta con una crescente mobilità interna di giovani (e non solo). Le parrocchie giocano un ruolo importante, nell’integrare, offrire un punto di riferimento per educare e orientare agli studi per individuare percorsi adeguati alle concrete capacità intellettive dei giovani e sopratutto idonee a sbocchi lavorativi piu’ consoni e rispondenti alle richieste del mercato a tutto campo (industria, commercio, artigianato, agricoltura, servizi), e alla cultura del lavoro. Cosa che va fatta anche verso e con le famiglie stesse.
2-Stiamo attivando a livello di unità pastorale l’Agorà sociale che abbiano svolto a Torino per sostenere e promuovere una strategia del territorio su queste problematiche della formazione, lavoro e welfare per dare vita a reti di incontro tra le diverse componenti sociali interessate, dalle istituzioni,al mondo del lavoro e della formazione, a quello dei servizi di un welfare non solo piu’ di assistenza ma di inclusione sociale.
3-I neet sono una delle categorie privilegiate che abbiamo deciso di sostenere con i fondi che il papa ci ha lasciato in seguito alla ostensione.
4-C’è una sofferenza di tante famiglie che vedono figli partire.
5-Contiamo che anche la nostra Diocesi riesca ad esprimere qualche Pastore per seguire gli italiani all’estero dedicando un tempo per le missioni cattoliche italiane.
+Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino»
Torino, 15.12.2015
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Fonte:
Ufficio comunicazioni sociali Diocesi di Torino
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Twitter @rossosantena