Santena, cibo, natura e storia. Puntata 111.

SANTENA – 3 marzo 2018 – 85° Sagra dell’Asparago: tra le più importanti rassegne gastronomiche della Città Metropolitana e del Piemonte. Per uscire dall’isolazionismo Torino ha bisogno di una lobby degli ortaggi. Sul diesel accanimento sospetto quasi come quello contro i vaccini.

 

Al centro, il platano Cavour

1) Diesel o Benzina a Torino. In Germania e in Italia è in corso una strana, repentina e sospetta svolta keynesiana, ambientalista e salutista. La caccia contro i più moderni motori diesel è apparentemente lasciata nelle mani di Sindaci, trasformati in coperchi di pentole bollenti. La cosa non dispiace alle case automobilistiche, in perenne attesa di provvedimenti che impongano il ricambio del parco automobilistico. Non sapendo cosa succeda entro le mura della Città di Torino, il contado, perplesso, osserva sospettoso. Tra confusione sul traffico, limitazioni alla mobilità, costi dei parcheggi, code e congestioni va a finire che chi vive fuori le mura si rivolgerà ad altri centri urbani e capoluoghi. Enrico De Vita, esperto in automobili, sostiene che: “Ormai è dimostrato che i propulsori diesel euro 5 e euro 6 sono di gran lunga meno inquinanti dei benzina. Rinnegare i diesel vuol dire mettersi nelle mani dell’industria cinese che dispone già del monopolio delle batterie.”(Corriere della Sera 27/2/2018).

 2) Grazie Chieri. Passo avanti sulla strada del distretto del cibo. Sabato, 24 febbraio, a Chieri, nell’ex Mattatoio, nel Ristorante Sociale della Cittadella del Volontariato, in via Giovanni XXIII 8, i Produttori Asparago di Santena e delle Terre del Pianalto, insieme all’Associazione Ristoratori Santenesi hanno preparato per una delegazione di giornalisti alimentari – Food Blogger – una degustazione di asparagi tipici: antipasto mimosa e risotto di asparagi. Nel Chierese-Carmagnolese la squadra c’è, i prodotti ci sono e così pure le aziende. Adesso i Comuni dovrebbero “incoraggiare” l’Appendino e Marocco a fare sto’ sacrosanto distretto.

 3) Campagna Asparago 2018. Ghiotta notizia. A Torino dal 7 al 10 ottobre si terrà la Prima Edizione del Salone Internazionale del Riso. E’ prevista una competizione tra i migliori Chef che si disputeranno il “Risotto World Championship”. Visto il profondo legame tra il Bacino idrografico risicolo del Gran Canale Cavour e il Bacino della Banna, i Produttori dell’Asparago di Santena e delle Terre del Pianalto, in memoria di Camillo Cavour e dei suoi collaboratori e contemporanei, dichiarano la disponibilità a fornire, in via esclusiva ed eccezionale, la materia prima. Germogli di asparago freschi raccolti in campo con certificazione di provenienza. Una rarità e prelibatezza che si può realizzare ricorrendo alle più moderne tecnologie di conservazione, in corso di sperimentazione.

4) Urge distretto del cibo. Torino non è solo un mercato di acquisto in cui chi viene da fuori può piazzare vini e alimenti. Torino è un’area di produzione di prodotti alimentari freschi, sani, salubri e sostenibili. Visti i due milioni e più abitanti della Città Metropolitana sulla sua piazza si gioca una partita di interessi complessi per lo smercio delle derrate alimentari. Stupisce quindi che qualcuno non si renda conta del valore di un distretto del cibo sostenibile e accessibile dentro i confini della Città Metropolitana Torinese. Un presidio a salvaguardia della qualità degli alimenti che, pur non potendo soddisfare la domanda della comunità, contribuisce ad elevare il livello di quanto arriva da fuori.

5) Mezzo millennio di folclore. Nella Zona del Chierese-Carmagnolese inizia la stagione delle Sagre e delle Fiere. Manifestazioni folkloristiche che valorizzano e promuovono i lavori, la cultura e le tradizioni dell’area. Inizia Carmagnola il 10-11 marzo in Piazza Italia con la 554° Fiera Primaverile. L’antica rassegna quest’anno vede l’inaugurazione del nuovo salone fieristico, accanto al mercato del bestiame. Intanto Santena prepara la sua 85° Sagra dell’Asparago, manifestazione tra le più significative dell’antico spirito contadino della Città Metropolitana di Torino e del Piemonte. Poi arriva Pecetto con la 101° Fiera delle Ciliegie. Chieri intanto prepara per i primi di giugno “di Freisa in Freisa”. E poi c’è chi sottovaluta l’importanza del Distretto del Cibo.

