TORINO – 22 febbraio 2020 – Di seguito, il messaggio di mons. Cesare Nosiglia per la Quaresima. L’Arcivescovo di Torino chiede solidarietà e preghiera particolarmente
per coloro che hanno perso il lavoro.
Quaresima, preghiera, lavoro
“Carissimi,
anche quest’anno il Signore ci concede di vivere il tempo santo della Quaresima, tempo di conversione e di grazia. Mentre ci accingiamo ad iniziare questo cammino vogliamo raccogliere l’invito dell’apostolo: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno
della salvezza» (2 Cor 6,2).Ogni giorno è possibile usufruire del tempo che passiamo a casa o al lavoro e per i ragazzi e giovani a scuola, in parrocchia e persino al mercato per vivere il Vangelo dell’amore che Gesu’ ci offre per annunciarlo con la testimonianza e
la gioia di camminare insieme verso la Pasqua.
La Quaresima è un dono di Dio, un’occasione che ci viene offerta affinché, con un più assiduo ascolto della Parola ed una più intensa preghiera, possiamo sempre più «diventare cristiani», ed essere così «testimoni di Cristo Risorto, speranza del mondo». Durante questo tempo di grazia vi invito a prendere in considerazione due testi che possono arricchire la nostra fede rendendola feconda di quell’amore di Dio che si traduce nella carità. Mi riferisco al fascicolo “Vi siete rivestiti di Cristo”e alla lettera pastorale
pasquale che uscirà a giorni “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è bene approfondire nei consigli pastorali, con gli operatori ecclesiali e con tutti i fedeli nei vari momenti di formazione.
Ricordo quanto ho detto più volte: “Se la nostra chiesa continuerà a privilegiare gli ultimi, se con coraggio profetico non si sottrarrà alle nuove sfide di tante miserie morali e materiali proprie del nostro tempo, non dobbiamo temere: la fede non verrà meno,
l’Eucaristia che celebriamo si tradurrà in pane spezzato nell’amore, il Vangelo sarà sempre più credibile via di cambiamento anche sociale”.
Nel tempo quaresimale siamo invitati a fare delle rinunce, a rendere la nostra vita più semplice e sobria, non per disprezzo per le cose, dono di Dio, ma per diventare sempre più capaci di accogliere quella «libertà dei figli di Dio» che è dono dello Spirito e si
esprime in maniera precipua nella fraternità e nella carità verso i poveri, i senza lavoro, gli immigrati, i senza dimora, i malati e sofferenti.
«Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1Gv 3, 17-18). Rendo grazie a Dio per la vostra
generosità e confido che anche quest’anno sarete solleciti in quest’opera di bene, secondo le parole dell’apostolo: «Ciascuno dia secondo che ha deciso nel cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 8,7). E così «sarete ricchi per ogni generosità, la quale fa salire a Dio l’inno di ringraziamento per mezzo nostro» (2Cor 8,11)
C’è un problema però che mi sta molto a cuore e di cui dobbiamo tutti preoccuparci e partecipare con la preghiera e la solidarietà: penso ai molti lavoratori in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro e guardano al futuro con crescente preoccupazione; imprenditori che rischiano la chiusura delle loro aziende per le difficoltà crescenti del credito e del mercato sia interno che internazionale; giovani che non trovano un lavoro o precari che, una volta perso il lavoro, stentano a trovarne un altro e ritornano a dipendere in tutto dai genitori; immigrati che si vedono costretti a far tornare nei loro paesi di origine la famiglia e loro stessi si trovano in una condizione di non poter ottenere più il permesso di soggiorno. L’ampiezza del problema è tale che diverse imprese restano purtroppo in grave difficoltà con il rischio, per molti lavoratori, siano licenziati una volta terminato il tempo della cassa integrazione. Il licenziamento è la condizione più devastante per un lavoratore e la sua famiglia e occorre, pertanto, trovare, con l’apporto di tutte le componenti del mondo del lavoro e delle istituzioni, le vie più appropriate per far restare nel ciclo produttivo quanti oggi rischiano di perdere il lavoro.
All’inizio della crisi finanziaria, che ha colpito diversi istituti di credito, era giunta dal Governo un’assicurazione molto forte: nemmeno un euro sarà perso dai risparmiatori. Vorrei che con la stessa forza e impegno si dicesse oggi: nemmeno un lavoratore perderà il posto di lavoro.
L’estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall’assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali. Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona nella sua integrità
Chi è abituato a ragionare sui grandi numeri e a valutare la situazione dai grafici statistici, stenta a rendersi conto che la crisi sta gravando, in modo sempre più pesante, su persone, famiglie e giovani precari, rischiando di rendere poco rilevanti i dati di una crescita, di alcuni punti percentuali, della disoccupazione in Italia.
Ma coloro che ne subiscono le conseguenze, non sono numeri, ma persone e famiglie concrete, che hanno diritto di essere considerate e sostenute in modo diretto ed offrendo alle imprese le possibilità di mantenerle nel mondo del lavoro.
Augurandovi un tempo di Quaresima ricco di grazia e di amore ricevuto e donato, vi benedico di cuore.
Cesare vescovo, padre e amico”.
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FONTE: Ufficio comunicazioni sociali Arcidiocesi di Torino
Ufficio stampa Arcidiocesi di Torino
http://www.diocesi.torino.it/comunicazione