Santena, Camillo Cavour e la coltivazione orizzontale e verticale. Puntata 180

SANTENA – 14 luglio 2019 – Il Distretto del Cibo del Chierese-Carmagnolese per integrare l’orizzontale con la verticale.  Tra poco su questa terra saremo 10 miliardi. Gran parte della popolazione sarà concentrata nelle grandi città metropolitane. Tutto ciò dà un nuovo valore alla produzione locale del cibo.

La coltivazione in verticale è di grande moda. Non è una novità. Discuterne fa bene, soprattutto a quella orizzontale perché è lei che nutre e nutrirà ancora per un bel po’ l’umanità. Ed è lei che ne trarrà più benefici. L’insegnano i Cinesi, che stanno comprandosi l’Africa per produrre il cibo che ogni giorno infilano nei loro miliardari corpi. E poiché la terra è bassa, da sempre ci s’ingegna a mettere in alto il coltivato, per evitare di piegare troppo la schiena e le ginocchia. Prima del Cristianesimo a Babilonia già c’erano i giardini pensili. Da allora le due direzioni, orizzontale e verticale, si sono sviluppate insieme, con la netta prevalenza della prima. L’una però non ha escluso l’altra. La seconda fino a ieri è stata retaggio di una certa élite di sperimentatori e di curiosi. Oggi c’è un’accelerata. Perché le due direzioni si possono integrare sempre più, grazie alle moderne tecniche e tecnologie e alla tradizione. L’agricoltore più famoso della zona, Camillo Cavour ne sarebbe entusiasta. Lui, che introdusse la meccanica e la chimica per aumentare la produttività dei campi, sarebbe affascinato da questa nuova visione. L’orizzontale ha il compito primario produrre alimenti per 7 miliardi di consumatori giornalieri. Verticale e orizzontale rispondono ad esigenze e guardano ad interessi identici e però differenti. Da una parte c’è quella della autoproduzione di alimenti vegetali che si esercita sottoforma di piccoli orti in cui si coltiva in pieno campo e in serra. Una tendenza che oggi si estende, negli agglomerati urbani, ai balconi e più di recente a camere interne alle abitazioni, a grandi capannoni o in serre appositamente attrezzati per far crescere insalate, germogli, pomodori, peperoni, cetrioli, fragole e altro.

Un passaggio apparentemente sempre più rivolto al “chiuso”. In luoghi in cui la biosfera è governata per addomesticare i fenomeni climatici e naturali. Dove l’attenzione si concentra sulla iperproduttività, sul sapore, sulla salubrità, sul valore nutrizionale degli ortaggi o dei frutti. Ambienti manipolati e controllati, nel corretto senso della parola, in cui l’impatto ambientale esterno viene soppresso. Ecco la principale difformità con la coltivazione orizzontale in campo.

Non va dimenticato che la verticale è un’evoluzione della coltivazione in serra, che è un’evoluzione della coltivazione in campo. Tra queste emerge un elemento comune. La verticale ha l’obiettivo che un tempo era proprio della orizzontale, nutrire chi sta intorno, chi è nella vicinanza. Santena ne è un esempio. Nei secoli e ancora oggi ha basato la sua fortuna nutrendo con i suoi ortaggi a KM e Tempo Zero, Torino e la Cintura che la circonda. La verticale punta decisamente a fornire ortaggi freschi alle zone più urbanizzate come lo sono le grandi Città Metropolitane mondiali, comprese Milano e Torino. Per Torino questa visione offre una grande opportunità.  Che vale il doppio, perché grazie alla specializzazione della Zona Chierese-Carmagnolese della Città Metropolitana qui si possono integrare le differenti modalità di coltivazione. Con ciò dando soddisfazione alla domanda crescente di prodotti freschi. I vantaggi dell’integrazione sono notevoli per le aziende agricole, per l’agroalimentare, per l’Università e gli istituti di ricerca, per la ristorazione, per l’industria, per i consumatori e per il settore gastronomico. E non riguardano solo la minore emissione di CO2 in atmosfera, il che significa affrontare il tema dei cambiamenti climatici. Ma anche il minore consumo di acqua e di fito-farmaci. Mentre il recupero del valore della freschezza come elemento di sapore e di gusto ma, soprattutto di salubrità degli ortaggi, porta con sé la riduzione degli interventi per la conservazione dei prodotti nello stoccaggio, trasporto e distribuzione. Questi fattori concentrano l’attenzione sulla funzione strategica della produzione orticola e della gastronomia, sottraendole all’imperante egemonia alcoolica dell’enologia. I tempi sono ormai maturi perché nella Pianura Padana piemontese, zona climatica ancora privilegiata a livello mondiale, si prenda coscienza del valore delle coltivazioni orticole, vera base giornaliera di un’alimentazione sana e salutare. Valore che deve trovare il giusto riconoscimento nel PSR 2020-2027.

Il verticale si deve integrare con l’orizzontale, consentendo di sviluppare esperienze utili anche quando il clima non aiuta. Si pensi all’inverno troppo caldo, alle estati fredde, alle primavere asciutte, agli autunni estivi. Dalla selezione del seme, dal controllo della crescita, della maturazione e degli sprechi, dall’automazione della raccolta e della preparazione, dalla vendita diretta e dall’automatizzazione della produzione, verranno conoscenze che ricadranno sull’orizzontale. Anche nella verticale il prodotto, come nel caso degli Asparagi, potrà essere venduto a Tempo Zero e certificato: dal “campo” alla vendita. Un altro vantaggio per l’orizzontale è che semi, piantine, concimi, acqua, aria, fitofarmaci, luce, terra, temperatura e umidità saranno ulteriormente conosciuti e sperimentati. Il che comporterà il recupero di varietà tradizionali più resistenti alle aggressioni grazie alla selezione naturale. La chimica, l’acqua, l’informatica assumeranno nuovi ruoli. Primaria sarà, si spera, la redditività delle aziende, legata al giusto riconoscimento del valore dei prodotti. Il verticale stimolerà anche l’impiego di energia da fonti rinnovabili. Un fattore finora troppo sottovalutato nelle campagne. L’energia è importante perché in Italia, a Santena e nel Chierese-Carmagnolese risparmiare sulla bolletta elettrica è fondamentale elemento di competitività, visto l’alto costo della corrente e il basso valore riconosciuto agli ortaggi, da un mercato sregolato.

Per la comunità che vive e opera nella Città Metropolitana Torinese, istituire il Distretto del Cibo significa dotarsi di uno strumento innovativo e fenomenale per curare gli interessi presenti e futuri dei cittadini consumatori, delle aziende agricole e del sistema sociale nel suo insieme. 

Gino Anchisi
da Santena, la Città di Camillo Cavour, 14 luglio 2019

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