 6) Avanti Museo. Riprendendo l’impianto museale di Maria Avetta, Santena darebbe un contributo notevole alla storiografia del Risorgimento. Un’interpretazione corretta e coraggiosa che, già negli anni Sessanta del Novecento, ruppe con la stucchevole retorica di un’Italia Unificata da una ristretta élite di nobili e notabili, ai quali tutti gli altri dovevano eterna gratitudine per aver loro dato una Patria e una Nazione. Una lettura falsa, che tagliava fuori dal processo di edificazione dello Stato moderno e democratico i ceti sociali emergenti che avevano dato un grande contributo su tutti i fronti. Una visione élitaria che, finita l’enfasi nazionalistica, ha dato libero sfogo non solo al neoborbonismo e al populismo, ma pure a un regionalismo inetto  e a un neo localismo comunalistico che vuole i suoi rappresentanti, i sindaci, ridotti a miseri sindacalisti di interessi ristretti.

Al centro, il platano Cavour

7) XVI. La rivoluzione e i Platani Napoleone e Cavour a confronto. Bisogna tornare indietro: al 14 giugno 1800, alla vittoria di Napoleone a Marengo, località vicina ad Alessandria. Là, in quei miracolosi e nefasti giorni, in memoria della vittoria, fu piantumato il famoso Platano di Napoleone. Oggi classificato tra gli alberi monumentali del Piemonte, raffigurato su tutte le guide turistiche di Alessandria e dintorni. Il Platano, 200 anni, è vecchio, ma non così tanto. Nulla a che vedere con quello di Camillo Cavour di Santena. Quello che ombreggia uno dei più suggestivi mercati ambulanti d’Italia.  Un esempio di maestosità e longevità che supera il Napoleone di oltre cento anni. Trecento anni contro duecento. Lo testimoniano le cartine del parco dei primi del Settecento. Sotto le sue fronde Cavour si dice sorseggiasse il caffè. E prima Michele, il padre, e gli zii Franchino e Bartolomeo discutevano con chi convenisse stare: con i Francesi o con i Savoia.  Problema che di lì a breve risolse la nonna Filippina di Sales, la politica di casa. Nel caso del Santenese, un monumento naturale d’Italia da valorizzare ai fini naturalistici, storici, turistici e paesaggistici. Per non citare gli altri platani di 250 anni e oltre, costituenti uno dei più splendidi concentramenti di alberi plurisecolari d’Europa. Un patrimonio unico di proprietà della città di Torino e di tutta l’umanità. Donato dall’ultimo discente di Camillo Cavour, il Marchese Giovanni Visconti Venosta, signore di Santena  e di San Martino Alfieri, il Castello che s’affaccia sulla valle del Tanaro, in sponda sinistra, prima di Asti.

Al centro, il platano Cavour

Sotto quel castello Andrea, il padre di Matteo Morra, passò tranquillo la mattina del 26 luglio del 1797.  Ignaro di ciò che sarebbe successo di lì a poco. Da quella faccenda dipese la scomparsa della famiglia durante il periodo napoleonico. I Morra sparirono dalla scena. Il motivo è tenuto nascosto ancor oggi per quel senso di vergogna che fa parte della formazione culturale delle famiglie contadine. Spaventati da ciò che accadde, si eclissarono per 22 anni, per ricomparire nel 1819. Nel frattempo erano saliti da Cherasco, il paese dell’elicicoltura, a La Morra, il paese dell’oro rosso, il Barolo. Di quel periodo sappiamo solo che Andrea vide il Platano di Cavour già grande. Fu la volta che fece una consegna a Chieri, per degli Ebrei, tra i quali i Levi e i Sacerdote. Passando da Bra, l’Abazia di Casanova, traversò la borgata di Santena, già famosa per gli asparagi. Si fermò a bere all’osteria in centro, poco dopo il Castello, sulla sinistra. Dicevano che l’oste mischiasse il vino, ma lui lo trovò buono e corposo. Raccontò che costeggiando il parco su strada antica di Chieri fu colpito dalla bellezza del Parco e da quel platano centenario. Viaggiare era bello ma allora era molto pericoloso.

Andrea rischiò grosso per colpa di Napoleone e degli ideali illuministici. Successe quando andò a portare il nebbiolo ad Asti dal solito cliente. Faceva caldo quella mattina di fine luglio. La periferia di Asti era in fermento. L’osteria era piena di strane figure, agitata da un via vai surreale. Fin nella cantina si parlava dei Giacobini. Di Francesi che li avrebbero aiutati a fare giustizia e a far fuori il Re Carlo Emanuele IV, compresi i suoi cortigiani partigiani. Del Generale Bonaparte, quello della pace di Cherasco dell’anno prima, che sicuramente li avrebbe e premiati. Secondo i rivoluzionari la gente era pronta a qualunque cosa. Mancavano il frumento e la meliga. Si sospettava che li avessero nascosti per speculare. I prezzi erano saliti alle stelle. I più caldi erano vestiti moderno, senza parrucca. I più erano giovani. Avvocati, agrimensori, barbieri, dottori, camerieri, tipografi, carrozzieri, fabbri, artigiani e contadini, lavoranti e particolari. Le nuove professioni entravano in scena. Dopo la rivoluzione del 1789 in Piemonte si facevano i conti con il passaggio di eserciti, turbolenze, crisi, idee nuove, nuove leggi, nuova burocrazia, nuove pratiche religiose. Nel 1796 i prezzi della farina e del pane presero a salire. La povera gente nelle città protestava e moriva di fame. Furono accusati i fornai e i contadini di aggiotaggio. Diedero assalto ai mulini. La confusione era enorme. Tutta Italia era in fermento dal sud al nord. A Reggio Emilia avevano adottata la bandiera tricolore in onore di un astigiano. Giovanni De Rolandis di Castell’Alfero. Impiccato a Bologna insieme a  Luigi Zamboni il 23 aprile 1796. Nel 1797 a Chieri, e quindi a Santena, come in tutto il Piemonte scoppiò la rivoluzione. Andrea entrò, ancora tranquillo, in Asti all’una di pomeriggio del 28 luglio 1797. Guardandosi intorno sentì che c’era un’aria diversa dal solito. Di tornare indietro non se ne parlava. Avrebbe dovuto buttar nel Tanaro il vino. Da qualche anno i Morra fornivano l’osteria di Pietro Giacomo Valle. Un tale di San Martino sul Tanaro che comprava il nebbiolo da loro e la barbera a San Damiano. La taverna era accogliente, sicura, ben frequentata. Pietro era un omone senza una gamba. L’aveva persa, dicevano, quando era ragazzo, sotto un carro lavorando nella vigna di parenti dalle parti di San Defendente, vicino a Govone. Pietro era possente, autorevole, coraggioso e intelligente. Fermarsi da lui la notte era un piacere. Tornato a casa, nella stalla, Andrea ne aveva da raccontare per tutto l’inverno. Ai tavoli sedeva gente sveglia. Teste calde che parlavano di politica, degli Stati Uniti d’America, della fine della monarchia, del presidente Washington morto a marzo, di John Adams che l’aveva sostituito. Di Jefferson, Mazzei, La Fayette, Franklin, Robespierre e Bonaparte. Parlavano di cose inaudite di libertà, fraternità e eguaglianza. Di diritti, di lavoro e di progresso. Pietro da dietro il bancone guardava intorno. Se arrivava un estraneo o uno della polizia, faceva segno di interrompere le discussioni.

Andrea finì di travasare il vino che erano tre del pomeriggio. Serrò la cantina, salì la scala, si accomodò a un tavolo per mangiare la specialità della casa. Un piatto di tagliolini al pomodoro e trito d’interiora di pollo, con una pagnotta, un fresco bicchiere di frizzante Freisa, un grappolo di uva bianca luglienga, portata da casa. Quella sera non doveva rientrare a Cherasco. Il cavallo riposava nella stalla. Di notte nessuno si metteva per strada. La notte era dei briganti e delle masche.

Gino Anchisi
da Santena, La città di Camillo Cavour, 3 marzo 2018.

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